Agroalimentare, il più importante

L'emergenza sanitaria ha confermato per molti aspetti l'importanza strategica del settore agroalimentare, non meno rilevante di quella economica, che colloca questo settore al primo posto per valore.
Nell'ultimo anno il fatturato delle imprese agroalimentari ha raggiunto quota 208 miliardi di euro e un record di 46,1 miliardi nelle esportazioni.
Sono i numeri emersi in occasione del forum "La roadmap del futuro per il food&beverage" organizzato da The European House-ambrosetti, del quale riferisce Valerio De Molli sulle pagine de "L'Economia", il dorso del Corriere della Sera in edicola il 14 giugno.

Con 64,1 miliardi di valore aggiunto al 2020, si legge nell'articolo, il nostro agroalimentare vale tre volte l'automotive di Francia e Spagna e più del doppio della somma dell'aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito.
Risultati di tutto rispetto, che potrebbero persino essere migliori se verranno risolte alcune criticità.
Fra queste la forte frammentazione che ne riduce la competitività sui mercati internazionali. Nell'elenco delle sfide da affrontare viene messo ai primi posti il superamento della eccessiva burocrazia e la valorizzazione delle filiere nazionali.
Non meno importante la promozione dell'export e la lotta alle imitazioni del made in Italy


Il tempo dei meloni

Pieno avvio della campagna di raccolta dei meloni e sulle pagine che "Il Resto del Carlino" del 15 giugno dedica alla provincia di Ferrara si fa il punto sull'andamento del comparto, dando la parola ad alcuni fra i produttori più rappresentativi.
Così, mentre si percepisce qualche rivalità con i colleghi del mantovano, che possono fregiarsi della dicitura Igp sulle loro produzioni, è quasi unanime la soddisfazione per l'andamento della campagna in corso.

Da notare come molti dei produttori interpellati ottengano ottimi risultati dalla vendita diretta, catturando l'interesse anche delle province limitrofe.
Claudia Fortini, che firma all'articolo, conclude ricordando la visita a un'azienda che produce melone in serra, utilizzando tecnologie sostenibili.
Grazie alla contemporanea presenza delle piante di facelia, un vegetale dalla fioritura abbondante e prolungata che attira le api, viene garantita l'impollinazione dei fiori delle piante di melone.
 

Addio al dazio

All'indomani dell'incontro tra i vertici europei e il presidente statunitense Joe Biden, sono molti i quotidiani che commentano la tregua commerciale siglata tra Europa e Stati Uniti, combattuta sino a ieri a suon di dazi.
Ettore Livini, sulle pagine di "Repubblica" del 16 giugno, ricorda che parmigiano reggiano, gorgonzola, limoncello, e salumi vari, erano le vittime di questa guerra commerciale che pesava per almeno 500 milioni di euro sulle eccellenze agroalimentari italiane.
In più sul settore si agitava la spada di Damocle di un possibile inasprimento dei dazi già in essere.

Lo stop per cinque anni ai dazi statunitensi è un segnale importante per l'agroalimentare italiano, che in molti casi vede negli Usa uno dei mercati più importanti.
Risolto il problema con i mercati statunitensi, rimane da risolvere quello con la Russia, dove i nostri formaggi, a causa dell'embargo, non si possono vendere.
Intanto, conclude l'articolo, accontentiamoci della soddisfacente partenza delle vendite, i cui primi segnali già sono visibili.
Le vendite di formaggi italiani, infatti, sono aumentate negli Usa del 39%.
 

La storia di Uno e dei lupi

Quando si parla di lupi o di altri selvatici dalle attività predatorie, è difficile conciliare il dialogo fra allevatori e animalisti.
I primi a chiedere una drastica riduzione se non l'eliminazione del problema, i secondi a difendere a oltranza l'emblema di un baluardo della biodiversità.
In questa impresa impossibile riesce con garbo e intelligenza la penna di Michele Serra sulle pagine di "Repubblica" del 17 giugno.

L'articolo prende le mosse dalle vicende di Uno, meraviglioso pastore maremmano custode di un gregge sulle montagne di Piacenza.
Cane coraggioso, come lo sono tutti quelli di questa razza, capace di tener testa a un lupo, che a sua volta ne riconosce la forza e spesso preferisce evitare il confronto.
Ma può accadere che il confronto non sia fra singoli e di fronte a un branco di lupi affamati e aggressivi nemmeno il cane più coraggioso può avere partita vinta.
Uno, il pastore maremmano di questa storia, è morto così, per difendere il suo gregge.
"Saperlo scannato, scrive Serra, non induce a riflessioni ragionevoli sul grande cerchio della vita".

Dall'altra parte troviamo gli estremisti de "il lupo non si tocca", un animalismo che non ha capito come funziona la natura e che non accetta nemmeno il concetto della limitazione del numero.
Prima che la situazione degeneri e che il lupo diventi una star mediatica, suggerisce l'articolo, le autorità facciano un passo avanti.
I pastori, conclude Serra, sono giovani con lo smartphone in tasca e spesso, aggiungo, una laurea appesa ai muri della masseria. Un'avanguardia alla quale dare ascolto perché vedono in anticipo quello che sta arrivando.
Dall'altra parte ci sono i "lupologhi", quelli che dei lupi tutto sanno. Si chieda loro consiglio per dare informazioni e cultura naturalistica a chi vive in mezzo ai lupi. Si faccia presto per aiutare uomini e lupi a convivere.
 

