La normativa europea sui droni, nata prima del boom dei piccoli velivoli commerciali, non si applica a quelli con un peso inferiore ai 150 chili. Come risultato all'interno dell'Unione si è creata una situazione a macchia di leopardo, in cui ogni Stato membro ha legiferato definendo regole nazionali per il loro utilizzo. Oggi che il settore dei velivoli senza pilota è in forte crescita, Bruxelles ha deciso di intervenire per definire un quadro comune a tutta l'Europa.

Parola d'ordine sicurezza. Gli eurodeputati hanno dato il via libera definitivo ad un pacchetto di norme che imporrà agli utilizzatori professionali di dotarsi di licenza, assicurazione e di rendere riconoscibile il velivolo che utilizzano. Come già oggi accade in Italia, chi vuole pilotare un drone per scopi non hobbistici dovrà seguire dei corsi specifici, presentare un certificato medico, e ottenere una licenza dopo aver superato un test.

Il pilota sarà quindi iscritto in un registro nazionale e identificato con un codice che dovrà poi essere riportato sul velivolo che pilota. In questo modo, nel caso di incidenti, per le autorità sarà possibile risalire al proprietario. E per prevenire problemi, come per le automobili, sarà necessario dotarsi di una assicurazione contro i danni eventualmente provocati dall'Apr (Aeromobile a pilotaggio remoto).

L'obiettivo è garantire la massima sicurezza per le persone. E così saranno anche posti dei limiti stringenti per i sorvoli su zone abitate, strade o eventi pubblici, per i quali dovranno essere chieste autorizzazioni specifiche. Mentre ci sarà il divieto assoluto di volare nei pressi di aeroporti o infrastrutture sensibili e militari.

Per chi si diverte a far volare i leggeri droni che si possono acquistare in un qualunque negozio di elettronica, gli obblighi saranno molto più light, ma per chi utilizza i droni per lavoro le norme saranno stringenti. E anche nel settore agricolo, dove gli Apr stanno timidamente facendo il loro ingresso, ci sarà un nuovo quadro normativo a cui conformarsi.

Avere un drone in azienda è, per molti agricoltori, un sogno nel cassetto. Piace l'idea di avere un occhio che dall'alto vigila sulle colture. E tuttavia il reale utilizzo dei droni in agricoltura, benché abbia potenzialità enormi, è ancora limitato. Il motivo? Una certa refrattarietà culturale ad entrare nell'era dell'agricoltura 4.0. Gli alti costi di esercizio poi rendono l'acquisto di un drone non sostenibile per la maggior parte delle aziende agricole. L'alternativa è affidarsi a società esterne che però, a causa anche delle normative, hanno costi che non sempre sono compatibili con le disponibilità degli agricoltori.

Incassato il voto del Parlamento ora la palla passa al Consiglio Ue che dovrà approvare il testo (si prevede senza modifiche) e poi alla Commissione europea che come organo 'tecnico' avrà il compito di definire nel dettaglio le regole che droni e piloti dovranno seguire. Ad esempio altitudini massime, distanze di volo da luoghi abitati o infrastrutture e così via. Ma Bruxelles dovrà anche decidere quali tipologie di droni potranno essere considerati sicuri e quindi soggetti a restrizioni minime e quali invece dovranno soggiacere ad una legislazione più invasiva.

D'altronde secondo Bruxelles il settore dei velivoli senza pilota potrebbe rappresentare circa il 10% del mercato dell'aviazione dell'Ue nei prossimi dieci anni (15 miliardi di euro) e occupare 150mila persone entro il 2050.