Cibo quanto mi costi. Il pane in tavola, l'alimento simbolo, non è più così scontato. Dall'analisi della Coldiretti emerge infatti che il prezzo del grano tenero utilizzato per panificare ha raggiunto i valori più alti del decennio. Il picco delle quotazioni del grano si riversa inevitabilmente sugli scaffali della vendita al dettaglio e il pane costa assai caro ai cittadini, che pagano il prodotto finito a un prezzo "lievitato" di oltre dieci volte nel viaggio che va dal campo al carrello della spesa. E infine sulla tovaglia.

I conti sono presto fatti: 1 chilogrammo di grano tenero in Italia è venduto a circa 32 centesimi, mentre 1 chilogrammo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,2 euro, sempre al chilogrammo. Se si considera che per fare 1 chilogrammo di pane occorre circa 1 chilogrammo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina, quelli necessari a ottenere l'impasto per 1 chilogrammo di prodotto finito, l'aumento dal campo allo scaffale risulta di 12 volte il prezzo originario.

Partire dal pane - cibo che è d'altra parte alla base di un argomento storicamente sensibile, e di cui le masse hanno sempre rivendicato abbondanza e accessibilità - per arrivare a capire cosa c'è dietro l'impennata del costo dell'alimento principe delle tavole di tutto il mondo. Quello che si sta delineando all'orizzonte da ormai qualche mese è un continuo e generalizzato aumento dei prezzi delle materie prime alimentari e non food; la chiamano inflazione, sembra che ci avremo a che fare per un altro po', almeno un anno e mezzo se non due.


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La ricaduta sui comparti del mondo produttivo si sta facendo sempre più evidente, in molti casi allarmante. Per quello che riguarda la catena produttiva agroalimentare, da più parti arrivano concreti segnali di allarme. La Cia-Agricoltori Italiani raccoglie testimonianze e racconta di un settore agricolo e zootecnico messi in ginocchio, la Coldiretti monitora, combatte le pratiche commerciali sleali, sottolinea la gravità della situazione portandola al grande pubblico con la narrazione del rincaro del "pane quotidiano", ci dice che a preoccupare sono le prossime semine con gli agricoltori costretti ad affrontare rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le attività di coltivazione, e che ad aumentare sono pure i costi per l'acquisto dei fertilizzanti, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando preoccupanti ritardi nelle consegne.


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La Fao lancia l'allarme dell'impennata dei prezzi mondiali delle materie prime alimentari. L'Indice Fao dei Prezzi Alimentari (Ffpi) ha registrato una media di 133,2 punti nell'ottobre 2021, con un aumento di 3,9 punti (3%) da settembre e 31,8 punti (31,3%) da ottobre 2020. Il dato rileva che dopo essere aumentato per tre mesi consecutivi, l'Ffpi a ottobre si è attestato al suo livello più alto da luglio 2011, e che l'ultimo aumento su base mensile è stato guidato principalmente dalla continua forza dei prezzi mondiali degli oli vegetali e dei cereali. 

Le ragioni che hanno contribuito a disegnare il preoccupante scenario nel quale il mondo produttivo agricolo sta muovendosi a fatica sono molteplici e diverse, mentre tristemente simili sono i loro risvolti negativi. Crisi economica dovuta all'emergenza sanitaria, successivo aumento della domanda nella fase post pandemica, effetti negativi della pandemia su logistica e trasporti, condizioni climatiche avverse, aumento di prezzi delle materie prime necessarie alla catena produttiva agroalimentare come carburanti, energia, fertilizzanti, mangimi, ma anche delle componenti meccaniche ed elettroniche per le macchine agricole, dei materiali per il confezionamento, ai quali vanno aggiunte le speculazioni del mercato.


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Questi alcuni dei fattori responsabili dell'attuale situazione gravosa per le aziende e per i consumatori finali. Certamente il comparto produttivo non potrà assorbire da solo il peso delle difficoltà e dei rincari, e inevitabilmente scaricherà parte delle incombenze sugli acquirenti finali del prodotto.

Ecco allora la mappa di alcuni dei comparti produttivi agricoli.


La produzione vitivinicola

Anche uno dei settori simbolo del made in Italy non è indenne dalla crisi derivante dalle carenze di riserve che generano aumenti dei prezzi di materie prime e trasporti. Le elaborazioni de Il Corriere Vinicolo, settimanale dell'Unione italiana vini (Uiv), forniscono un dato economico di inequivocabile significato: il conto complessivo dei rincari su materie prime, trasporti ed energia per il comparto vino ammonta a 800 milioni di euro e registra un rincaro dei costi che va dal 10 al 50%. Lo stallo determinato dall'effetto combinato del blocco produttivo causato dalla pandemia con la successiva ripresa della domanda, sta minando la solidità di molte aziende.

