Il settore dell'ortofrutta in Sardegna, praticato quasi esclusivamente nelle realtà pianeggianti e irrigue - alimentate attraverso la rete dei consorzi di bonifica o con pozzi artesiani - ha un volume d'affari regionale che in questi ultimi anni si è mosso nella forbice dai 400 ai 500 milioni di euro, attestandosi poco sopra il 30% dell'intera economia derivante dal mondo delle campagne isolano. Ma le piogge persistenti degli ultimi due mesi hanno provocato danni ingenti, mettendo in crisi il settore. E Confagricoltura Sardegna lancia una vera e propria allerta per l'economia del comparto ortofrutticolo sardo. Non basterà infatti la rituale dichiarazione di stato di calamità, poiché le perdite ingenti si riflettono sulla capacità delle organizzazioni dei produttori di incamerare i premi comunitari.

"La pioggia incessante di questi ultimi due mesi ha gravemente compromesso le produzioni ortofrutticole della Sardegna con danni che in alcune aree raggiungono il 70% tra mancati raccolti e mancate semine per la prossima stagione. Dal Sassarese al Sulcis passando per l'Oristanese, il Medio Campidano e il Campidano di Cagliari l'acqua ha distrutto migliaia di ettari coltivati o sta rendendo impraticabile la raccolta di ciò che è rimasto. Alla luce di questo quadro desolante è bene che la Regione dichiari subito lo stato di calamità naturale per il comparto ortofrutticolo - ha detto il presidente di Confagricoltura Sardegna, Paolo Mele, che in questi giorni sta seguendo, insieme agli uffici territoriali e provinciali dell'Associazione di Categoria, l'emergenza causata da piogge, grandine, neve e, in ultimo, con queste giornate soleggiate ma fredde, dalle gelate che sono arrivate a dare il colpo di grazia finale in diversi territori dell'Isola.

"Oltre il danno la beffa quindi - ha aggiunto Mele -, perché dopo aver perso il prodotto si rischia anche di perdere i finanziamenti nazionali e dell'Unione Europea che vengono elargiti alle organizzazioni di produttori dell'ortofrutta sarde solo a patto che queste possano garantire una crescita annua di almeno il 2% del Valore della Produzione Commercializzata (Vpc). Con perdite che per certe Op hanno raggiunto il 70% il traguardo di crescita è impensabile. Solo la Regione e quindi il Governo possono predisporre una moratoria, giustificata dall'eccezionalità degli eventi atmosferici, per impedire che le Op possano perdere risorse indispensabili per continuare a operare dopo un'annata come questa. Un intervento urgente del genere lo si deve a un settore che spesso, più di altri, deve fare i conti con le devastazioni dovute alle calamità naturali e alle repentine evoluzioni atmosferiche che si verificano sempre più spesso", ha concluso Mele.

Fin qui la notizia secca, ma ecco solo alcuni esempi di quanto accaduto in questi due mesi sull'Isola, che per prima viene investita dalle perturbazioni atlantiche.


Valledoria, danni fino al 90%

A Valledoria, nella cooperativa Valle del Coghinas che fa parte dell'Op Società cooperativa Villacidresi, con 400 ettari lavorati di cui 350 a carciofi, "la stagione di raccolta non è di fatto mai iniziata. A oggi le perdite sfiorano il 90%. Dei quasi 2mila ettari coltivati su tutto il territorio della Valle poco più di 1.200 sono destinati annualmente ai carciofi, vera eccellenza dell'agricoltura dell'Anglona, ormai al palo in queste settimane". Lo ha detto Giovanni Pes, agricoltore di Valledoria e associato all'Op, che ha aggiunto: "Solo a dicembre si raggiungeva in passato circa il 60% del fatturato annuo del carciofo. Un mese fondamentale che noi abbiamo perso completamente".

"Dopo la pioggia - ha aggiunto Pes - è arrivata la grandine che ha rasato le piante, e poi il maestrale ha dato il colpo di grazia. I nostri campi, a causa della tanta acqua ancora presente, sono in asfissia con gli apparati radicali delle colture che stanno morendo: ormai abbiamo poco da salvare. È bene - ha concluso - che la Regione intervenga subito, perché la situazione è veramente grave, non solo per quello che abbiamo perso adesso, ma anche per il resto delle colture invernali che rischiano di saltare compromettendo il nostro fatturato annuo e quindi i fondi che devono arrivare da Bruxelles".


Sinis, danni al 50%

Nel Sinis di Cabras e Riola Sardo la Op Sa Marigosa coltiva carciofi in circa 250 ettari e anche in questa realtà i danni sono pesantissimi come ci racconta Giovanni Sanna, agronomo dell'Op. "Per l'irrigazione dei campi utilizziamo l'acqua che emungiamo dai pozzi artesiani, d'estate, con un calo della risorsa, si verificano contaminazioni saline che stressano l'apparato radicale delle piante. Con l'arrivo delle piogge autunnali si ha un dilavamento dei sali che permette alla pianta di reagire positivamente. Ma quando l'acqua è in eccesso, come in questi ultimi due mesi, le colture vanno di nuovo sotto stress con i ristagni idrici e la solita asfissia che colpisce le radici. A questo si sono aggiunti il forte vento, le grandinate delle ultime due settimane e il gelo degli scorsi giorni. Il quadro della devastazione nei campi è visibile anche a chi non fa l'agricoltore. In una situazione del genere - ha osservato Sanna -, dove rischiamo di perdere ben oltre il 50% della produzione, la Regione dovrebbe subito intervenire con la richiesta della dichiarazione dello stato di calamità naturale".


Arborea, impossibile raccogliere

Socio della Op Sa Marigosa è Antonello Cester che ad Arborea coltiva circa 20 ettari di eccellenze ortive, di cui sei in serra multitunnel. "È piovuto talmente tanto - ha spiegato l'agricoltore - che l'acqua è entrata anche nelle serre, rendendo il suolo un pantano e compromettendo le colture. In campo aperto invece, dove coltivo le patate, e tanti altri miei colleghi anche le carote, è impossibile entrare con i mezzi meccanici per la raccolta, addirittura a piedi si sprofonda di 40 centimetri: sembra di stare sulle sabbie mobili. Volendo salvare qualcosa, prima di perdere tutto, stiamo intervenendo a mano con una crescita esponenziale dei costi di raccolta e dei tempi di lavoro".

"Gli utili ricavati primavera scorsa con le fragole - ha proseguito Cester -, non saranno sufficienti a compensare le perdite di questa stagione. Se volessi conservare il segno positivo dovrei incrementare le superfici e quindi l'impegno economico e di manodopera. Per esempio, invece che mettere a dimora 20mila piantine di pomodoro dovrei arrivare a 60mila, sperando inoltre nella buona riuscita della prossima stagione delle fragole, dei meloni e delle angurie", ha concluso Cester.