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Finanziato dal programma IMCAP dell'Unione europea
Le opinioni espresse nel presente articolo sono quelle dell'autore che ne assume la responsabilità esclusiva. La Commissione non è responsabile dell'eventuale uso delle informazioni in esso contenute.

La prima notizia riguarda l'Unione Europea, ma anche e soprattutto gli agricoltori e i cittadini comunitari, perché sono loro - attraverso questi sondaggi ai quali sono chiamati a partecipare - che poi influiscono sulle decisioni dell'Ue. Eccola: fino al 2 maggio prossimo sarà possibile rispondere a un sondaggio con l'obiettivo di espandere la rimozione sostenibile del carbonio e incoraggiare l'uso di soluzioni innovative per catturare, riciclare e immagazzinare CO2 da parte di agricoltori, silvicoltori e industrie. Ciò rappresenta un passo necessario e significativo verso l'integrazione delle rimozioni di carbonio nelle politiche climatiche dell'Ue. Per maggiori informazioni, magari dopo aver terminato di leggere questo articolo, è possibile visitare questa pagina.

 

"Le parti interessate identificate - spiega la Commissione Ue - sono entità che forniscono rimozioni di carbonio, inclusi gestori del territorio, agricoltori, silvicoltori e società industriali che operano nella cattura e nello stoccaggio del carbonio; ma anche tutti i potenziali acquirenti di assorbimenti di carbonio, comprese le aziende del settore della trasformazione alimentare e delle tecnologie digitali, nonché le pubbliche amministrazioni degli Stati membri interessate ad aumentare gli assorbimenti di carbonio e la comunità scientifica. Un altro gruppo di parti interessate è quello dei mercati di rimozione volontaria del carbonio esistenti, ad esempio organismi di certificazione o agenti finanziari tradizionalmente a supporto del settore fondiario".

 

Una premessa eticamente e civicamente doverosa, anche perché normalmente a tali sondaggi risponde sempre un numero esiguo di cittadini, che però poi influenza con la propria opinione la posizione della Commissione Ue. Per cui, forse, sarebbe opportuno che il mondo agricolo e, più ampiamente, il sistema agroalimentare, esprima la propria visione in maniera chiara e almeno massiccia, se non compatta.

 

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La questione del carbon farming e delle strategie per sequestrare carbonio nel suolo è tutt'altro che banale. La Politica Agricola Comune (Pac) è ben consapevole che l'agricoltura può e deve ridurre l'impatto ambientale. Questo assunto non è un'accusa verso gli agricoltori, ma è la consapevolezza che il ruolo svolto dagli agricoltori e dai contoterzisti (solitamente meglio forniti di macchinari e attrezzature all'avanguardia) è determinante per un mondo più pulito. E ciò perché l'agricoltura, per dirla col professor Felice Adinolfi, economista agrario dell'Università di Bologna, "deve rispondere alla produzione di beni e di servizi". Siamo nell'orbita dei cosiddetti "public good", dei beni pubblici, e l'ambiente ci rientra tanto quanto la produzione di cibo.

 

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Il messaggio della Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen è stato molto chiaro sul tema: "Entro il 2050 l'Ue vuole diventare climaticamente neutra, con l'obiettivo di ridurre del 55% i livelli di anidride carbonica rispetto ai livelli del 1990 già entro il 2030. Per riuscirci dovrà riuscire ad assorbire circa 310 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030".

E in questa missione ambiziosa, gli agricoltori sono chiamati a stoccare il carbonio. In che modo?

 

Riducendo i passaggi in campo, attraverso la minima lavorazione o la non lavorazione tout court. Giustino Mezzalira, direttore della Sezione Ricerca e Gestioni Agroforestali di Veneto Agricoltura, afferma che "entriamo nel mondo di doppi raccolti, per avere minore perdita di sostanza organica, riducendo ruscellamento e lisciviazione e avere invece una fotosintesi aggiuntiva".

 

Ascolta l'intervento di Giustino Mezzalira, Saverio Maluccio e di altri esperti.
Puoi trovare tutti i podcast della playlist "Con i Piedi in Campo" in questa pagina


La missione è, appunto, il "carbon farming", cioè, letteralmente, "coltivare il carbonio". Le soluzioni vanno oltre la minima o la non lavorazione, ma abbracciano anche l'agroforestazione, la scelta cioè di una presenza di alberi negli appezzamenti di terreno coltivato, opzione che rafforza la capacità di stoccaggio di carbonio. E se un albero in mezzo al campo può rendere le manovre delle macchine da raccolta non del tutto spedite, se tali piante fossero collocate in un pascolo, non ci sarebbe alcun ostacolo di sorta, con benefici molto interessanti sull'ambiente.

