Durante un'intervista concessa, Luigi Polizzi, direttore generale per le Politiche Internazionali e dell'Ue al Mipaaf, commenta le osservazioni arrivate da Bruxelles sul Piano Strategico Nazionale italiano (Psn) e conferma: la condizionalità sociale, in Italia, parte dal 2023.

Sono già pronti il Decreto Interministeriale, che serve per condividere le informazioni che dovranno arrivare fino agli organismi pagatori della Pac, e il Decreto Sanzioni.

 

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Il Piano Strategico Nazionale, documento fondamentale che declina a livello italiano la prossima programmazione della Politica Agricola Comune (Pac), quella al via a gennaio 2023, sarà inviato a Bruxelles con gli aggiornamenti entro il 31 luglio di quest'anno.

 

Sono queste le intenzioni del Governo, lo ha confermato il ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli relazionando davanti alle commissioni Agricoltura di Camera e Senato l'11 maggio scorso.

 

Come noto, infatti, a fine marzo la Commissione Ue ha inviato le sue osservazioni e ora, dopo il primo incontro con i portatori di interesse (attori istituzionali, sociali ed economici, associazioni di settore, organizzazioni sindacali e professionali, associazioni ambientaliste e attori del mondo della cooperazione), il Ministero è al lavoro.

 

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Abbiamo contattato Luigi Polizzi per capire come pensa di muoversi l'Italia rispetto alle osservazioni arrivate sul Psn. Fra le grandi novità della programmazione 2023-2027 della Pac c'è la condizionalità sociale, il cosiddetto Terzo Pilastro, ovvero il rischio di sanzioni o di perdere gli aiuti Pac nel caso in cui un'azienda agricola venga trovata, a un controllo, non in regola con la normativa sul lavoro.

 

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Su questo punto Polizzi ci ha confermato che l'Italia applicherà la condizionalità sociale dal primo gennaio 2023 nonostante l'Ue desse la possibilità di partire più avanti con l'applicazione, nel 2025. Non solo, Polizzi ci ha raccontato, fra le varie cose, a che punto sia la macchina amministrativa per arrivare preparata, su questo punto, all'appuntamento con il prossimo primo gennaio.

 

Il 31 marzo scorso sono arrivate le osservazioni di Bruxelles al nostro Psn, cosa vi ha sorpreso di più e cosa vi terrà più impegnati?

"Devo dire che non siamo rimasti per niente sorpresi. Eravamo già consapevoli, conoscendo i contenuti della nostra proposta, che c'era ancora da fare del lavoro, in relazione a talune parti mancanti e ad altre che non erano in linea con quanto espressamente chiedeva la riforma della Pac. Nessuna sorpresa, quindi, ma ora dobbiamo rispondere alle osservazioni.

 

Quali ci preoccupano di più? Per prima cosa la definizione del beneficiario, quindi di 'agricoltore attivo'. Ciò ha visto difficoltà a trovare una sintesi non solo con gli altri attori che hanno partecipato alla redazione del Piano, in particolare le regioni, ma anche con la stessa Commissione che ha messo in discussione, in passato, i criteri con i quali era stata definita la figura. Questa è una delle questioni che abbiamo necessità di risolvere. C'è da lavorare poi sugli aiuti accoppiati, che sono stati aumentati e sono stati aggiunti altri settori e dovremo giustificare. Ci chiedono poi di lavorare sulla sostenibilità ambientale, in particolare ci viene richiesta la compatibilità con la Direttiva Acque".

 

Fra le osservazioni arrivate, ce n'è una che riguarda la distribuzione dei pagamenti diretti. Bruxelles sostiene, fra l'altro, che è alto il valore massimo degli aiuti. È probabile quindi che ci siano cambiamenti e che la convergenza interna diventi più spinta?

"Sulla convergenza interna non capiamo perché la Commissione ci inviti ad essere più ambiziosi, ad andare oltre l'85%, percentuale stabilita come obiettivo minimo per lo Stato membro. Se vengono stabiliti a livello comunitario, parametri, limiti, massimali e lo Stato membro si adegua, non vedo perché dobbiamo giustificarlo o aumentare l'ambizione. Riteniamo comunque che la convergenza interna presenti delle criticità che andranno giustificate, ma su questo punto aspettiamo di conoscere il risultato di un confronto politico. Dopo l'incontro di partenariato, gli operatori economici e sociali hanno già inviato integrazioni e modifiche al Psn, l'amministrazione sta lavorando per valutare la portata dei suggerimenti e delle integrazioni.

 

La Commissione ha sottolineato poi la mancata coerenza fra spingersi verso la convergenza e mantenere un livello massimo di aiuto, di valore del titolo, pari a 2mila euro. Questo è stato frutto di una negoziazione, ora, a seguito delle osservazioni, questo è un punto che sarà oggetto di ulteriore dibattito. La Commissione ritiene il processo di convergenza lento, ma abbiamo già lavorato in questi anni perché il valore unitario dei titoli si livellasse".

 

È possibile che l'erosione dei titoli più alti vada oltre il 30% a ettaro (Ndr: 'stop loss') e che quindi questi diminuiscano ulteriormente? E che ulteriori risorse si spostino ai territori più svantaggiati?

"Il 30% è una delle questioni poste con forza dalle organizzazioni professionali che rappresentano le aziende e quindi resterà. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, a differenza di altri Stati membri noi abbiamo utilizzato il bacino Italia come regione unica, quindi la convergenza interna all'85% non è regionalizzata ma è articolata su tutto il territorio nazionale. Lo spostamento di risorse, che tendono ad aumentare per gli importi unitari al di sotto della media, riguarda quindi il territorio. Lo sforzo che stiamo facendo è spostare risorse per cercare di aumentare il valore minimo unitario dei titoli, queste vanno a beneficio delle aree marginali o aree con titoli bassi.

