Il Piano per costruire nuovi invasi sarà a lungo termine la soluzione migliore per il contrasto all'emergenza idrica che ormai percorre tutto il Paese, o si può fare anche altro? Il dibattito si è aperto ieri, 6 luglio 2022, in occasione della seconda giornata dell'Assemblea nazionale dell'Anbi, l'Associazione Nazionale Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue.

 

Il Piano Anbi

Sono 223 i progetti definitivi ed esecutivi, cioè immediatamente cantierabili, approntati da Anbi e Coldiretti nell'ambito del Piano Laghetti, che punta a realizzare 10mila invasi medio piccoli e multifunzionali entro il 2030, in zone collinari e di pianura; i nuovi bacini incrementeranno di oltre il 60% l'attuale capacità complessiva dei 114 serbatoi esistenti e pari a poco più di 1 miliardo di metri cubi, contribuendo ad aumentare, in maniera significativa, la percentuale dell'11% di quantità di pioggia attualmente trattenuta al suolo.


La realizzazione dei primi 223 laghetti comporterà nuova occupazione stimata in circa 16.300 unità lavorative ed un incremento di quasi 435mila ettari nelle superfici irrigabili in tutta Italia, nel solco dell'incremento dall'autosufficienza alimentare, indicato come primario obbiettivo strategico per il Paese.


Il maggior numero di attuali progetti interessa l'Emilia Romagna (40), seguita da Toscana e Veneto come evidenziato dall'emergenza idrica in atto; per quanto riguarda il Centro Sud è la Calabria a vantare il maggior numero di progetti sul tappeto. L'investimento previsto per questa prima tranche del Piano Laghetti è quantificato in oltre 3,2 miliardi di euro, a fronte di un Piano per le risorse idriche per l'agricoltura del Pnrr da 880 milioni di euro.


A corollario degli invasi, perseguendo l'altro e determinante obiettivo strategico dell'autosufficienza energetica, dovranno essere realizzati 337 impianti fotovoltaici galleggianti (potranno occupare fino al 30% della superficie lacustre) e 76 impianti idroelettrici, capaci di produrre complessivamente oltre 7 milioni di megawattora all'anno.

 

"Quella attuale è la sesta emergenza siccità nei recenti 20 anni e ha già provocato danni per circa 2 miliardi all'agricoltura - ha detto Francesco Vincenzi, presidente dell'Anbi -. Servono investimenti infrastrutturali ed il Piano Laghetti è una scelta di futuro".


"L'Italia - ha aggiunto Ettore Prandini, presidente Coldiretti - è al terz'ultimo posto in Europa per investimenti nel settore idrico. Serve programmazione per uscire dalla logica dell'emergenza ed un Piano di laghetti diffusi e con funzioni anche ambientali è la soluzione all'impossibilità di realizzare grandi invasi come è stato negli anni scorsi per il Sud Italia".

 

"Se il Governo ha la reale volontà di realizzare almeno 20 grandi interventi infrastrutturali per il settore idrico entro il 2024, non potrà prescindere dalle progettazioni, in avanzato iter procedurale, redatte dai consorzi di bonifica ed irrigazione. È un parco di soluzioni, che mettiamo a servizio del Paese" conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi.

 

Anbi ribadisce, infine, la richiesta di una struttura commissariale, che abbia l'autorità per gestire la fase dell'emergenza idrica, ricercando, nel rispetto delle normative, la compatibilità fra i diversi interessi economici e territoriali, che gravano sulla risorsa idrica.

 

Alcuni commenti durante l'assemblea

Durante l'assemblea è stato letto un messaggio della ministra per il Sud e la Coesione Territoriale Mara Carfagna, indisponibile per un problema di salute, che ha annunciato per il prossimo 21 luglio un tavolo sul "Contratto istituzionale di sviluppo" sull'acqua, cui parteciperanno tutte le regioni, i gestori dell'acqua, il Mipaaf, il Ministero per la Transizione Ecologica e l'Anbi.

