In Italia il settore olivicolo non è certamente permeato dall'innovazione. Perlopiù l'approccio all'oliveto è di tipo tradizionale, legato a pratiche che nonostante si siano dimostrate poco remunerative perdurano nel tempo. Eppure, anche se le quotazioni di mercato dell'olio non aiutano, l'innovazione si sta lentamente facendo strada anche in questo settore.

Simbolo del progresso tecnologico è il drone, velivolo senza pilota in grado di sorvolare i campi a bassa quota e di trasportare in volo sensori di vario genere o piccole attrezzature. Se di droni in agricoltura solitamente si sente parlare in relazione alla viticoltura, questi strumenti possono essere applicati anche in olivicoltura. Ecco dunque alcune applicazioni dei velivoli senza pilota nella coltivazione dell'olivo.
 

Droni e agricoltura di precisione

I droni possono svolgere un ruolo centrale nel traghettare l'olivicoltura nell'era del precision farming. Obiettivo dell'agricoltura di precisione è infatti quello di gestire la variabilità in campo somministrando input produttivi in maniera variabile a seconda delle esigenze della pianta, con l'obiettivo di ottenere produzioni omogenee all'interno dell'impianto.

Per poter gestire in maniera variabile gli alberi è necessario tuttavia avere delle informazioni puntuali sulle piante in modo da poter gestire acqua, fertilizzanti, difesa e altro ancora. Il drone può essere dunque quello strumento che sorvolando l'oliveto permette a diverse tipologie di sensori di scansionare il campo.

Su questo frangente stanno lavorando all'Università di Pisa. "Il drone è uno strumento rapido e preciso che ci ha permesso di mappare gli uliveti sperimentali grazie a sensori multispettrali e a camere Rgb", spiega ad AgroNotizie Giovanni Caruso, docente di olivicoltura e viticoltura presso l'ateneo toscano e responsabile scientifico del Precision fruit growing lab.

"Attraverso le immagini raccolte in volo dal drone e all'analisi attraverso algoritmi specifici è stato possibile ricostruire la geometria delle chiome e il volume delle stesse. Operazione tutt'altro che semplice soprattutto se si considerano forme di allevamento a vaso policonico che sono altamente irregolari e presentano spazi vuoti all'interno della chioma", sottolinea Caruso.

"È stato inoltre possibile calcolare l'indice di area fogliare. Un dato importante in quanto la produzione di olive è strettamente correlata alla quantità di luce intercettata dalle foglie della pianta". La ricostruzione digitale del volume della chioma permette anche di effettuare delle stime sulla biomassa prodotta dalla pianta e ad esempio sul carbonio sequestrato.

A questo primo livello di informazioni se ne aggiunge un secondo reso possibile dall'utilizzo di sensori multispettrali. Sensori che intercettando la luce solare riflessa dalle foglie raccolgono informazioni preziose sullo stato di salute delle piante. È infatti possibile generare delle mappe di vigore (utilizzando ad esempio l'indice Ndvi), dove per ogni singola pianta è attribuita una classe di vigoria, cioè quanto la pianta è 'in salute'.

"Utilizzando le mappe di vigore e le mappe di indice di area fogliare è possibile pianificare le operazioni di irrigazione, fertilizzazione, difesa e persino di potatura con un approccio di precisione", spiega Caruso.
 

Fertilizzazione e difesa a dosi variabili

Invece di applicare la stessa dose di concime su tutto l'appezzamento è infatti possibile modularla sulle reali necessità della pianta, dando ad esempio più fertilizzante agli esemplari meno vigorosi e dosi ridotte a quelli invece in salute. Un approccio che ovviamente deve seguire l'indirizzo aziendale. Un conto è perseguire la produttività, altro approccio invece deve essere adottato nel caso si voglia perseguire la qualità.

Le mappe di vigore permettono inoltre di segnalare all'olivicoltore se ci sono delle piante in sofferenza. Un sopralluogo permetterà di stabilire la causa della bassa vigoria che può ad esempio essere dovuta alla presenza di patogeni o parassiti. In questo caso è anche possibile applicare gli agrofarmaci a dose variabile sia attraverso l'uso di atomizzatori smart, sia grazie all'impiego di droni.

Anche se a livello normativo l'utilizzo di velivoli è vietato per l'applicazione di agrofarmaci, diversi test sono stati effettuati dimostrando come il drone possa essere un valido strumento per l'irrorazione. I velivoli senza pilota possono infatti seguire mappe di prescrizione applicando dall'alto il prodotto solo dove serve. "E' dunque possibile applicare maggiori quantità di prodotto sulle piante con un maggior indice di area fogliare mentre gli ugelli si chiuderanno nell'intervallo tra una pianta e l'altra".
 

Droni e produttività dell'oliveto

Ricercatori spagnoli dell'Università di Siviglia hanno impiegato i droni per provare a stimare la produttività dell'impianto. Attraverso una normale fotocamera, trasportata sopra l'oliveto da un drone, i ricercatori hanno catturato delle immagini delle piante. Immagini che sono state poi analizzate attraverso algoritmi di machine learning. E' stato così possibile riconoscere le olive sull'albero e stimare quelle presenti all'interno della chioma, per poi ottenere una stima sulla produttività totale dell'oliveto.

E' italiana invece la sperimentazione, di cui parliamo in questo articolo, che mira ad effettuare una impollinazione artificiale degli olivi attraverso l'aspersione di polline tramite drone. Si tratta di una tecnica piuttosto laboriosa che prevede di raccogliere il polline di olivo, miscelarlo con un materiale inerte simile per granulometria e di lanciarlo sopra le piante. In questo modo, dicono i ricercatori, si dovrebbe ottimizzare l'impollinazione ottenendo un aumento di produttività dell'impianto.
 

Il nodo della sostenibilità economica

Tutte queste applicazioni di olivicoltura 4.0 hanno il potenziale di aumentare la produttività dell'impianto ottimizzando l'uso delle risorse. Ma affinché trovino diffusione tra gli agricoltori è necessario che siano economicamente sostenibili.

Ci troviamo infatti in una fase ancora embrionale di questo settore in cui tecnologie non ancora affinate e alti costi di gestione rendono l'agricoltura smart affascinante ma non economicamente sostenibile. Questo soprattutto se si considera che molti impianti italiani sono oggi gestiti in maniera obsoleta e spesso sono in perdita.

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