 

Lo scopo è di garantire un innalzamento generale del valore minimo dei titoli, dall'attuale 60% fino al raggiungimento dell'85% del valore medio unitario nazionale al 2026, attraverso quattro fasi annuali progressivamente crescenti (5%, 6%, 7%, 7%). La progressione prevista, a partire dalla prima annualità, è legata all'esigenza di attenuare gli effetti della convergenza interna. I diritti all'aiuto che si situano tra l'85% e il valore medio nazionale non subiranno variazioni dovute alla convergenza interna, ma soltanto una rideterminazione del valore unitario.

 

Per quanto riguarda la parte di redistributivo del Primo Pilastro, la proposta dei primi 14 ettari (Ndr: importo aggiuntivo a ettaro che spetta agli agricoltori con aziende fra gli 0,5 i i 50 ettari, ma solo fino al 14esimo ettaro), sposta risorse dalle grandi aziende alle aziende medio piccole e così soddisfiamo l'esigenza di dare una risposta alle aziende in condizione svantaggiata".

 

A proposito di Primo Pilastro, è possibile che nuove colture entrino nel sostegno accoppiato?

"No. Le colture sono quelle. Per quanto riguarda il sostegno accoppiato (Ndr: le colture cui è concesso un sostegno aggiuntivo detto accoppiato sono: frumento duro, riso, barbabietola da zucchero, pomodoro da industria, oleaginose, agrumi, olivo, proteiche, leguminose; per l'allevamento, carni ovine, bovine e caprine, latte e prodotti lattiero caseari), la Commissione ci chiede di giustificare le scelte. Una delle condizioni per le quali viene concesso questo aiuto infatti è che i settori interessati presentino difficoltà per le quali il sostegno potrebbe consentire loro di recuperare in termini di competitività. Dobbiamo poi dimostrare che siano compatibili con i nuovi requisiti previsti dalla Pac in termini di sostenibilità ambientale ed economico sociale. Siamo al lavoro".

 

Parliamo di condizionalità sociale, un argomento che interessa molto perché è un elemento di assoluta novità. È confermato che l'Italia parte il primo gennaio 2023?

"Stiamo lavorando tantissimo su questo tema. Noi applicheremo la condizionalità sociale dal 2023. Questa è la volontà politica che però non è stata espressa chiaramente nella riforma. Purtroppo abbiamo interpretato che, dal momento che era facoltativa fino al 2025, non fosse necessario esplicitare che l'Italia parte nel 2023.

 

Nel frattempo ci siamo dati da fare con un Decreto Interdipartimentale fra le istituzioni coinvolte: il Mipaaf, il Ministero del Lavoro per l'Ispettorato del Lavoro, il Ministero della Salute per le Asl, le politiche infatti afferiscono ad altre istituzioni, non al Mipaaf. E ci sono anche i Vigili del Fuoco, quindi Ministero dell'Interno. Il Decreto sta circolando fra i ministeri per la firma, per stabilire la convergenza su una piattaforma di informazioni, da questi ministeri le informazioni devono essere infatti veicolate agli organismi pagatori per applicare le penalità o le sanzioni.

 

Ed è pronto anche il Decreto Sanzioni, sta circolando per determinarne la bontà. Noi su condizionalità sociale lavoriamo e siamo avanti perché ci rendiamo conto che è una sfida importante, una risposta importante sul piano sociale. Ricordo che, secondo quanto previsto dall'articolo 87 del Regolamento (UE) n. 2021/2116, il meccanismo della condizionalità sociale è applicato ai beneficiari dei pagamenti diretti o dei pagamenti annuali. L'unica cosa di cui mi rammarico è che non l'abbiamo scritto in maniera chiara nel Psn, non abbiamo fatto su questo punto una corretta comunicazione".

 

Per tranquillizzare gli imprenditori agricoli, per la condizionalità sociale si applica la normativa attuale in fatto di diritto del lavoro? Non c'è niente di nuovo?

"Rimane tutto com'è oggi, solo che le aziende che non saranno in regola e saranno state sanzionate dagli organismi che ho appena citato, nel momento in cui vengono sanzionate, le irregolarità vengono trascritte in termini anche di penalità nel settore agricolo. Il Decreto Sanzioni stabilisce una gradualità. L'azienda che è in regola su sicurezza del lavoratore, contrattualistica, salute non ha nulla da temere".

 

E se dovesse succedere che un lavoratore, dipendente o collaboratore, solleva una questione, che succede ai aiuti Pac?

"Le rispondo usando il buon senso: se c'è una denuncia, ci sono degli organi che devono valutare e poi giudicare. Solo alla fine del giudizio, se ritenuta colpevole, a quell'azienda verranno applicate le penalità per gli aiuti agricoli".

 

Tornando all'incontro del 19 aprile scorso, la riunione del Tavolo di Partenariato, di cosa si è discusso di più?

"Durante la riunione abbiamo ascoltato le richieste di organizzazioni ambientaliste e animaliste rispetto alla richiesta di maggiori ambizioni che il Piano dovrebbe avere sul benessere animale e sul passaggio a un allevamento più estensivo. Noi siamo assolutamente favorevoli a una Pac che abbia un'ambizione ambientalista, ma non deve perdere di vista la competitività stessa delle aziende. Dobbiamo guardare anche alla necessità di rispondere agli obiettivi comunitari in materia di approvvigionamento delle derrate alimentari per favorire la collettività, non solo quella comunitaria.

 

È un equilibrio delicato, ma spingersi verso la demagogia rischia di compromettere l'equilibrio competitivo. Comunque, come dicevo, tutte le osservazioni e i contributi portati al Tavolo sono in fase di analisi".