La siccità ha messo a nudo ancora più di prima le difficoltà del lavoro nei campi. Già il covid-19 aveva spostato l'attenzione sull'agricoltura e sulla necessità di ottenere un aiuto nella manodopera. Poi la guerra in Ucraina ha riportato a galla tutte le pieghe provate a esser tenute nascoste. Adesso i conti vanno fatti anche con l'inflazione, e con un aumento record del cosiddetto "carrello della spesa".

 

Non da ultimo le condizioni di vita della manodopera, che in alcuni casi sono estreme; al limite quelle raccontate nel Rapporto "Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare", pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall'Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci), nell'ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022.

 

Il Rapporto fa presente come ci siano almeno 10mila lavoratori agricoli migranti che vivono in baraccopoli. Inoltre - viene ricordato - che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) destina 200 milioni per il superamento di quelli che vengono definiti "insediamenti informali. Luoghi di privazione dei diritti e sfruttamento, in molti casi presenti da diversi anni, privi di servizi essenziali e di servizi per l'integrazione".

 

Il Rapporto - realizzato dalla Fondazione Cittalia dell'Anci - censisce 38 comuni che hanno segnalato la presenza di 150 insediamenti informali o spontanei non autorizzati, con sistemazioni varie (casolari e palazzi occupati, baracche, tende e roulotte) e presenze che vanno dalle poche unità registrate nei microinsediamenti, alle migliaia di persone nei ghetti più noti alle cronache. Alcune aree del Meridione guidano la classifica delle undici regioni coinvolte, ma il fenomeno interessa tutto il Paese.

 

L'impatto si riversa anche sul lavoro nei campi. L'arrivo degli stagionali prosegue troppo a rilento - dice Confeuro - nonostante il tentativo di semplificare le procedure. Le previsioni parlano di almeno 42mila richieste di lavoratori, mentre i nulla osta non superavano i 5mila alla metà di giugno. Quindi nella sostanza - rileva ancora Confeuro - ostacoli burocratici e difficoltà tecniche stanno impedendo alla manodopera straniera di arrivare in Italia in numero sufficiente per rispondere alle esigenze delle aziende agricole. Con il Decreto Flussi sono state introdotte alcune novità per velocizzare l'impiego dei lavoratori, sia in termini di tempi che di adempimenti. Inoltre non bisogna dimenticare che le quote previste sono ancora troppo basse rispetto alla domanda reale di manodopera.

 

Come si fa allora a proteggere il made in Italy? Secondo la Coldiretti "per tutelare l'enorme patrimonio enogastronomico italiano occorre però superare al più presto i vincoli burocratici che rallentano l'assunzione dei lavoratori stagionali". Oggi dai 5mila di metà giugno - rileva ancora la Coldiretti - si è arrivati a 10mila stagionali che hanno iniziato a lavorare nei campi sui 42mila previsti dal Decreto Flussi 2021: "La situazione è drammatica".

 

La questione è che la burocrazia rallenta l'arrivo dei lavoratori ma allo stesso tempo le imprese hanno fretta per evitare di perdere le coltivazioni. Nei fatti si tratta di "assicurare i nulla osta soprattutto ai lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall'estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese - spiega la Coldiretti - occorre introdurre un contratto di lavoro occasionale per consentire anche ai percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter collaborare temporaneamente alle attività nei campi".

 

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