Dopo l'uscita del nostro articolo sull'andamento dei prezzi del miele a settembre pubblicati da Ismea, ci sono state molte osservazioni e perplessità da parte di vari operatori del settore, che hanno ritenuto i dati pubblicati poco rispondenti alla realtà del mercato.

In generale l'obbiezione più frequente ha riguardato i dati relativi al non aumento o addirittura al calo dei prezzi, oltre che al prezzo alla produzione di alcune tipologie di miele.

Tra chi ha sollevato perplessità c'è anche Unionfood, una delle associazioni di categoria più rappresentative dell'agro alimentare italiano.


Così abbiamo intervistato Raffaele Terruzzi, che in Unionfood è il presidente del Gruppo Miele, per sentire quale è il punto di vista dell'associazione e quale la situazione da loro riscontrata sul mercato.

Presidente Terruzzi, secondo lei i dati pubblicati da Ismea e da noi riportati non sarebbero molto realistici, quali sono le incongruenze che rileva?
"Le fatture di acquisto del miele italiano, europeo ed extraeuropeo, ci dicono che i prezzi sono aumentati in maniera esponenziale sia a causa delle avversità climatiche, sia per il fatto che le piantumazioni botaniche non hanno più la capacità di produrre il nettare necessario al pascolo delle api.

Inoltre, per quanto riguarda il miele d'oltre oceano come per moltissimi altri prodotti e materie prime, si sta verificando un costo 'nolo mare' con una forbice di aumento molto elevata: sei mesi fa il nolo di un container da Singapore a Rotterdam costava 1200 dollari, oggi costa 13mila dollari".

Quale è la situazione di mercato che state riscontrando?
"La situazione del mercato è molto difficile e sono le aziende che confezionano il miele l'anello che sta soffrendo maggiormente di questa situazione. Quello che auspichiamo è di essere almeno ascoltati e di cominciare una trattativa con la Gdo e Do volta a redistribuire, almeno in parte, i costi che vanno sempre più aumentando. In caso ciò non dovesse accadere è evidente che parecchie aziende di miele rischiano di chiudere poiché non in grado di lavorare in perdita come sta succedendo tutt'ora".

In base a questa situazione quali sono attualmente i prezzi alla produzione delle principali tipologie di miele che trattate?
"I prezzi alla produzione sono diversi. I motivi di questi movimenti sono dovuti alle quantità prodotte e ai volumi venduti.

La produzione di miele di acacia in Italia è stata pari quasi allo zero, mentre il miele di agrumi è stato prodotto in misura limitata e si attesta a circa 6,00 euro più Iva come prezzo per partite all'ingrosso in barili. Il miele di tiglio e quello di castagno hanno prezzi simili a quelli degli agrumi mentre il miele di millefiori costa 5,50 euro più Iva. I mieli esteri europei sono saliti in modo esponenziale, ad esempio il millefiori è passato da 2,70 euro al kg a oltre 3,40 euro al kg, sempre in barili sempre più Iva".

E quale sarebbe secondo voi oggi un prezzo equo, cioè sostenibile per i produttori, i commercianti e i consumatori, per le principali tipologie di miele?
"A questa quarta domanda non possiamo rispondere in primo luogo perché come associazione di categoria non ci è permesso indicare prezzi e in secondo luogo perché il prezzo lo fa la quantità prodotta e la richiesta conseguente e ciò varia continuamente".

Voi riscontrate anche una difficoltà sempre a piazzare il miele nella grande distribuzione e in effetti il miele dagli scaffali dei supermercati sta calando sia in termini di quantità che di varietà, come mai secondo lei?
"Come già detto in precedenza alcune dinamiche e alcuni atteggiamenti della Gdo e della Do non agevolano il consumatore".

Ultimamente è stato rilevato anche un calo delle importazioni del miele estero, nonostante la scarsa produzione nazionale di quest'anno, è segno che il mercato del miele vive un momento di calo generalizzato di consumi?
"Il miele estero continua a supplire alla parte nazionale mancante. Ricordiamoci che fino a pochi mesi fa tutti eravamo in lockdown, quindi il minor consumo era dovuto ad una grande difficoltà di approvvigionamento da parte del consumatore. Non ci risulta tuttavia, che il consumo pro capite sia calato, poiché alla fine del lockdown ristretto, la gente ha ripreso a consumare il miele come in precedenza".

La domanda da parte dei consumatori di miele secondo i vostri dati sta aumentando o calando? O sono gli acquisti che si sta orientando verso altri canali di vendita, come botteghe, vendita diretta, vendite online?
"La domanda dei consumatori è costante e per noi è essenziale non far mancare il miele sui banchi o sugli scaffali. Negozi, mercati rionali e Gdo hanno la loro tipologia di clienti abbastanza standardizzata. La vendita online del miele non funziona: la gente vuole vederlo, spesso vuole chiedere consigli, ama prendere il vasetto in mano per leggere l'etichetta prima di acquistarlo. Il miele è un prodotto che ha un'etichetta molto chiara ed esaustiva e la gente la vuole leggere".

Il Gruppo Miele di Unionfood come si pone di fronte a questa situazione e come pensa di rilanciare il prodotto miele in generale e il miele italiano in particolare?
"Il Gruppo Miele di Unione Italiana Food sta facendo di tutto per sostenere il prodotto e le aziende, sia con azioni media volte ad alzare l'attenzione sul settore, sia con un dialogo sul fronte politico volto a riportare serenità nelle trattative tra chi compra e chi vende. Non è una situazione semplice e molte parti devono collaborare, speriamo che questo accada nel modo più rapido possibile per recuperare quanto perso finora".


Questo articolo è stato modificato dopo la pubblicazione in una parte riguardante una domanda relativa all'andamento dei prezzi