Fuoco e siccità

Il fuoco che divora le piante di ulivi già dilaniate dalla Xylella, il caldo che assedia terreni agricoli circondati da sterpaglie per l'abbandono delle aree rurali marginali e la fiammata dei prezzi delle materie prime.
È questo lo scenario descritto da Anna Maria Capparelli sulle pagine del "Quotidiano del Sud" del 18 giugno, per denunciare la condizione di grave disagio che si vive in alcune zone del Mezzogiorno.
Un quadro a tinte fosche aggravato dal rischio desertificazione che si fa sempre più pressante per la siccità che affligge queste aree.
A questo proposito l'articolo riporta le rilevazioni di Anbi, associazione dei consorzi irrigui, secondo la quale ogni ora nel mondo si perdono 1300 ettari di terra coltivabile a causa della siccità.

Nell'Unione europea, sempre secondo Anbi, le aree più in difficoltà sono il sud Italia, alle quali si aggiungono Spagna, Malta e alcune zone di Bulgaria e Romania.
Massima allerta per circa il 20% della superficie italiana.
Colpa dei cambiamenti climatici ma anche dell'incuria e della cementificazione.
L'acqua non mancherebbe, ma solo l'11% di quella piovana riesce ad essere catturata e trattenuta.
Con l'acqua persa scivolano via le eccellenze alimentari, materia prima della dieta mediterranea.
Perdite che non possiamo permetterci, tanto più che l'approvvigionamento alimentare si è dimostrato strategico.
L'articolo si conclude ricordando che i vertici di Anbi hanno sollecitato un adeguamento delle infrastrutture idriche, dalle quali può dipendere la produttività del Mezzogiorno e la tenuta dei buoni risultati sin qui conseguiti sul fronte dell'export.
 

Meno olio, più pomodoro

Una caduta del 25% è quella registrata dalla produzione di olio.
E' quanto emerge dal report curato da Ismea e del quale riferisce Emiliano Sgambato sulle pagine de "Il Sole 24 Ore" del 19 giugno.
I cali più sensibili, anche oltre il 40%, si sono registrati in Puglia e Calabria, non compensati dall'aumento produttivo ottenuto in Toscana, Umbria, Lazio e Liguria.
La scarsità di prodotto ha portato a un incremento dei flussi di import.
Il saldo commerciale è del settore è così tornato in negativo, dopo che lo scorso anno si era chiuso con un avanzo prossimo ai 10milioni di euro.
In calo poi il consumo interno per i minori acquisti, in particolare nella grande distribuzione.
Cosa che suggerisce che le politiche di marketing investano in promozione e comunicazione anche sul fronte estero.

Ancora su "Il Sole 24 Ore" del 19 giugno Silvia Marzialetti fa il punto sulla situazione del pomodoro da industria, che dopo l'exploit nella fase cruciale della pandemia, sta ora tornando gradualmente alla normalità.
Le vendite nei primi quattro mesi dell'anno sono infatti diminuite quasi del 10%.
Con la nuova campagna di raccolta alle porte, che si preannuncia con un incremento produttivo, si dovranno fare i conti con le difficoltà di approvvigionamento della banda stagnata per l'inscatolamento.
Le prospettive per l'anno in corso sono comunque positive, con un aumento degli ettari investiti.
Visto l'aumento dei casi di contraffazione, si rende necessario incentivare la messa in atto di adeguati sistemi di identificazione del prodotto, progetto al quale sta lavorando la Stazione sperimentale delle Conserve di Parma.
 

Ci salverà la genetica

E' un'interessante articolo firmato da Mario Enrico Pè, presidente della Società italiana di genetica agraria, quello pubblicato su "Il Domani" del 20 giugno.
Si parte dalle recenti discussioni sull'agricoltura biologica e biodinamica, per rammentare che l'agricoltura non va frammentata per motivi ideologici o di marketing, ma considerata in una prospettiva unitaria, evitando che la fonte del sostentamento dell'uomo diventi terreno di scontro.
Le scelte in materia di agricoltura, afferma Pè, devono essere basate sulla scienza e non su ideologie, mode transitorie o interessi particolari.
In particolare quando si parla di genetica, perché non c'è agricoltura se non c'è genetica.

La stessa agricoltura, diecimila anni fa, è nata dalle mutazioni che hanno reso le piante adatte a cresce e produrre.
I risultati si vedono nel grano, preso come esempio.
Il secolo scorso si producevano uno o due tonnellate per ettaro. Oggi quello stesso ettaro ne produce 5 o 6.
Un risultato reso possibile in gran parte dal miglioramento genetico. Eppure la fame non è sconfitta.
Dunque occorre produrre di più in previsione dell'aumento della popolazione.

Come farlo in modo sostenibile? Uno degli strumenti più potenti a disposizione è il miglioramento genetico.
Da qualche anno sono disponibili "Tecniche di evoluzione assistita" (Tea) per adattare le piante all'ambiente.
Una sorta di "mutazione" guidata capace di adattare e preservare l'enorme agrobiodiversità vanto del nostro paese.
Ma a Bruxelles le Tea sono equiparate agli Ogm, che le assoggetta a norme così restrittive da renderle inapplicabili.
La scienza ha già detto la sua parola su questo tema.
Ora è cruciale, conclude l'articolo, che politica e opinione pubblica si rendano conto dell'importanza di questo argomento. "Sempre che l'Europa non preferisca - scrive Pè - essere sostenibile solo a parole, naturalmente".
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

Nel rispetto del Diritto d'Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all'articolo recensito.

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