Le piante che vegetano nei vari ambienti sono spesso definite con termini italiani, ma ancor più frequentemente con termini dialettali, che possono variare da paese a paese se non addirittura da frazione a frazione. E allora come facciamo a capirci? Ci avevano già pensato i dotti molto tempo fa, quando scelsero il latino, per identificare le varie forme di vita di animali e vegetali allora conosciute sulla faccia della terra, in modo che ogni specie fosse riconosciuta in modo univoco e chiaro a livello universale.

Considerata l'enorme varietà di organismi che popolano il pianeta Terra, è necessario dunque mettere un po' d'ordine, in quanto la maggior parte della gente ha una conoscenza molto limitata del mondo naturale, spesso è interessata solo agli organismi che la riguardano da vicino. Per esempio, i mandriani argentini delle Pampas, i gauchos, utilizzano duecento nomi diversi per indicare i colori dei mantelli dei cavalli, di cui sono esperti allevatori, ma sono soliti suddividere le piante in soli quattro gruppi in base al loro utilizzo: "pasto" (foraggio), "paja" (paglia della lettiera), "cardo" (legno), "yuyos" (qualsiasi altra pianta).

La classificazione delle piante è il compito della botanica sistematica. La trattazione delle piante, antica quanto l'uomo, fu inizialmente orientata esclusivamente ad usi pratici, utili alla vita quotidiana dell'uomo, medicinali o magico religiosi. In Cina sono state ritrovate riproduzioni di piante medicinali che risalgono a circa 7mila anni fa; su tombe egizie di 4mila anni or sono sono raffigurate erbe. Dalle primitive settanta specie descritte negli antichi libri ebraici, si passa alle duecento-trecento dei botanici medici dell'antica Grecia, alle 350 dell'Etruria, alle cinquecento degli scrittori agresti latini (Varrone, Virgilio, Columella) alle ottocento riportate da Plinio il Vecchio.

Verso il Mille, grazie alla fiorente scuola araba e all'interessamento degli ordini monastici, lo studio delle piante trova nuovo vigore e così si perviene ai grandi botanici del Cinquecento, con alla testa Luca Ghini, romagnolo della prima metà del Cinquecento, costitutore di erbari, Pier Andrea Mattioli di Siena, Andrea Cesalpino di Arezzo, che fu direttore dell'Orto Botanico di Pisa, naturalista e medico, fondatore della botanica sistematica modernamente strutturata (classificò le piante in alberi, suffrutici ed erbe).

I precursori della botanica tedesca, svizzera e francese portarono al gigante codificatore della materia, il naturalista svedese Carl Von Linné, detto Linneo (1707-1778): partendo dalla nomenclatura binomia ideata dai fratelli Gaspare e Giovanni Bahuin, basata sull'identificazione di ogni forma vivente con due nomi latini, indicanti il genere e la specie, Linneo costruì il suo Systema naturae aprendo così la strada al decisivo progresso della sistematica, sia botanica che zoologica.

Successivamente, altri studiosi (Bernardo di Jussieu, il nipote Antonio Lorenzo di Jussieu, De Candolle) integrarono e modificarono il sistema, alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche nel frattempo maturate.

Viene comunque confermata la nomenclatura binomia.
Il genere è il raggruppamento di un certo numero di specie tra loro rassomiglianti, cioè fra di loro collegate dall'affinità di determinati caratteri.
La specie raggruppa individui molto simili e interfecondi fra di loro.

Frequentemente, si ritrova un altro nome che indica la cultivar (riferito a piante coltivate) o la varietà (in particolare per le piante ornamentali), i cui individui si distinguono per certe particolari caratteristiche.

La lingua utilizzata è il latino perché nei secoli scorsi era la lingua impiegata dai dotti e dagli studiosi e tale è rimasta dal punto di vista scientifico.
Frequentemente i nomi scientifici delle piante riportano l'indicazione di un uomo illustre, di studioso o di esploratore o di località geografica, o semplicemente danno un'idea relativa all'uso che si può fare della pianta stessa. Ciò rende più facile memorizzare i nomi stessi.

Ginkgo biloba
Ginkgo biloba (Foto di archivio)
(Fonte foto: © Zoltan - Adobe Stock)

Vediamo alcuni esempi:

Fagus sylvatica atropurpurea: il nome varietale indica il colore rosso del fogliame.

Liriodendron tulipifera: il fiore ricorda quello del tulipano.