Così Paolo Castelletti, segretario generale dell'Uiv: "L'aumento dei costi industriali sta ridimensionando la ripresa economica del settore, minando la redditività delle imprese nonostante le buone performance delle vendite. Per evitare che questa stangata economica si traduca un gap di competitività sui mercati è importante quindi che la politica e le istituzioni continuino a stimolare gli investimenti e la promozione".

Il quadro dei rincari stilato da Il Corriere Vinicolo illustra un'impennata dei costi energetici che segna un +138% rispetto al 2020, una persistente crisi dei container sempre più rari che determina aumenti di costi e tempi di consegna, un aumento dei prezzi delle materie prime utilizzate dalla filiera viti enologica, con i manufatti in legno che registrano un +53%, seguiti da quelli in metallo con un +44%, carta +60% e vetro +20%. Nonostante la crescita dell'export che segna un +15,6% nel primo semestre, il settore mostra tutte le ferite provocate dal rincaro delle materie prime, da una vendemmia più povera del 9%, dal rincaro dei prezzi di uva e sfuso. Il rischio è che tutto ciò possa frenare la ripresa e generare ripercussioni importanti sui consumatori finali.


Il settore ortofrutticolo

Il mondo della produzione ortofrutticola risente del rincaro delle materie prime, del rincaro dell'energia e del rincaro della plastica necessaria agli imballaggi. L'incremento dei costi incide in modo importante su un comparto già provato dalle difficoltà produttive causate dal clima, dai problemi fitosanitari, dalle pressioni della grande distribuzione che spinge per effettuare sconti e promozioni al consumatore.

Secondo Davide Vernocchi, coordinatore del Settore Ortofrutticolo dell'Alleanza Cooperative Agroalimentari e presidente di Apo Conerpo, "le gelate primaverili per due anni di seguito, la cimice asiatica che dal 2019 flagella i nostri frutteti e il ritorno della maculatura bruna del pero, stanno impedendo ai frutticoltori di produrre in termini qualitativi e quantitativi adeguati. È a serio rischio la sopravvivenza di intere filiere cruciali per l'economia regionale. Ora rischia di abbattersi un colpo ulteriore, dovuto da un lato a un incremento importante di voci di spesa che, negli operatori, fanno pensare anche a manovre speculative sullo sfondo della pandemia; dall'altro alla difficoltà nel reperire materiali, attrezzature e forniture che arrivano sul mercato con il contagocce e con prezzi fuori da ogni logica".


Il settore zootecnico

Aumentano vertiginosamente anche i prezzi delle materie prime necessarie ai pasti dei capi di bestiame. Mais +50%, soia + 80%, ma anche orzo, frumento, paglia, di settimana in settimana registrano continui rialzi, facendo lievitare i costi di produzione legati all'alimentazione zootecnica e rendono poco remunerativa la produzione di carne di qualità controllata.

La preoccupazione è tanta tra gli allevatori di vacche da latte che subiscono i rincari dal dicembre scorso parallelamente a una contrazione del prezzo alla stalla. C'è chi opta per una modifica della razione, puntando anche sul trifoglio o l'erba medica dei vicini campi, sperando di non influire su qualità e volumi, e chi non cambia l'alimentazione del bestiame aspettando una tregua sui rincari delle materie prime.

La filiera avicola non è da meno. L’aumento dei prezzi delle materie prime agricole rischia di ricadere pesantemente sui 7.000 allevamenti e 38.500 allevatori professionali del sistema avicolo italiano. Nel settore avicolo, infatti, il costo della materia prima incide in maniera molto rilevante, fino al 65%, sul costo del prodotto non ancora trasformato, al quale si somma l’incremento dei costi dei trasporti, dell’energia e dei materiali da imballaggio.

 

Contoterzismo

I contoterzisti che forniscono servizi agromeccanici e tecnologici ad agricoltori terzi e hanno un ruolo fondamentale nel mondo produttivo agricolo, come ogni anno, a metà estate hanno depositato in Camera di Commercio i tariffari provinciali e regionali delle lavorazioni agromeccaniche al fine di garantire servizi di qualità nel rispetto dell'etica professionale. Le associazioni provinciali e regionali di contoterzisti aderenti all'Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici e Industriali (Uncai) hanno deciso di mantenere quasi ovunque i prezzi invariati rispetto al 2020, con qualche rincaro del 2-3% solo dove erano fermi da più di cinque anni. Questa decisione vede coesa la categoria nonostante i rincari nei prezzi delle materie prime.

Il presidente di Uncai Aproniano Tassinari ne dà spiegazione: "Mantenere le tariffe quasi identiche rispetto a un anno fa è stato uno sforzo per tutti i contoterzisti, alle prese in questi mesi con un incremento incontrollato del prezzo dei carburanti. Il momento economico è difficile per tutti gli operatori del settore e la categoria è consapevole di dover fare la sua parte per sostenere la ripresa economica del Paese". Di certo, in corrispondenza di un trend così marcato dell'andamento dei prezzi si potrà immaginare un adeguamento al rialzo anche nel mondo contoterzista.