Oggi, in vari ambiti della vita, del lavoro, della scuola, si vive nel "terrore" della sicurezza, quasi che questa fatidica parola volesse dire solo ed unicamente "pariamoci le spalle" e non, come dovrebbe essere: "facciamo le cose che dobbiamo fare, con attenzione, senza farci male".

La questione sicurezza non deve essere vissuta all'insegna di una paralizzante paura ma di una positiva consapevolezza, che induca a fare certe cose, ad adottare determinati comportamenti, per lavorare, studiare, giocare, imparare a vivere "senza farsi male". Bisogna saper leggere e conoscere l'ambiente in cui si vive la quotidianità, imparando anche a conoscere i pericoli che si incontrano in quel determinato ambiente, perché il cardine della sicurezza sta tutto in una frasetta corta corta: se il rischio è noto, lo evito.

Ecco allora che un atteggiamento di attenzione a cosa faccio, a dove metto mani e piedi, ad esplorare con la dovuta prudenza luoghi nuovi, a saggiare i materiali che si rinvengono in quell'ambiente, ad utilizzare in modo corretto un'attrezzatura ludica o uno strumento di lavoro, aiuta a vivere serenamente, pur soddisfacendo la nostra curiosità.

L'approccio non ansioso all'aspetto della sicurezza, che ci permette di affrontare e risolvere una miriade di problemini o problemoni, non deve vederci catapultati per forza in un'aula di tribunale a dover rispondere ad un giudice severo, altrimenti si corre il rischio di trasmettere ansia e incertezza ai nostri bimbi che invece vanno a scuola per imparare a vivere e a camminare nella vita con le proprie gambe, oltre che, ovviamente, per imparare a leggere, scrivere e far di conto.
  L'osservazione attenta e puntuale del mondo che ci circonda è il punto di partenza per maturare in modo corretto la consapevolezza della sicurezza.
Certamente camminando nel bosco incontro rami caduti a terra, radici affioranti, muschio umido e scivoloso, quindi non dovrei mai entrare in un bosco? Nel bosco si va, ma non certo con le scarpe da ginnastica, ma con un bel paio di scarponcini alti, impermeabili all'acqua, con una bella suola tipo carrarmato e non guasta mai mettere nello zainetto un kway in caso di pioggia o semplicemente di vegetazione molto bagnata.
Se a scuola devo spostare materiale vario per realizzare l'orto, mi procurerò un bel paio di guanti in pelle in modo da non ferirmi le mani, ma nel momento in cui devo mettere a dimora ortaggi, piantine da fiore o bulbi in un terriccio pulito e ben vagliato, mi tolgo i guanti, altrimenti non potrei avere il contatto tra pelle e terra e sviluppare in modo corretto la mia sensorialità.

La normativa sulla sicurezza, riordinata nel nuovo Testo unico, decreto legislativo n 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni, insiste su alcuni concetti cardine, certamente non nuovi, che devono tradursi in prassi quotidiana: formazione, informazione, addestramento, consultazione e partecipazione. Ma si sa che le leggi riportano un linguaggio asettico, privo di cuore, perché tale è la natura della materia giuridica. Ma bisogna andare oltre e rispolverare due principi fondamentali, validi in tutti gli ambiti di vita, lavoro e scuola: sensibilizzazione ed esempio. Specialmente quando si svolge un ruolo educativo e si ha a che fare con bambini, ragazzi e giovani, non si può e non si deve barare, perché le "giovani leve" sono bravissime nel fare la "radiografia" a noi adulti e non amano certo essere presi in giro. I fatti contano più delle parole: lo verifichiamo nella vita di tutti i giorni, perché in genere ci fidiamo di chi fa, e non di chi dice che avrebbe fatto o farà. Questo anche perché il prodotto dell'uomo (comportamenti e atteggiamenti inclusi) non dobbiamo interpretarlo, la traduzione ci viene dall'anima, da quello che sentiamo davanti a una disposizione d'animo, ad un gesto, ad un'espressione.

L'educazione alla sicurezza è un campo d'azione che non ha limiti, perché partendo dalla gestione della sicurezza a scuola e a casa, si può arrivare ai confini del mondo, passando dal più facilmente percepibile (ad esempio la sicurezza sulla strada, nel parco, in auto) a situazioni di più ampio respiro (come in montagna, al mare, nel bosco, sul campo sportivo, in palestra, in aereo).