Sequoia sempervirens: all'inizio del diciannovesimo secolo, man mano che, negli Stati Uniti, i pionieri si spostavano verso Ovest, un indiano della tribù Cherokee, di nome Sequo-yah, intuì che il suo popolo non poteva sperare di conservare la propria indipendenza, a meno che non sviluppasse un alfabeto scritto: fu esattamente quello che fece, attingendo dall'inglese, dal greco e dall'ebraico, creando un alfabeto in uso ancora oggi. Si diede dunque il suo nome all'albero più maestoso della sua zona (e del mondo).

Pseudotsuga douglasii: dal nome del collezionista di piante David Douglas che nel 1827 introdusse i semi in Europa.

Populus tremula: così definito perché il picciolo delle foglie, molto appiattito, fa sì che queste si muovano anche con un minimo moto dell'aria.

Buddleja davidii: così denominata in onore del padre Gesuita David che viaggiò molto in Cina, coniugando l'attività pastorale a quella di altrettanto fervente botanico.

Ginkgo biloba: dalla tipica rientranza mediana del lembo fogliare che origina due lobi, conferendo alle foglie la tipica forma a ventaglio o flabello.

Quercus rubra: dalla tipica colorazione che assumono le foglie nella stagione autunnale.

Foglie di Quercus rubra
Foglie di Quercus rubra in autunno (Foto di archivio)
(Fonte foto: © Iarygin Andrii - Adobe Stock)

Aesculus hippocastanum: il nome specifico deriva dall'usanza, diffusa un tempo in Turchia, di curare con i frutti - castagne d'India - macinati i cavalli con difficoltà di respirazione.

Sambucus nigra: dalla colorazione assunta dalle bacche mature.

Prunus avium: ciliegio; il nome specifico indica che la pianta è frequentata dall'avifauna, infatti gli uccelli sono attratti dal colore e dal gusto delle rosse ciliegie.

Acer saccharinum: acero di origine americana, da tempo naturalizzato in Europa. Produce una linfa così ricca di zucchero che nell'America settentrionale, suo luogo di origine, viene sfruttato commercialmente per produrre, con incisioni annuali, sia uno sciroppo che zucchero raffinato.

Platanus acerifolia: platano; la foglia ricorda quella dell'acero di monte, detto a sua volta Acer pseudoplatanus.

Sorbus torminalis: sorbo; rosacea arborea, i cui frutti, di sapore acidulo, un tempo venivano somministrati a chi era affetto da coliche e dissenteria; infatti il nome latino della specie, torminalis, deriva da tormina che in latino, appunto, significa colica, a conferma dell'impiego che se ne faceva.

Quercus pubescens: roverella; il nome specifico sta ad indicare la tipica tomentosità della pagina inferiore delle foglie, dovuta ad una fitta e diffusa peluria bianca.

Sorbus aucuparia: sorbo degli uccellatori; le meline colorate e gustose che produce questa rosacea arborea sono un ghiotto alimento per gli uccelli; il nome della specie aucuparia deriva dal latino aucupatorius (che serve cioè per la cattura degli uccelli).

Larix decidua: larice europeo; è l'unica conifera autoctona che perde le foglie nel periodo autunnale; il nome specifico indica chiaramente che si tratta di una specie a foglia caduca.

Pinus silvestris: pino silvestre; il nome specifico sta ad indicare la notevole diffusione nelle silvae (foreste, boschi) delle Alpi.

Papaver rhaeticum: papavero retico; specie originaria della Rezia (Raetia), antica regione corrispondente all'attuale Svizzera; pianta tipica dei ghiaioni calcarei e dolomitici.

Capsella bursa pastoris: borsa del pastore; comunissima pianta erbacea, è così definita a motivo della somiglianza dell'involucro dei semi con il tipo di borsa in pelle che i pastori portavano nei campi con le loro vettovaglie.

Nasturtium officinale: crescione; pianta erbacea, ricca di vitamina C, commestibile. Il termine officinale, molto usato come nome specifico, indica che la pianta ha una qualche utilità per l'uomo.

Saponaria officinalis: saponaria; pianta erbacea molto diffusa, da cui si estraeva la saponina previa frantumazione e bollitura in acqua, utilizzata per lavare la lana; per questo motivo fu coltivata intensivamente nei pressi dei lanifici inglesi, attivissimi sin dal medioevo.

Trifolium repens: trifoglio bianco; i fusti striscianti, come indica il nome specifico, radicano man mano che avanzano.

A cura di Alberto Vanzo, Delegazione Piemonte e Valle d'Aosta, Associazione Pubblici Giardini

Footer Pubblici Giardini
Visita il sito - Scopri le Delegazioni regionali
Pagina Facebook - Gruppo Pubblici Giardini Facebook
info@pubblicigiardini.it

Questo articolo fa parte delle collezioni: