I fondi ci sono, ben 346 milioni di euro, così come i cervelli, oltre 2mila ricercatori in ventotto università. Il progetto Agritech ha le carte in regola per raggiungere il suo obiettivo: sviluppare tecnologie in grado di rendere le aziende agricoli capaci di affrontare le sfide del futuro. Oggi il comparto è infatti chiamato a produrre cibo per una popolazione mondiale in crescita, ma al contempo viene chiesto agli agricoltori di aumentare il loro impegno sul fronte della sostenibilità ambientale, mentre le imprese pretendono che si tuteli anche la sostenibilità economica del settore.
Coniugare produzione e sostenibilità, declinata nelle sue tre forme (ambientale, economica e sociale), è possibile solo investendo in innovazione. Da qui la nascita del progetto Agritech, finanziato dal programma Next Generation Europe, che insieme ad altri quattro centri nazionali lanciati nel 2023 ha come scopo quello di innovare l'intera filiera agroalimentare.
Per fare il punto sulla strada percorsa e quella che si ha ancora davanti, il 5 settembre 2024 si è tenuto a Milano il convegno "Agritech: coltivare innovazione per un futuro sostenibile". Un evento, organizzato dall'Università Statale di Milano, tra i partecipanti del progetto, che ha chiamato a raccolta non solo i soggetti coinvolti in Agritech, ma anche i rappresentanti delle istituzioni e degli agricoltori.
Un momento di discussione durante il convegno
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Agritech, il nodo del trasferimento tecnologico
In due anni di attività, il progetto Agritech ha permesso la pubblicazione di oltre 650 paper, apparsi sulle più prestigiose riviste scientifiche a livello internazionale. Ma questo non basta. Come ricordato da Danilo Ercolini, direttore del Dipartimento di Agraria presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II e direttore scientifico della Fondazione Agritech, ora serve che la ricerca esca dai laboratori e vada a sostenere l'operato delle aziende agricole.
Il rischio concreto infatti è che si crei un gap tra atenei e imprese. I ricercatori universitari sono infatti valutati sul numero e sulla qualità delle ricerche scientifiche pubblicate e non sono spesso interessati a trasformare una scoperta in uno strumento o in un approccio direttamente utilizzabile in campo.
Ercolini ha invece sottolineato come Agritech cerchi di coinvolgere le aziende all'interno dei progetti di ricerca, in modo da accorciare la distanza tra atenei e mondo produttivo. Le imprese possono così partecipare allo sviluppo delle tecnologie e fornire un supporto prezioso e alla fine avere in mano un knowhow spendibile sul mercato. Ma anche i ricercatori sono spronati a non fermarsi alla pubblicazione di un paper.
Come raccontato da Luigi Galimberti, fondatore di ToSeed & Partners, ogni ricercatore che ha in mano una scoperta o una tecnologia con una potenziale ricaduta nel mondo agroalimentare, può dare vita ad una startup. Farming Future è il Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico dell'Agrifood Tech, supportato da CDP Venture Capital SGR insieme a ToSeed & Partners, che si occupa di scovare le migliori innovazioni inespresse e di accompagnarle verso un percorso di crescita.
Farming Future dialoga con i centri di trasferimento tecnologico delle università e con i ricercatori per accompagnare chi ha voglia di lanciare una idea imprenditoriale attraverso mentorship, ma anche investimenti finanziari. Ad oggi sono sedici i progetti su cui Farming Future ha investito e presto dovrebbero nascere le prime quattro startup.
Chi c'è dietro ad Agritech?
Agritech è nato con l'obiettivo di mettere a sistema le migliori competenze scientifiche per rendere l'industria agroalimentare italiana più competitiva e sostenibile, in grado cioè di affrontare i cambiamenti climatici, ridurre l'impatto ambientale nel campo dell'agrifood, sviluppare le aree marginali e garantire la sicurezza, la tracciabilità e la tipicità delle filiere.
Raggruppa cinquantuno partner, tra cui ventotto università, e oltre a promuovere la transizione ecologica e digitale si occupa anche della formazione dei giovani per creare le conoscenze necessarie in questo ambito strategico. A due anni dalla sua costituzione, sono 2mila i ricercatori che operano nel Centro Agritech. Tra i nuovi assunti ci sono 120 dottorati, 120 ricercatori e 248 assegnisti. Il 45% delle nuove persone coinvolte nel progetto a vario titolo è rappresentato da donne.
Ma su quali tecnologie si sta lavorando?
Il progetto si articola su cinque obiettivi generali e nove linee di intervento (definite Spoke), ognuno dei quali ha un ente capofila e decine di aziende e ricercatori coinvolti. Elencare tutti i risultati ottenuti fino ad oggi e illustrati durante l'evento di Milano sarebbe impossibile, ma è possibile fornire qualche spunto.
Ad esempio, si stanno sviluppando dei Dss per permettere agli agricoltori di razionalizzare l'impiego degli agrofarmaci e al contempo si stanno ricercando delle soluzioni per aumentare le difese proprie delle piante. La ricerca genetica, anche grazie alle Tea, è poi alla base dell'adattamento delle colture ai cambiamenti climatici.
Si sta lavorando al riutilizzo delle acque reflue urbane per l'irrigazione dei campi, mentre si sviluppano nuove tecnologie, basate anche sull'impiego di strumenti digitali, per migliorare l'irrigazione. E i dati sono alla base anche della gestione degli animali in allevamento, con l'obiettivo di aumentare il benessere dei capi e ridurre l'impronta ambientale.
In giro per l'Italia sono stati installati centinaia di sensori con lo scopo di raccogliere dati da utilizzare per poi fornire servizi alle imprese. Il digitale gioca un ruolo importante all'interno di Agritech, con soluzioni sviluppate per ogni ambito di attività delle aziende agricole.
Come ricordato da Massimo Ferro, presidente del Comitato Strategico Industriale di Agritech, le innovazioni devono essere economicamente sostenibili. Se non lo sono nel breve periodo, il settore pubblico può aiutare le imprese nella transizione (attraverso i Csr ad esempio), ma se non lo sono anche sul lungo significa che non sono ancora pronte per il mercato.
L'elenco dei nove Spoke
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Agritech dopo Agritech
Il 31 dicembre del prossimo anno il progetto Agritech dovrebbe chiudere i battenti. O forse no. Secondo Matteo Lorito, presidente della Fondazione Agritech (che gestisce il progetto), c'è spazio perché questa esperienza prosegua anche dopo la fine ufficiale del progetto. Ma sotto un'altra veste.
Secondo il rettore della Federico II di Napoli, la Fondazione, di diritto privato, è probabile che andrà incontro ad una ristrutturazione della compagine societaria. Alcune università e aziende potrebbero uscire, altre entrare. E svincolata dai lacci e lacciuoli della burocrazia, che oggi limita molto le possibilità di manovra e complica l'utilizzo dei fondi pubblici, la Fondazione dovrebbe essere in grado di muoversi con le proprie gambe.
Finanziata da chi? Secondo Lorito dai soci stessi e poi dal mercato. A quel punto infatti la Fondazione, forte delle competenze acquisite e delle strutture create sul territorio, potrebbe fungere da centro di consulenza, sfruttando anche i living lab realizzati in giro per l'Italia. Potrebbe diventare il soggetto per accedere a programmi complessi, difficilmente gestibili dai singoli atenei, e offrire consulenza alle imprese. Insomma, un polo di innovazione permanente al servizio della filiera.