Spesso, quando si parla di sicurezza ci si ferma alle attrezzature, agli strumenti di lavoro, ai dispositivi di protezione individuale (come guanti, caschi, scarpe) o ad impianti elettrici con salvavita o a frullatori con tanto di marchio Ce, eccetera, tutto giusto. Ma non basta. Spesso la sicurezza si può perseguire sul fronte organizzativo e procedurale, che consiste nell'usare il buon senso unitamente all'esperienza, per organizzare meglio le nostre attività, concentrando ad esempio una serie di operazioni in un certo luogo e in un certo tempo, modificando un programma di attività, utilizzando in modo diverso i locali o il giardino della scuola.
L'attenzione alla sicurezza, inoltre, favorisce l'interdisciplinarietà, perché concentra tutta una serie di attenzioni, di azioni e comportamenti verso il raggiungimento di un obiettivo comune, che a scuola consiste nell'imparare, possibilmente divertendosi, in modo sereno, riconoscendo in modo consapevole i vari ostacoli che si incontrano nel cammino educativo.

E allora è opportuno imparare a distinguere il pericolo vero dal falso pericolo.
 

Pericoli veri

A titolo di esempio, si possono elencare una serie di pericoli da ben conoscere per aggirare l'ostacolo:
  • la recinzione rustica in legno posta a delimitazione dell'orto didattico che non è ben stabilizzata, per cui può cadere, i pali di legno non opportunamente piallati, per cui presentano schegge che possono infilarsi nelle mani;
  • le precarie condizioni fitosanitarie e statiche degli alberi della scuola, che possono pregiudicare la loro stabilità (specialmente se si vedono funghi a mensola sul tronco o alla base) o recare disturbi fastidiosi, ad esempio per la presenza di larve di lepidotteri defogliatori, che divorano le foglie delle piante e sono rivestite di peli urticanti, che possono causare irritazioni cutanee anche di una certa gravità;
  • ristagni di acqua nei sottovasi, nei copertoni pitturati sistemati nelle aree verdi scolastiche o nelle pozzanghere, dove prolifera facilmente la zanzara tigre, che punge di giorno e risulta moto fastidiosa; si può ovviare eliminando i ristagni di acqua, dove possibile, o semplicemente spargendo del Bacillus thuringiensis (batterio innocuo per l'uomo e per gli animali a sangue caldo), gran divoratore di uova e larve di zanzare;
  • presenza di piante velenose e spinose: il vero problema è conoscerle per evitarle, anche perché alcune di queste piante sono molo belle e i bambini sono stimolati a toccarle. Innanzi tutto bisogna spiegare ai bambini che le piante velenose non sono per questo "cattive", ma da quello che per noi è velenoso spesso si estraggono sostanze che, usate in un certo modo da bravi farmacisti, servono per preparare medicine, sieri antiofidici, eccetera per curare le malattie dell'uomo; le spine sono anche una forma di difesa delle piante contro le aggressioni esterne. E allora perché non destinare una porzione del giardino della scuola per realizzare un'aiuola che ospiti piante spinose e velenose, naturalmente opportunamente delimitata? Solo così i bambini possono capire, ad esempio, la differenza fra l'infiorescenza bianca e profumata della robinia (pure buona da mangiare se la mamma la cucina in pastella) e l'infiorescenza gialla molto simile del maggiociondolo, che invece è una pianta velenosissima; se i bambini sanno benissimo che la rosa ha le spine, perché la regalano per la festa della mamma, forse non si rendono conto che il Berberis, arbusto ornamentale, ha spine sottilissime, molto rigide e appuntite che se si infilano sotto pelle fanno veramente male; ancora, i bimbi sono sicuramente attratti dalle pseudobacche rosse del Taxus baccata, che ricoprono i soggetti femminili, rendendoli particolarmente belli: il rivestimento rosso (arillo) è pure buono da mangiare perché molto dolce, ma racchiude un seme velenosissimo, tanto che il tasso si definisce anche "albero della morte"; la digitale (Digitalis purpurea) produce fiori molto belli, colorati di rosa o di bianco, che sembrano delle piccole campane rovesciate, ma sono molto velenosi (ma altrettanto utili nella farmacopea); il romantico mughetto (Convallaria majalis) contiene circa venti sostanze tossiche, pur essendo una pianticella bellissima, che adorna i mazzi di fiori delle spose; la comune fava, ottimo ortaggio non si può coltivare nell'orto didattico se in quella scuola vi sono bambini affetti da favismo, per cui rischiano uno shock anafilattico anche solo al contatto con la pianta e il suo polline.
Questo unicamente per citare alcuni esempi.
 
