Subirrigazione in risicoltura ovvero mutuare una tecnica già matura in orticoltura e viticoltura per la produzione di riso. A indagare la convenienza agronomica, economica ed ambientale dell'opzione subirrigazione per il riso è stato il progetto Subris, finanziato con il Psr della Regione Lombardia 2014-2020.

Il progetto è arrivato a conclusione, lo scopo era verificare la possibilità di utilizzare la tecnica della subirrigazione in modo da poter, in futuro, coltivare il riso anche in zone non tradizionalmente vocate o in condizioni di ristrettezze di acqua, e di inserire eventualmente il riso in rotazione con altre colture. Il progetto puntava anche a verificare se la tecnica della subirrigazione sia adatta a contenere le emissioni di gas serra in atmosfera e a ridurre la contaminazione da prodotti fitosanitari delle acque superficiali e profonde.

I risultati sono stati presentati durante un convegno a Pavia e hanno messo in evidenza come, effettivamente, la tecnica possa essere utile all'ambiente e ci sia in effetti un notevole risparmio idrico ma ancora debba essere migliorata per poter essere economicamente sostenibile.
Il progetto Subris ha anche verificato l'opzione di contenimento malerbe in risaia attraverso film pacciamanti in plastica biodegradabile, in accoppiata con la subirrigazione.
E' stato portato a termine con la collaborazione di diverse aziende agricole, fra Lombardia e Piemonte, di Parboriz e Netafim (che ha di fatto fornito gli impianti di subirrigazione) e con la supervisione dell'Università di Torino e di quella di Pavia.

L'impianto di subirrigazione provato dalle aziende agricole partecipanti è composto da ale gocciolanti interrate a diversa profondità, da impianto di filtrazione, da un sistema di fertirrigazione e da un sistema di pompaggio dell'acqua. Proprio quest'ultimo costituisce una voce di costo non indifferente e contribuisce a rendere al momento non particolarmente vantaggioso, dal punto di vista economico, il sistema. La subirrigazione è stata provata per due anni consecutivi (2017-2018), in Lombardia e in Piemonte, su diversi tipi di terreni, sia accoppiato a pacciamatura con teli biodegradabili, sia senza.


I risultati

Per quanto riguarda il rischio di lisciviazione e contaminazione dei corpi idrici profondi è stato verificato che la subirrigazione lo riduce di molto, il tempo di dimezzamento del prodotto distribuito nel terreno è decisamente inferiore. In media poi, con la subirrigazione, dopo un trentina di giorni il prodotto fitosanitario verificato (erbicida Oxadiazon) non si ritrova praticamente più nel terreno, a diverse profondità, mentre con la classica sommersione occorre più del doppio del tempo.
Incoraggianti anche i risultati relativi al contenimento dell'emissione dei gas serra in atmosfera, in particolare di metano: come ci si poteva attendere, con la tecnica della subirrigazione le emissioni vengono praticamente annullate. Sulle notevoli esigenze idriche della risicoltura: per via della sommersione il riso necessita di circa 30mila metri cubi di acqua a ettaro a stagione, ma per svolgere il suo ciclo non consuma in realtà di più rispetto alle altre colture, con la tecnica della subirrigazione potrebbe consumare fra i 4mila e i 5mila metri cubi d'acqua.

I ricercatori hanno poi verificato i risultati della combinazione della tecnica della subirrigazione con quella della pacciamatura con teli biodegradabili, per quanto riguarda la produttività e la capacità dei teli di contenere le malerbe. Purtroppo la redditività della risaia pacciamata si riduce di molto a causa della porzione di terreno non coltivata, quella fra una striscia di film plastico e la successiva. Svantaggioso è anche il fatto che le infestanti, fra un telo e l'altro vanno gestite e contenute perché, in mancanza di una corretta gestione, rischiano di compromettere anche il raccolto delle strisce pacciamate.


Economicità della tecnica

Se da un punto di vista ambientale la tecnica della subirrigazione in risaia sembra essere molto promettente, c'è ancora molto lavoro da fare per abbassare i costi. Al momento non sembrerebbe conveniente per l'agricoltore.

A ipotizzare un bilancio economico è stato l'agronomo Giuseppe Sarasso. Le spese totali per un impianto di subirrigazione da ammortizzare in venti anni, secondo il calcolo, ammonterebbero a 1.327 euro a ettaro. Il calcolo comprende i materiali, la posa degli stessi, le spese di manutenzione e i costi dell'acquisto della pompa (da ammortizzare in dieci anni). Il costo del gasolio è stato calcolato a 0,75 euro al litro per 600 litri di consumo a ettaro, ma come si sa il costo del gasolio potrebbe anche aumentare.

Giuseppe Sarasso ha poi calcolato l'eventuale convenienza a investire in un impianto di questo tipo per un'azienda di 50 ettari, con una produzione ottimista di circa 8 tonnellate ad ettaro. Per pareggiare, il risone dovrebbe essere pagato 0,50 euro a chilogrammo. La quotazione del mercato di Vercelli del 26 marzo scorso era invece di 0,375. Va ancora peggio nel caso di un'azienda di 50 ettari che contemporaneamente adotti anche la tecnica della pacciamatura per combattere le malerbe. A pesare è soprattutto il fatto che parte del terreno viene sacrificato, nell'interfila fra un film plastico e l'altro infatti non è seminato il riso. Si risparmia certo in costo per il seme e nell'acquisto di erbicidi, ma ciò non basta.

Oltre alla produzione più bassa poi c'è da tenere conto del costo degli sfalci nell'interfila. Calcolando quindi una produzione di risone di 5 tonnellate a ettaro, per riuscire a pareggiare, il risone dovrebbe essere pagato all'agricoltore 0,97 euro al chilogrammo. Purtroppo, anche basandosi sul prezzo del risone biologico, secondo la quotazione del mercato di Mortara del 22 marzo scorso, non si riesce ad andare in pareggio. Il riso biologico andava infatti a 0,695 al chilogrammo.