bandiera-europea-ott-2021-ok.jpg
Finanziato dal programma IMCAP dell'Unione europea
Le opinioni espresse nel presente articolo sono quelle dell'autore che ne assume la responsabilità esclusiva. La Commissione non è responsabile dell'eventuale uso delle informazioni in esso contenute.

"La previsione di una dimensione sociale della Politica Agricola Comune ha rappresentato un segnale positivo e ha dato una spinta non indifferente all'approvazione della Riforma 2023-2027"
La dichiarazione di Paolo De Castro, europarlamentare e coordinatore del Gruppo S&D in Commissione Agricoltura a Bruxelles, rivela un aspetto decisivo nell'iter di avvicinamento alla versione finale della riforma Pac e mette in luce un aspetto che, francamente, avrebbe dovuto essere da molto tempo una linea di confine molto netta. E invece si è dovuto attendere fino ad ora, sessanta anni dopo il varo della Pac a livello comunitario, per sostenere che se un agricoltore viola le normative vigenti in materia di diritti dei lavoratori, maggiormente rilevanti per il settore agricolo, non ha diritto a percepire i fondi europei.


Leggi anche
Pac, questa (s)conosciuta


Che cosa significa? "Senza creare alcun onere amministrativo aggiuntivo, nel caso in cui venga accertato, nell'ambito dei normali controlli effettuati dalle autorità nazionali competenti, che un agricoltore violi tali normative, l'autorità competente dovrà trasferire l'informazione all'organismo pagatore Pac dello Stato membro, che comminerà una riduzione dei diritti all'aiuto". Così si legge nella sintesi dei principali punti della riforma Pac.

Inoltre, viene data la possibilità di finanziare, tramite i Programmi Operativi per i Settori Vitivinicolo e Ortofrutticolo, "misure volte al miglioramento delle condizioni dei lavoratori agricoli". Per quale motivo si concentra l'attenzione in questi due ambiti? Molto semplice: trattandosi di coltivazioni che hanno una marcata caratterizzazione stagionale, con richieste di manodopera in particolari periodi dell'anno, essenzialmente nella fase di raccolta, sono maggiormente esposte al ricorso di reclutamenti di manodopera che potrebbero scivolare nell'opacità o nella violazione dei diritti dei lavoratori, per non parlare di illeciti o di casi limite come quelli che le cronache talvolta hanno riportato.

La Commissione Europea si impegna a valutare gli effetti di tale dimensione sociale entro il 31 dicembre 2026 e a proporre modalità per migliorarne l'efficacia.

È un principio di civiltà, che però esplicherà i propri effetti con l'applicazione ufficiale nel 2025, mentre dal 2023 potrà essere adottato dagli Stati membri su base volontaria. E chissà, si spera che contribuisca a ridare "dignità" anche sul lavoro, parola citata ben 18 volte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento per il secondo mandato al Quirinale.

"La condizionalità sociale, ribattezzata anche Terzo Pilastro della Pac, pone un altro elemento a favore della regolarizzazione" commenta il professor Gabriele Canali, docente di Economia e Politica Agraria all'Università Cattolica di Piacenza ed esperto di dinamiche di filiera nel comparto agroalimentare. "Si tratta di un incentivo a regolarizzare, spinto appunto dal rischio di non percepire il contributo. Sinceramente, sono un po' scettico sulla reale portata della misura, dal punto di vista proprio della regolarizzazione delle situazioni che rischiano di restare borderline e irregolari".

Forse, è la perplessità del professor Canali, "sul tema avrei visto meglio l'applicazione di una soluzione come il capping, nel quale avrei potuto scaricare i compensi pagati per il lavoro, soluzione che il nostro Paese non è interessato ad adottare, ma che sarebbe stata uno stimolo per la regolarizzazione dei lavoratori".


Iscriviti alla newsletter di ParteciPAC


"Rispetto ad alcuni argomenti come la condizionalità sociale porsi in una situazione contraria non dà certo valore a quello che noi rappresentiamo come cooperazione. È importante il riconoscimento del lavoro, di una paga adeguata e che tutto ciò sia poi finalizzato rispetto a un prezzo di produzione e al valore aggiunto garantito", commenta Giorgio Mercuri, presidente dell'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, che si addentra in una valutazione più approfondita.

"La nostra preoccupazione non è legata dunque alla legittimità della condizionalità sociale, quanto comprendere quali regole applicare in ottica di competitività e di equità - prosegue il presidente Mercuri -, perché abbiamo paghe e contratti diversi fra Paesi e abbiamo bisogno di definire le regole che adottiamo, perché una cosa è rispettare il contratto di lavoro, un altro aspetto è verificare il contratto e la paga, un'altra ancora la paga e l'orario di lavoro. Se applichiamo le norme in modo restrittivo e gli altri no, saremo i primi della classe, ma anche i più penalizzati. Il costo della manodopera è più alto in Italia, ma non per il costo orario, ma per il costo del lavoro e dei contributi e per i modelli contrattuali applicati".