I semi del tasso comune sono velenosi
I semi all'interno delle pseudobacche rosse del Taxus baccata, tasso comune, sono velenosissimi (Foto di archivio)
(Fonte foto: © Golden_hind - Adobe Stock)
 

Falsi pericoli

Esaminiamo ora ciò che spesso viene considerato un pericolo, ma in realtà con un po' di attenzione lo si può evitare:
  • le radici affioranti degli alberi: da che mondo è mondo, le piante hanno le radici, che servono sia per ancorarle bene al terreno, sia per assumere dal terreno stesso l'acqua e i sali minerali indispensabili al loro nutrimento; gli alberi, evidentemente, hanno radici più grosse, che si dipartono dal colletto, che è la base del tronco, per approfondirsi nel terreno e "tenere in piedi" l'albero. C'è chi vede in queste radici un ostacolo insormontabile, cagione di chissà quali incidenti e traumi; ma le tanto incriminate radici "si vedono", si sa che servono a qualcosa, e allora facciamo attenzione a dove mettiamo i piedini, diversamente conviene abbattere tutti gli alberi della scuola (salvo partecipare poi alla prima manifestazione ecologista che viene promossa nel circondario) e mettere piante di plastica, che sono sempre verdi e colorate (anche in inverno), si possono lavare alla bisogna, non perdono le foglie, altro grosso problema, perché formano un tappeto scivoloso, in attesa della loro rimozione;
  • la buca nel giardino: può rappresentare un potenziale pericolo, ma se sappiamo che c'è, in attesa che venga colmata, può diventare un luogo dell'avventura, una tana immaginaria per il folletto inventato dai bambini, un luogo dove riporre dei giochi;
  • lo stagno è bello, ma "pericoloso", perché se ci cado dentro posso annegare e poi ci sono le zanzare che pungono; lo stagno può anche essere delimitato, ma è anche vero che posso avvicinarmi ad esso per osservarlo attentamente, visto che è un mondo di vita, senza finirci per forza dentro e le zanzare si possono tenere a freno con il Bacillus thuringensis, prima menzionato o immettendo nello stagno dei piccolissimi pesci del genere Gambusia, voracissimi di uova e larve di zanzare;
  • l'erba alta: si verifica che non sempre il Comune, a causa delle ristrettezze di bilancio, possa sfalciare l'erba nelle scuole con la necessaria tempestività; ma l'erba alta, ricca di piante e fiori diversi, è lo specchio della biodiversità, aspetto che ci vede tutti compatti per la sua difesa e la sopravvivenza dell'umanità; cominciamo ad apprezzare la biodiversità che ci offre un semplice prato.
Anche in questo caso si tratta solo di alcuni esempi di quotidiana esperienza.
 

E che dire delle aree destinate al gioco?

Diciamo subito che tutti i giochi che vengono posizionati nei giardini didattici, come nei giardini pubblici, devono rispondere a tutte le vigenti normative in materia di sicurezza.
In merito alla sicurezza intrinseca alle singole attrezzature ludiche, è il costruttore che vi deve pensare e che deve fornire un'attrezzatura adeguata in base alla norma Uni-En 1176 del 1997, aggiornata nel 2018, che fornisce indicazioni costruttive per le varie componenti delle attrezzature ludiche (ad esempio seggiolini e catene, altalene, molloni, bilici, giostrine).

Per le operazioni di installazione dei giochi, bisogna seguire i criteri della norma Uni-En 1177, aggiornata nel 2019, che fornisce precisazioni e prescrizioni in merito all'utilizzo di adeguate pavimentazioni antitrauma per attutire eventuali cadute dall'alto; oggi si dispone di una gamma di pavimentazioni colorate, da colare sul posto, che costituiscono anch'esse fonte di arredo e gioco per i bambini.

Ma per far ben capire ai progettisti l'importanza dell'impostazione complessiva dell'area gioco, la Comunità europea ha emanato la norma Uni-En 11123 del 2004, che fornisce tutta una serie di indicazioni relative alla segnaletica, all'accessibilità dell'area gioco, all'arredo verde circostante, con funzione sia schermante che didattica, alla presenza di acqua potabile, di spazi per attività di gruppo e incontri all'aperto.

Ma nulla vieta di inventarsi l'area gioco utilizzando elementi naturali (o di recupero): pietra, legno, piante, mattoni… sistemati secondo una logica di educazione al rischio e di percorso di apprendimento. In tal caso non si va certo alla ricerca del gioco certificato, perché si cerca di costruirlo in loco, trovando spunti e motivi di creatività in ciò che ci circonda, senza preoccuparci più di tanto se i bimbi inciampano su un tronchetto o scivolano camminando su una pietra. Lasciamo libera l'espressione della creatività e della fantasia, per non perdere, da adulti, la dimensione ludica della vita.

In conclusione, fare sicurezza può anche essere un modo per giocare, per impostare un laboratorio dove, partendo dai quattro elementi fondamentali della natura, acqua, terra, aria, fuoco, gli stessi vengono esaminati sotto il duplice aspetto della loro utilità e della loro dannosità, e si costruisce allora un percorso, si inventano dei personaggi, si va in giro ad osservare i quattro elementi dal vivo, nel bene e nel male, si maturano delle consapevolezze, superando le paure, si impara insomma a crescere in modo equilibrato, per affrontare serenamente la vita.
 
Alberto Vanzo
Delegazione Piemonte e Valle d'Aosta
Associazione Pubblici Giardini

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