 

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Di sequestro di carbonio se ne occupa da anni la Pac, fino dal 1992 con la celeberrima (almeno per gli addetti ai lavori) Misura 2080, grazie alla quale si sono finanziati gli imboschimenti sui terreni agricoli per aumentare lo stoccaggio di carbonio.
La prossima programmazione, che entrerà in vigore dal prossimo gennaio, cambierà molto. "L'aspetto ambientale è uno dei tre obiettivi principali", rammenta Saverio Maluccio, ricercatore del Crea (Nucleo Monitoraggio Carbonio del Centro Politiche e Bioeconomia).

 

Il carbon farming rientra anche fra le opportunità comprese nei cosiddetti ecoschemi, una delle grandi novità che contribuiscono a costruire l'architettura verde della Politica Agricola Comune.

 

In particolare, l'ecoschema due, presentato dal Ministero delle Politiche Agricole a Bruxelles e contenuto all'interno del Piano Strategico Nazionale (Psn), è dedicato all'inerbimento delle colture arboree; si applica sulle superfici con colture permanenti legnose agrarie e altre specie arboree permanenti a rotazione rapida e prevede tra i vari impegni quello di non eseguire lavorazioni del terreno nell'interfila o, per le colture non in filare, all'esterno della proiezione verticale della chioma durante tutto l'anno, ad eccezione del sovescio. È consentito - recita l'ecoschema due - qualsiasi metodo di semina che non implichi lavorazione del suolo. È previsto anche l'impegno durante tutto l'anno a gestire la copertura vegetale erbacea mediante operazioni di trinciatura sfibratura della vegetazione erbacea, senza asportarla dal terreno. Tra i vari obiettivi annoverati, quello di contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, a migliorare il sequestro di carbonio organico nel suolo nei terreni agricoli e a ridurre l'erosione dei suoli.

 

Il sostegno è concesso per tutta la superficie oggetto di impegno come pagamento annuale sotto forma di pagamento aggiuntivo al sostegno di base e l'importo unitario è pari a 120 euro/ettaro l'anno, maggiorato per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola e nelle zone Natura 2000. Il costo dell'ecoschema due sarà di 155,6 milioni di euro l'anno fra il 2023 e il 2027, con una spesa totale di circa 778 milioni di euro.

 

Altre opportunità specifiche sono previste all'interno dell'ecoschema quattro dedicato ai sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento, che interessa le aziende agricole con indirizzo a seminativi (tanto quelle cerealicole quanto quelle zootecniche).

La misura dell'ecoschema quattro, nello specifico, prevede due impegni: assicurare la presenza di leguminose, foraggere e colture da rinnovo. Su queste superfici non è consentito l'uso di diserbanti e prodotti fitosanitari nel corso dell'anno. In caso di colture da rinnovo, è necessario interrare i residui. Fra gli obiettivi specifici di tale misura si annoverano il contributo alla mitigazione e all'adattamento al cambiamento climatico, favorire uno sviluppo sostenibile e una gestione efficiente delle risorse naturali con il risultato di una maggiore diffusione della superficie agricola utile impegnata alla riduzione delle emissioni o al mantenimento o al miglioramento del sequestro di carbonio. Il pagamento consiste in 110 euro per ettari aggiuntivi al sostegno di base.

 

Non sono le uniche misure della Pac che mirano ad aumentare il sequestro di carbonio (ci sono tutte le aree legate alla minima lavorazione, al biologico, alle cover crop all'interno del Secondo Pilastro), per il quale è previsto un mercato specifico, con dei costi, i quali possono tradursi in servizi e vantaggi per gli agricoltori che stoccano carbonio nel terreno e che potrebbero vendere i crediti che ne derivano, magari, ad aziende che hanno un tasso di emissioni da contenere.

 

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Il Network for Greening the Financial System (Ngfs 2021) stima che la domanda di crediti di carbonio aumenterà di ben 15 volte nel 2030 e di trenta volte nel 2050 rispetto ai crediti venduti attualmente e i prezzi arriveranno a toccare i 160 dollari per tonnellata di CO2 nel 2050.

 

Guarda tutti i video della playlist "ParteciPAC: giovani agricoltori" in questa pagina

 

Sul carbon farming si è espresso recentemente anche il Ceja, il Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori, presieduto dall'italiana Diana Lenzi. "La creazione di un quadro normativo sulle certificazioni di rimozione del carbonio, la cui pubblicazione è prevista per la fine dell'anno, rappresenta una grande opportunità per intensificare l'azione collettiva. Il Ceja invita la Commissione Europea a promuovere la certezza sia per gli utilizzatori delle pratiche di coltivazione del carbonio - gli agricoltori che investiranno e diversificheranno i loro sistemi agricoli - sia per l'ambiente più ampio della società civile, che riterrà l'intera professione e i decisori responsabili nell'allocazione delle risorse ma, soprattutto, nel raggiungimento di un risultato finale tangibile".

 

Raccomandabile corollario, che non è sfuggito al Ceja, la formazione del mondo agricolo, così da cogliere appieno le opportunità di azioni verdi che fanno bene al terreno, all'ambiente, ma anche alle tasche degli agricoltori.

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