L'Italia è un Paese innovativo, almeno se si circoscrive il campo al settore agroalimentare. Sul nostro territorio opera circa il 10% delle startup a livello globale che lavorano per innovare la filiera, dal campo alla tavola. L'Europa nel suo complesso raccoglie il 32% delle startup, appena dietro al Nord America con il 33% e prima dell'Asia, con il 22%.
Se però si guarda agli investimenti concessi il rapporto si capovolge. L'Asia (con la Cina in testa) cuba il 60% degli investimenti, seguita dal Nord America con il 22% e dall'Europa con il 16%. L'Italia, secondo i dati dell'Osservatorio Smart AgriFood (School of Management del Politecnico di Milano e Laboratorio Rise - Research & Innovation for Smart Enterprises dell'Università degli Studi di Brescia), si ferma solo all'1% su un totale di 15 miliardi di dollari mobilitati a livello globale.
In Asia infatti è alto l'interesse degli investitori nelle startup del food delivery e dell'ecommerce, settore che assorbe la maggioranza dei capitali disponibili. Inoltre alcuni Stati, come Singapore, hanno fatto della food innovation una vera e propria priorità nazionale e attraverso i fondi sovrani, come Temasek, investono in tutte quelle startup che possono assicurare l'autosufficienza alimentare.
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L'ecommerce fa man bassa di investimenti
Se guardiamo all'intera filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, salta agli occhi come gli investimenti si concentrino ai due estremi. Le startup che ruotano attorno al consumo di cibo, come l'ecommerce e il food delivery, contano circa il 44% delle startup e assorbono il 70% degli investimenti. Sul fronte opposto le realtà innovative che operano nella produzione agricola e zootecnica sono circa il 30% del totale, ma raccolgono solo il 13% degli investimenti.
Nel mezzo vi è una platea di startup che opera nel campo della trasformazione delle materie prime agricole (1% di startup e 1% di investimenti), nella logistica (2% e 1%), fino al retail (3% e 1%) e all'Horeca (11% e 9%).
La distribuzione geografica delle startup smart agrifood
(Fonte foto: Osservatorio Smart AgriFood)
Cresce la diversità del panorama innovativo
La varietà delle startup mappate è enorme. Si va da quelle che lavorano per il monitoraggio degli animali al pascolo o in stalla tramite device Iot e sensori di varia natura al riconoscimento biometrico dei capi. Si va dalla robotica in serra e in campo fino alle vertical farm, settore in grande fermento, con investimenti importanti anche da attori nuovi, ad esempio localizzati in Medio Oriente.
Ci sono poi i droni, usati per monitorare i campi o applicare input produttivi, oppure per consegnare il cibo al consumatore finale. Ci sono anche startup che lavorano per sviluppare attrezzature per lavorazioni di precisione, mentre le case produttrici di trattori stanno investendo nelle trattrici prive di conducente.
Molta attenzione stanno avendo poi le startup che parlano direttamente al consumatore. Oltre all'ecommerce e al food delivery sempre più spazio è dedicato alla lotta al food waste o a modelli alternativi di acquisto (come l'adozione di alberi o animali). La blockchain è utilizzata soprattutto sul fronte della tracciabilità, mentre web app e tag Nfc sono usati per fornire informazioni.
Le tecnologie adottate: il dato al centro
I software e le mobile app si confermano le tecnologie più diffuse, caratterizzate da una capacità di scalare che attrae gli investitori. Seguono Data&Advanced Analytics con il 32%, l'Internet of Things con il 19% e i device di ultima generazione, con il 13%. Più in giù il settore Mobility e geolocalizzazione con il 9%, i droni con il 5%, i robot con il 4% e la tecnologia blockchain con il 2%.
L'applicazione più diffusa nell'AgTech riguarda la mappatura e il monitoraggio dei terreni e delle coltivazioni (21%), seguita dalla gestione aziendale (20%), dalla tracciabilità alimentare (12%) e dal monitoraggio delle serre a distanza (10%). Il monitoraggio riguarda anche il settore zootecnico (7%), nonché l'irrigazione e i trattamenti di precisione (6%). New entry è la riqualificazione degli scarti o delle eccedenze alimentari, che cuba circa il 4% delle applicazioni sviluppate, così come il trasferimento di dati al consumatore, che invece raggiunge il 2%.