 

Il sottosegretario alle Politiche Agricole, Francesco Battistoni, ha detto con forza che sull'acqua è indispensabile passare dall'emergenza alla programmazione. Battistoni ha anche ribadito che, all'interno dell'emergenza idrica, c'è uno specifico problema per l'agricoltura e ha anticipato che il ministro Stefano Patuanelli chiederà al Governo di nominare, insieme al commissario per l'emergenza idrica, un subcommissario per l'acqua a uso agricolo. In un videomessaggio il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta ha ringraziato a nome del Governo i consorzi bonifica per la capacità progettuale e insieme per il ruolo collettivo di mediazione.

 

Cirf, l'acqua meglio conservarla nelle falde

"Il luogo migliore dove stoccare l'acqua è la falda, ogni qual volta ce n'è una. I serbatoi artificiali sono sostanzialmente interventi monofunzionali, la multifunzionalità tanto sbandierata è solo una chimera, come mostra la realtà degli invasi esistenti, perché i diversi obiettivi a cui possono teoricamente contribuire sono tra loro conflittuali e nella pratica si possono raggiungere solo molto parzialmente". Ad affermarlo con una nota del 5 luglio 2022, diramata nell'imminenza del lancio del Piano Laghetti di Anbi e Coldiretti, è il Cirf, Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, che da Venezia ha chiesto al Governo di "fermare il Piano Invasi".


"La ricarica controllata della falda determina un ventaglio ampio di benefici oltre quello dello stoccaggio: falde più alte sono di sostegno a numerosi indispensabili habitat umidi, lentici (delle acque ferme o lente Ndr) e lotici (delle acque correnti veloci Ndr); si previene la subsidenza indotta dall'abbassamento della falda; falde più elevate rilasciano lentamente acqua nel reticolo idrografico sostenendo le portate di magra; livelli di falda alti contrastano l'intrusione del cuneo salino" enumera il Cirf.

 

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Secondo il Centro "I sistemi di ricarica controllata della falda costano in media 1,5 euro per metro cubo di capacità di infiltrazione annua, mentre per gli invasi i costi arrivano a 5-6 euro per metro cubo di volume invasabile. I sistemi di ricarica controllata consumano molto meno territorio, per essi è più facile trovare siti idonei".


Il Cirf nel proporre un articolato progetto di rinaturalizzazione dei fiumi delle sponde e golene e del reticolo idraulico minore, a partire dalla decanalizzazione dei troppi corsi d'acqua cementificati, tutte opere volte a favorire la ricarica delle falde, spinge anche in favore della "adozione generalizzata di pratiche colturali che implementino il contenuto di sostanza organica nei suoli e la loro capacità di assorbire le piogge e trattenere umidità e nutrienti (un incremento dell'1% nel contenuto di sostanza organica può garantire fino a 300 metri cubi/ettaro di accumulo idrico nel suolo, disponibile per la vegetazione) e la de-impermeabilizzazione delle aree urbane".


Il Cirf ricorda infine come siano proprio queste le "misure previste dalle strategie per la biodiversità 2030 e From Farm to Fork nell'ambito del Green New Deal della Ue. E riprese dalla recente proposta normativa  - il Pacchetto Natura - presentata il 22 giugno scorso dalla Commissione Europea".

 

Strategie non necessariamente in conflitto

Come spesso accade in questi frangenti, le soluzioni da adottare nella realtà dovranno essere valutate caso per caso, anche perché la ricarica delle falde indicata dal Cirf, di per sé non consente di irrigare o comunque di prelevare acqua se non utilizzando pozzi e pompe, secondo schemi concessori parcellizzati che in passato hanno invece contribuito all'impoverimento quantitativo e qualitativo delle acque di falda sia freatica che artesiana; il tutto anche per la scarsa propensione dei soggetti pubblici ad effettuare controlli efficaci su una vasta moltitudine di soggetti privati: peraltro non costituita dai soli agricoltori.