Una lama tagliente si aggira tra le campagne del Mezzogiorno: quella dell'inflazione da costi, in grado di falciare sin da oggi gli utili delle aziende agricole, già chiamate a fare i conti con i futuri tagli della Pac attesi a partire dall'ormai non lontano 2023. Un problema per tutta l'agricoltura italiana, ma che rischia di avere ricadute peggiori lì dove i redditi agricoli sono già più bassi, per via del sottodimensionamento delle imprese agricole. L'allarme è stato lanciato dalle organizzazioni agricole: perché non sempre le aziende agricole possono trasferire gli aumenti dei costi delle materie prime sui prezzi di vendita dei propri prodotti.

 

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Cia Campania, serve un tavolo di crisi sui prezzi

A Napoli, dopo un confronto aperto in occasione al Tavolo Verde dell'Assessorato all'Agricoltura della Regione Campania guidato da Nicola Caputo, la Cia Campania fa sapere che "ritiene necessario un intervento utile a calmierare la bolla speculativa innescata dall'aumento del gas, quindi del carburante". Perché "l'aumento del costo delle materie prime, tra cui concime, mangime e sementi, ha fatto registrare un aumento del prezzo del pane (fino a 0,60 centesimi al chilogrammo), e di tutti i prodotti di prima necessità, incontrando il malumore della piccola e media distribuzione, oltre che dei consumatori".

"Abbiamo bisogno di aprire un tavolo di crisi per adottare un riferimento di regolazione dei prezzi e mettere in campo misure di mitigazione della speculazione" spiega il presidente di Cia Campania, Alessandro Mastrocinque. "Oltre all'impennata dei prezzi delle materie prime su cui Cia Campania si è pronunciata da tempo, oggi ci troviamo a dover fronteggiare l'aumento delle bollette, che penalizza ulteriormente le imprese a elevata meccanizzazione. Si tratta di un vero e proprio controsenso rispetto al pressing sulla digitalizzazione, che rischia d'indebolire un tessuto produttivo già messo a dura prova dai cambiamenti climatici e dalle crisi del pomodoro e della nocciola. Non possiamo più attendere, è il momento di agire".

 

Coldiretti Calabria, futuro a rischio

Campi e stalle fanno i conti con l'impennata dei costi di produzione in agricoltura per effetto dei rincari delle materie prime che fanno quasi raddoppiare la spesa per le semine: lo sottolinea Coldiretti Calabria, che lancia l'allarme per la tenuta dei bilanci delle aziende e per le forniture alimentari in settori deficitari, dal grano alla carne fino al latte.

"Con l'avvio delle operazioni colturali autunnali
- sottolinea la Coldiretti - gli agricoltori sono costretti ad affrontare rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le operazioni di estirpatura, rullatura, semina e concimazione".

Il rincaro dei costi energetici - ribadisce la Coldiretti - riguarda anche il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi, ma ad aumentare sono pure i costi per l'acquisto dei fertilizzanti, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne.

Senza dimenticare gli imballaggi, dalla plastica all'acciaio, dal vetro fino al legno e alla carta con aumenti dei listini che - continua la Coldiretti - incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi fino ai vasetti per i fiori.

"In gioco c'è il futuro dell'agricoltura" spiega il presidente della Coldiretti Calabria Franco Aceto, nel sottolineare che l'impennata dei costi si verifica "in una situazione in cui con la pandemia da covid-19 si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza che spinge la corsa ai beni essenziali per conquistare l'autosufficienza produttiva nei settori strategici per garantire l'alimentazione della popolazione".