Il rilancio della pera è partito: è nata Unapera. Alla società consortile, costituita lo scorso 29 luglio a Ferrara, partecipano 13 organizzazioni di produttori e 12 non Op, per un totale di 25 imprese che rappresentano più del 70% delle pere commercializzate sul mercato italiano nell'ultimo triennio e oltre il 55% dell'export nazionale.

Il progetto si occuperà dello sviluppo della qualità delle pere dei soci grazie alla definizione di standard comuni e a un controllo collettivo che consenta l'immissione sul mercato gestita da Unapera; la vendita resterà in capo alle imprese socie.

Oltre all'incremento della qualità dell'offerta pericola, il progetto intende riconquistare i consumatori e tornare a dare redditività ai produttori. La territorialità ha un ruolo centrale: la produzione della Pera dell'Emilia-Romagna Igp sarà sviluppata fino a raggiungere, nei prossimi tre anni, il 35% della superficie dell'area di riferimento.

Le imprese che hanno fondato Unapera sono: Afe, Unacoa, Apo Conerpo, Apofruit Italia, Bergonzoni, Alegra, Biop, Cico, Mazzoni, Cipof, Consorzio Frutteto, Ceor, EurOpFruit, Gobbi Dino, Granfrutta Zani, La Buona Frutta, Minguzzi, Op Costea, Coferasta, Op Kiwi Sole, Spreafico, Opera, Natura Italia, Origine Group, Orogel.

Paolo Bruni, ricordando l'incontro dell'8 luglio 2020 al Cso con il presidente Stefano Bonaccini e l'assessore Alessio Mammi sui problemi del comparto pere, come cimice asiatica, maculatura bruna e gelate, ha sottolineato il progetto di un percorso per la valorizzazione della Pera Igp dell'Emilia-Romagna, aggiungendo: "Ed oggi siamo qui a presentare Unapera, nata grazie al grande impegno di tutti gli attori: senza enfasi e senza retorica".

"La costituzione della nuova società è il primo atto per sviluppare l'Aop e dalla prossima settimana partirà l'iter di riconoscimento" ha detto il presidente di Unapera, Adriano Aldrovandi ribadendo che si tratta di "un progetto di rilevanza nazionale ma con un forte legame col territorio, è un progetto aperto e infatti contiamo di coinvolgere altre realtà nei prossimi mesi".
 
Tra il 2016 e il 2020 le pere hanno perso il 24% dei consumi. Un calo ricordato dal responsabile del progetto Unapera Roberto Della Casa che ha specificato: "Una diminuzione dovuta in buona parte all'incostanza della qualità dei frutti in commercio. Le pere sono difficili da coltivare e negli ultimi anni sono state colpite da diverse avversità, ma quando la qualità non è costante i consumatori si disaffezionano. Il 62% degli italiani, secondo le indagini del Monitor Ortofrutta di Agroter, lamentano infatti una qualità troppo variabile, ma la buona notizia è che il 29% dei nostri connazionali ha nella pera il suo frutto preferito".

"Per rilanciare il prodotto pera sono necessari accordi di programma sul fronte commerciale e marketing con le imprese della distribuzione moderna e i grossisti di riferimento". "Unapera è il risultato di un innovativo processo di aggregazione ed è anche un unicum nel settore: è infatti la prima Aop ortofrutticola d'Italia che concentra l'offerta e la immette sul mercato con lo sviluppo di accordi e contratti con gli operatori terminali al dettaglio, lasciando la fatturazione del prodotto in capo ai soci, così come previsto dal regolamento Omnibus dell'Unione europea" ha spiegato Della Casa, sottolineando inoltre il ruolo fondamentale dell'Igp in quanto elemento di aggregazione tra sistema produttivo e distributivo.

A sostegno del progetto dell'Aop dedicata alla pera anche la Regione Emilia-Romagna. "Ci troviamo davanti a un'iniziativa storica capace di tenere assieme tutto il sistema della produzione pericola - afferma l'assessore all'Agricoltura e agroalimentare Alessio Mammi -. Siamo consapevoli delle difficoltà che gravano sul comparto, da quelle di mercato alla marginalità delle imprese, passando per gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici: ma partiamo da questa consapevolezza sapendo che è opportuno reagire e provare nuove strade". "La pericoltura è un comparto imprescindibile per l'Emilia-Romagna e faremo di tutto per sostenerlo, ci sono ragioni economiche e sociali, posti di lavoro in ballo, ma anche motivazioni storiche, identitarie e culturali".