Quanti pensavano o, addirittura, auspicavano, una politica agricola più remissiva nei confronti delle attenzioni verso l'ambiente, forse saranno rimasti delusi. Ma il recente G7 dell'Agricoltura di Stoccarda (13 e 14 maggio scorsi), che ha coinvolto sotto la presidenza tedesca anche il ministro della Politica Agraria e dell'Alimentazione dell'Ucraina, Mykola Solsky, non ha indietreggiato di un millimetro rispetto all'obiettivo di sistemi agricoli più forti e resilienti.

 

Leggi anche

Crisi alimentare, la sfida è contrastarla

 

Ma c'è di più. Il Summit agricolo dei sette Paesi più industrializzati conferma l'attenzione al contrasto ai cambiamenti climatici, la lotta all'antimicrobico resistenza, la rotta dell'innovazione e dell'agricoltura digitale, connessa, inserita in contesti di mercato fluidi, dinamici, attentamente monitorati in una fase in cui il rischio di speculazioni è particolarmente elevato.

 

Naturalmente, il documento finale si apre con la condanna all'ingiustificata guerra di aggressione da parte della Russia e con la preoccupazione per l'instabilità mondiale che si è venuta a creare, non da ultimo con riferimento allo scenario geopolitico di precarietà e di incertezza che abbraccia anche gli aspetti della food security e della food nutrition a livello mondiale.

 

Resta l'urgenza, ribadita dagli attori del G7 (che, ricordiamo, annovera Italia, Germania, Canada, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Giappone), dalle rappresentanze di Fao e Ocse, di sostenere l'Ucraina e la sua popolazione. Il documento conclusivo della due giorni di Stoccarda impegna i Paesi e le forze coinvolte a garantire l'approvvigionamento alimentare del popolo ucraino e sostenere gli agricoltori ucraini nell'ottenere l'accesso agli input essenziali, inclusi carburante, fertilizzanti, mangimi e sementi, e nella produzione di cibo sufficiente, sicuro e nutriente.

 

Sotto la lente anche i mercati mondiali, messi sotto pressione dalle anomalìe innescate prima dall'import selvaggio della Cina, che ha rafforzato gli stock interni delle commodity e infiammato i listini su scala internazionale, e - dallo scorso 24 febbraio - dalla guerra mossa dalla Russia ai danni dell'Ucraina.

 

La tempesta perfetta, in pratica, è stata servita, per effetto di concomitanti fattori che hanno scatenato incertezza e corsa dei prezzi. Al forte rincaro dei prezzi energetici e delle commodity (molte stalle hanno chiuso, aggravando i bilanci di autoapprovvigionamento), si sono aggiunti fattori esogeni come la siccità in Europa e Nord America e le inondazioni nel Nord della Cina, ma anche gli stop all'export di beni primari, così come la carenza dei fertilizzanti (possibile che per un bene così strategico si sia completamente abbandonata la catena di approvvigionamento in Italia e forse anche in molti Paesi a livello mondiale?).

 

Con lo stop alle esportazioni agricole si rischiano nuove tensioni sociali, ondate migratorie di natura economica, aumento della povertà e della denutrizione, elementi che non possono essere presi alla leggera, ma che è forse giunto il momento di affrontare con un piano agricolo in cui privilegiare massicciamente il ricorso a nuove tecnologie, meccanizzazione di precisione, riduzione degli sprechi e filiere in grado di muoversi tanto a livello locale quanto su rotte internazionali anche inedite.

 

Bene, in un contesto particolarmente complesso e incerto, che i Paesi del G7 abbiano voluto mantenere la barra dritta su una linea d'azione e di sviluppo che abbia dimenticato il tema ambientale. A una condizione, come ha ricordato recentemente Paolo De Castro, uno dei parlamentari di punta che l'Italia può schierare in Commissione Agricoltura tra Bruxelles e Strasburgo. E cioè che la transizione ecologica non pesi sulle spalle degli agricoltori. Ma gli strumenti per coniugare produttività, sostenibilità e redditività, elementi essenziali di una filiera efficiente e resiliente, ci sono tutti.