L'Accademia dei Georgofili riporta al centro il tema della food security, il diritto al cibo e all'alimentazione, tre elementi che si traducono e si riconducono innanzitutto nella sicurezza alimentare, aspetto che in passato era stato accantonato vuoi per la disponibilità di cibo crescente (sicuramente nel mondo occidentale, ma anche, seppure in minore quantità e/o con maggiore difficoltà di accesso, nei Paesi in via di sviluppo, con la conseguenza di una diminuzione della fame), vuoi per una globalizzazione sempre più spinta e vuoi, ancora, per il sopravvento delle politiche ambientali che, improvvidamente, hanno assunto lo stesso peso delle strategie politiche legate alla produzione e all'approvvigionamento.

Questione di immagine, comunicazione, storytelling, chi lo sa. Fatto sta che la questione ambientale ha preso il centro della scena, relegando il tema delle produzioni, della produttività e della disponibilità di cibo in secondo piano.

La pandemia che ha messo in ginocchio il mondo negli ultimi venti mesi ha riportato l'attenzione sulla food security, argomento al centro di un approfondimento da parte dell'Accademia dei Georgofili, nel corso di un ciclo di eventi che hanno precorso il G20 dell'Agricoltura di Firenze (iniziato oggi, 17 settembre 2021).
Ad aprire i lavori, il professore Ferdinando Albisinni, ordinario di Diritto agrario all'Università della Tuscia, che ricorda come ancora nel 2019 la Commissione Europea con riferimento al Green deal e alla Politica agricola comune, avesse omesso - probabilmente dandolo per scontato - il tema della food security, aspetto ritornato in àuge, anche nelle declinazioni di food sovranity, dopo la crisi del covid-19.
"Con la globalizzazione si pensava evidentemente che la food security non riguardasse più alcune aree del Pianeta - spiega il professore Albisinni - mentre l'incertezza causata dalla pandemia ha abbracciato non solo la questione degli apparati medicali come le mascherine, ma anche il cibo".
Un'incertezza che ha innescato la corsa alle scorte strategiche e che ha acceso i riflettori su "concetti che sembravano relegati ai Paesi poveri come la food sovranity, cioè la sovranità del cibo, aspetto diverso dal sovranismo, del quale ha parlato anche la Francia", ricorda Albisinni.

Il tema che l'Accademia dei Georgofili affronta e pone all'attenzione dei grandi del G20 dell'Agricoltura è legato all'approvvigionamento e alla possibilità che il "cigno nero" si palesi anche nel settore agricolo, non soltanto nella finanza.

Ne parla un giurista raffinatissimo come il professore Luigi Costato, emerito di Diritto agrario all'Università di Ferrara con un lungo corso anche da imprenditore e trader nel settore cerealicolo. Gli esempi non mancano. Fra quelli citati dal professore Costato, naturalmente la pandemia, con in qualche caso le tensioni e le speculazioni innescate dall'assalto agli scaffali nella distribuzione, ma anche recentissimamente, "i cambiamenti climatici che nel corso dell'estate hanno compromesso i raccolti di grano duro in Canada e che stanno infiammando i listini: un fenomeno non previsto".

Più indietro nel tempo, nel 1974 la decisione dell'allora presidente americano Nixon di esportare grano in Russia come soluzione a cavallo fra l'operazione diplomatica e quella commerciale, che ebbe l'effetto di far schizzare anche di 50 dollari alla tonnellata la quotazione del frumento in un solo giorno, ricorda il professore Costato.
"Nel 2010, una serie di incendi in Russia misero a rischio le produzioni di grano" prosegue Costato. "La diminuzione delle esportazioni russe, in particolare verso il Nord Africa, innescò tensioni sul prezzo del pane che sfociarono nella Primavera Araba. Quelle rivolte non furono, almeno inizialmente, provocate dal desiderio di democrazia, ma nascevano da un tema di natura economica".

Mercati agricoli e alimentari "tranquilli", in effetti, sono necessari per evitare azioni sovversive e proteste di piazza. La rivoluzione, diceva Mao, non è un pranzo di gala. E non si fa, naturalmente, con la pancia piena. Lo sa bene anche la Cina di Xi Jinping, che mostra grande attenzione all'agricoltura. Non soltanto perché oggi detiene buona parte delle scorte strategiche di cereali e semi oleosi e importa a ritmi sostenuti (o almeno lo ha fatto fino a poco fa) carni suine e prodotti lattiero caseari.

Ecco che "le politiche agricole fanno sempre un grande debutto come il primo documento legale emesso dal Partito Comunista Cinese da molti anni. Il minimo di 300 milioni di acri di terra arabile è una linea rossa che qualsiasi governo locale non può rompere per qualunque ragione, anche se la popolazione è in declino" rende noto Edison Tang dell'Università di Shanghai, parlando della politica agricola del XXI secolo in Cina. "La riforma orientata al mercato è la sfida più grande per il passaggio da un sistema di pianificazione antico a uno moderno orientato al mercato. Il governo statale si impegna a fondo per combinare i mercati locali segmentati in un mercato uniforme e nazionale e incoraggiare il commercio internazionale a mantenere la sua promessa quando è un attore del Wto".

E nella nuova era, la politica cinese è progettata "per proteggere il reddito rurale, la sicurezza alimentare e la sostenibilità agricola". Ciò significa che devono essere garantiti alcuni aspetti, quali "la sicurezza e la qualità dei prodotti agricoli, che necessita di un team competente e cooperativo, monitoraggio e valutazione continui dei prodotti, prodotti di lavoro accademici e pratici di alta qualità e un visibile miglioramento della sicurezza e della gestione della qualità".

In tutto ciò, che cosa dovrebbe fare l'Unione europea, tenuto conto che nel dicembre 2020, dopo nove mesi di allarme, il concetto di food security è ricomparso all'interno dei documenti ufficiali della Commissione.

Una proposta arriva dal professore Costato, secondo il quale "occorre mettere in atto una vera politica di food security, perché una potenza come l'Unione europea deve avere la propria sovranità alimentare. Servono strategie condivise, linee comuni, politiche coese", magari anche con la volontà di armonizzare nuovi aspetti della vita comunitaria (politica fiscale, lavoro, ecc.). "Quale che sia la soluzione per rendere più sicuro l'approvvigionamento dell'Ue - conclude - servono strutture di agricoltori per concentrare l'offerta". Ma soprattutto, la consapevolezza che "cambiamenti climatici o eventi disastrosi non sono eventi impossibili e la sicurezza alimentare è una priorità assoluta".