L'altro elemento di insicurezza secondo l'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari è il nodo della burocrazia. "Siamo assolutamente favorevoli al Terzo Pilastro della Pac ed è giusto ribadirlo per non cadere nel rischio degli equivoci - spiega Mercuri - ma non dobbiamo incrementare i vincoli burocratici o rallentare i tempi di erogazione del contributo comunitario. E nemmeno possiamo pensare che i controlli debbano essere fatti preventivamente, per bloccare il flusso di un'azienda agricola, magari con tempi di verifica eterni e con uno svantaggio economico che si riversa su un danno di competitività".

Altro fattore messo in campo da Mercuri: "Cosa accade se è un lavoratore che solleva il problema? Come si affronta magari il periodo di contenzioso con un lavoratore? Le imprese perdono il diritto alla Pac? Come definiamo le penalizzazioni?". I criteri, ad esempio, devono essere comuni a livello di Unione Europea oppure saranno i singoli Stati membri a delimitare gli ambiti?
Sarebbe opportuno, secondo Mercuri, "definire le regole e applicarle in maniera uniforme, grazie a norme di facile applicazione, che non pongano l'azienda agricola automaticamente nel torto. Anche perché, a mio parere, chi continuerà a lavorare nell'illegalità continuerà a farlo e rinuncerà magari ai contributi della Pac".

Altra incognita. "Quali saranno le decurtazioni dei contributi? Si riferiranno al Primo Pilastro oppure anche al Secondo, togliendo così non solo i contributi, ma anche le opportunità per gli investimenti e la crescita aziendale?".


Ascolta tutti i podcast della playlist "Con i Piedi in Campo" in questa pagina


Tutte domande alle quali è opportuno trovare risposte chiare, semplici, univoche, affinché dare alla norma sulla condizionalità sociale l'opportunità di esplicare al meglio la propria finalità, cioè quella di garantire i lavoratori, fermare eventuali illegalità e contribuire a una crescita armonica e diffusa del settore.

Quando partire poi con il rispetto della condizionalità sociale? Nel 2025 oppure, come auspica il Ministero delle Politiche Agricole, nel 2023? Ma cosa accadrà in termini pratici se alcuni Paesi partiranno con il prossimo anno e altri nel 2025?


Guarda il video di Alessio Pisanò.
Puoi trovare tutti i video della playlist "ParteciPAC: giovani agricoltori" in questa pagina


Qualche suggerimento su come affrontare la questione lo offre il professor Canali, invitando al dialogo tra le parti. "Non credo che il Terzo Pilastro aggiunga ulteriore complessità alla Pac - è convinto - ma è necessario naturalmente impegnarsi per ridurre eventuali rallentamenti amministrativi e burocratici. Forse potrebbe verificarsi qualche elemento più laborioso con la manodopera stagionale".
"Servirebbe - insiste - un dialogo costruttivo fra le parti sociali per trovare le modalità più efficaci e sufficientemente semplici, così da non lasciare spazio ai furbetti. Non dimentichiamo che la mancata regolarizzazione dei lavoratori comporta fenomeni di concorrenza sleale tra aziende agricole e penalizzano chi è in regola ed è evidente che non è possibile che un'azienda venga marginalizzata dai mercati solo perché è in regola".

"Spero che questo stimolo aiuti ad implementare la rete del lavoro agricolo di qualità nelle varie province, che è prevista in un articolo della Legge 199 del 2016 per il contrasto del caporalato - è l'augurio di Alberto Semeraro, segretario Flai Cgil Lombardia - perché dobbiamo operare in una duplice direzione. Da un lato, tutelare i diritti dei lavoratori e dall'altro difendere le aziende sane. Sono anche convinto che la verifica e il rispetto della legalità non debbano trasformarsi in una corsa a ostacoli burocratici".
Corollario necessario, secondo Semeraro, è l'attenzione al mercato. "Deve essere dato il giusto valore al cibo e lo dico da consumatore, prima di tutto" specifica. "Non possiamo pensare di trovare la passata a 40 centesimi al chilo, pensando che lo sconto non sia stato pagato nella catena di produzione dall'anello più debole, che è il lavoratore o le aziende che procurano il lavoro in maniera illecita".

Serve, dunque, una nuova sintonia fra azienda agricola e lavoratori, "superando la concezione sindacale secondo cui il problema delle aziende non è mio e la visione delle imprese che dicono il problema è del lavoratore e non mio. Ci deve essere un reciproco interesse e la strada da percorrere è la rete del lavoro agricolo di qualità usato poco dalle aziende per sfiducia verso il carico burocratico".
"Come Flai Cgil Lombardia siamo per una gestione della domanda e dell'offerta del lavoro stagionale gestita dal pubblico, così da garantire che le ore effettive lavorate siano pagate e che ci sia rispetto delle norme sul lavoro" insiste Semeraro. "Perché l'illegalità costa a tutti i cittadini, non solo al mondo agricolo".

Importante, per Semeraro, partire già nel 2023. "E se altri Paesi sceglieranno di partire con l'applicazione della condizionalità sociale dal 2025, il nostro Paese può pubblicizzare il fatto che i nostri prodotti agricoli sono made in Italy. È un valore aggiunto e un consumatore compra più volentieri arance coltivate in Sicilia rispetto a quelle provenienti da altri Paesi".


Leggi anche
Terzo Pilastro della Pac, qualche riflessione

Questo articolo fa parte delle collezioni: