Le ultime previsioni mondiali, quelle di Fortune Business Insights, danno il vertical farming in aumento. Il tasso annuo di crescita globale, fino al 2029, è stimato intorno al 25,9%. Lo stesso Rapporto che analizza i dati a partire dal 2021, racconta, per l'Europa, una crescita significativa con Paesi come Germania, Spagna, Gran Bretagna e ovviamente Paesi Bassi che guideranno la rincorsa.

 

Solo qualche giorno fa è stato annunciato che Ismea ha investito nella creazione di una vertical farm finanziando il progetto Kilometro Verde. Ismea ha erogato un prestito obbligazionario convertibile da 6 milioni di euro per un progetto da 19 milioni di euro. Anche Ismea ci crede.

 

Il settore, ancora ai primi vagiti in Italia, è in fermento e lo dimostra anche il successo dell'edizione 2023 di NovelFarm alla Fiera di Pordenone che, assieme ad AcquaFarm ed AlgaeFarm ha visto quest'anno una crescita di visitatori del 25% rispetto ai livelli pre covid-19.

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Eppure, per decollare, il vertical farming, deve ancora sistemare alcune criticità: una di queste, sottolineata proprio durante uno dei tanti convegni a NovelFarm, è la normativa tributaria. La materia è oscura ai più, ancora poco studiata proprio per il fatto che, in Italia, il vertical farming deve ancora percorrere molta strada.

 

A diradare un po' la nebbia della fiscalità in ambito colture fuorisuolo ci ha pensato Maurizio Interdonato, professore di Diritto Tributario all'Università Ca' Foscari di Venezia e commercialista che ha parlato durante la sessione "Urban Farming". Il professore, fra l'altro, è stato fra i consulenti di realtà di primaria importanza nel panorama del vertical farming in Italia. Innanzitutto ha chiarito il presupposto della necessità di esistenza o meno di un terreno, come si sa infatti le vertical farm possono essere ubicate dentro capannoni, dentro container, dentro strutture non propriamente agricole.

 

"Il terreno - ha spiegato - sembra imprescindibile, ma questo assunto è stato scalfito da recenti pronunciamenti dell'Agenzia delle Entrare. Ad oggi chi vuole intraprendere un'attività come questa deve comunque avere un terreno agricolo ma non è detto che l'attività debba insistere proprio su quel terreno".

 

Il vertical farming e il diritto tributario

 

Poi ha proseguito chiarendo altri punti fondamentali per chi voglia avventurarsi. "Il trattamento tributario delle colture fuorisuolo e quindi anche del metodo di produzione in vertical farm - ha detto - avviene tramite la legislazione prevista per le colture in serra, ma il livello tecnologico delle vertical farm è molto diverso. Dal punto di vista tributario le serre hanno un limite, sono considerate agricole fino a quando la superficie utilizzata per la produzione non eccede il doppio di quella su cui la serra insiste. Per intenderci: se ho una serra di un mezzo ettaro, sono tassato catastalmente fino a un massimo di 1 ettaro. Per tutti i piani superiori al secondo, la serra produce reddito d'impresa. Non è tutto, se l'impresa è individuale vengo tassato con criteri paracatastali, sappiamo che sono sempre di vantaggio, ma se siamo in presenza di una società, la tassazione è a costi e ricavi".

 

Già da questa prima nozione di diritto tributario è evidente che la tecnologia e l'innovazione corrono più veloci della normativa. "Una questione della quale non si tiene conto quando si parla di imprese che lavorano fuorisuolo, in vertical farm - ha continuato il professore - è che di fatto sono fabbriche ad altissima tecnologia, utilizzano impianti che si sostituiscono ai fattori di produzione terra, acqua e aria. Sarebbe il caso di considerare questi spazi come superficie produttiva. È evidente che più si amplia la superficie su cui insiste la produzione, più aumenta la parte tassata con criteri catastali. Il legislatore dovrebbe intervenire con una fonte almeno regolamentare per stabilire quali sono le parti delle superfici su cui insiste la produzione. Portiamo vantaggio fiscale a queste imprese che sono strutture fondamentali, consumano meno terra e meno acqua", ha suggerito Maurizio Interdonato.

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Fra le criticità del vertical farming c'è infatti la necessità di investire da subito capitali importanti e questa condizione non è senza conseguenze, anche dal punto di vista fiscale. "Per accedere più facilmente a finanziamenti è necessario costituirsi come società ma in questo modo l'eccedenza rispetto al doppio del terreno sul quale si produce è tassato a costi e ricavi. Con la legislazione attuale le società, anche agricole, che producono in vertical farming sono trattate in modo deteriore rispetto alle imprese individuali", ha concluso.

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