Il gasolio agricolo ha raggiunto prezzi mai visti dagli agricoltori. Le quotazioni da Nord a Sud sono varie, ma ha abbondantemente superato quota 1 euro al litro (si legge di prezzi superiori a 1,5 euro), quando un anno fa si poteva acquistare per meno di 0,70 euro. Prezzi a cui erano abituati gli automobilisti, che oggi invece per un litro di benzina verde devono sborsare oltre 2 euro.

 

Con la campagna agraria alle porte gli agricoltori sono in fermento. Visti i prezzi delle materie prime, la redditività economica di molte aziende agricole è a rischio. Sui social c'è chi propone di bloccare il Paese, come hanno fatto gli autotrasportatori, o di incrociare le braccia, come nel caso dei pescatori. Dalla filiera invece arriva l'invito a seminare (soprattutto cereali) e a produrre, visti i problemi di rifornimento di certi prodotti agricoli come il grano.

 

Ma come mai i prezzi sono così alti? E soprattutto, il prezzo del gasolio agricolo scenderà nei prossimi mesi? Per fare il punto della situazione abbiamo chiesto consiglio a Francesco Timpano, professore di Politica Economica presso la Facoltà di Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza.

 

"È difficile fare delle previsioni perché ci sono molti fattori di incertezza. Ad ogni modo se guardiamo al gas è probabile che le quotazioni rimarranno alte nel medio periodo, mentre per il petrolio la situazione è più fluida, ma è difficile aspettarsi una discesa nel breve tempo".

 

Gasolio agricolo, prezzi alti e stabili

Partiamo dal petrolio, materia prima da cui si produce il gasolio agricolo e tutti gli altri carburanti utilizzati per l'autotrazione. Il suo prezzo ha visto una vera e propria altalena negli ultimi anni. Nel 2020, con lo scoppio della pandemia, le quotazioni del barile sono andate persino sotto zero, per poi riassestarsi sui 50 dollari (prezzo Wti) sul finire dell'anno. Nel 2021 abbiamo assistito ad una salita costante e all'esplosione dei prezzi nelle ultime settimane, complice la guerra in Ucraina.

 

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"È sbagliato però pensare che il prezzo salito oltre i 100 dollari al barile sia dovuto alla guerra tra Mosca e Kiev", sottolinea Timpano. "Il prezzo era già in salita da mesi e il conflitto ucraino ha solamente accelerato questo processo, aumentando l'incertezza sui mercati. Non dimentichiamoci poi che le sanzioni, ad oggi, non riguardano i prodotti energetici".

 

Ma perché lo scorso anno il barile è cresciuto così tanto? Il motivo va ricercato nella ripresa economica post pandemia da covid-19. Nel 2020 l'economia mondiale si è fermata e questo ha creato il caos sui mercati. Contratti annullati, merci non ritirate, flussi di materie prime interrotte, container fermi ai porti... l'equilibrio precario di un mercato globalizzato è venuto meno.

 

Quando poi è arrivata la ripresa, che è stata esplosiva per molti Paesi, la domanda di materie prime, semilavorati e prodotti finiti è schizzata verso l'alto e il sistema di scambi globali non è riuscito a stare al passo. La domanda è stata maggiore dell'offerta e questo ha creato la salita dei prezzi, che oggi riguarda tutti i prodotti.

 

E infatti il prezzo del petrolio è in salita costante durante la seconda metà del 2021. "La guerra in Ucraina ha solo peggiorato la situazione, rendendola ancora più incerta e spingendo gli operatori ad aumentare gli acquisti in previsione di una possibile scarsità di materia prima. Su questo fenomeno si è innestata la speculazione, che ha peggiorato la situazione", sottolinea Timpano.

 

Se la crisi in Ucraina dovesse rientrare nel breve periodo è dunque ipotizzabile una discesa del prezzo del petrolio, che comunque si manterrà a livelli elevati per un periodo piuttosto lungo, mentre i mercati internazionali ricercano un nuovo equilibrio.

 

A questo si deve sommare una tendenza strutturale importante: con l'annuncio dell'Unione Europea di voler abbandonare il motore a combustione entro il 2035, molte aziende petrolifere hanno ridotto gli investimenti in nuove estrazioni. Ci si trova quindi nella situazione paradossale che mentre il mondo chiede più petrolio il settore produttivo non investe in nuovi giacimenti.

 

Gas metano ai massimi: i fertilizzanti schizzano verso l'alto

Discorso analogo al petrolio è quello che può essere fatto con il gas, materia prima utilizzata per produrre i fertilizzanti azotati, caposaldo della nutrizione delle colture. Anche in questo caso la ripresa economica ha fatto alzare le quotazioni. Ad aggravare la situazione si è aggiunta la svolta "green" della Cina, che sta progressivamente spegnendo le sue centrali a carbone convertendole a metano.

 

Questo fenomeno ha fatto aumentare la domanda globale e quindi ha fatto alzare i prezzi. La guerra in Ucraina, Paese da cui passano alcuni gasdotti diretti verso l'Europa e provenienti dalla Russia, ha aumentato la tensione. "A causa dell'inaffidabilità politica di Mosca, l'Europa deve affrancarsi dal gas russo e sta cercando delle alternative. Prevedo quindi che aumenteranno le importazioni dai nostri storici partner, come quelli del Nord Africa. Ma dovranno essere fatti anche investimenti nei rigassificatori".

 

I rigassificatori sono degli impianti in grado di accogliere le navi metaniere e di trasformare il gas metano liquido nella sua forma gassosa per poi immetterlo nella rete nazionale. Questo permette di comprare gas da qualunque fornitore (oggi siamo vincolati dai tubi che arrivano da Russia, Algeria eccetera). Il problema è che il Gas Naturale Liquefatto (Gnl) è più costoso, proprio perché deve essere liquefatto e rigassificato, così come sono costose le nuove infrastrutture che dovranno essere create.

 

Proprio per questi problemi strutturali e per la richiesta mondiale in aumento, è probabile che il metano continuerà ad avere prezzi elevati nel medio periodo, anche se non così alti come quelli a cui ci stiamo abituando. Questo influirà negativamente su alcune produzioni, come quella dei fertilizzanti azotati.

 

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