Dal Rapporto rifiuti speciali 2021 di Ispra emerge che nel 2019, di pari passo con la crescita del Pil, sono aumentati i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.
Il riciclo è buono, mentre è inferiore all'obiettivo europeo per i veicoli fuori uso.

Il rapporto, frutto di un'attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), in collaborazione con il Sistema nazionale della protezione dell'ambiente (Snpa) e il contributo delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente (Arpe/Appa), fornisce un quadro completo sui rifiuti speciali a livello nazionale.

I dati del 2019 consentono di avere una fotografia completa della situazione pre pandemia e di poter utilizzare queste cifre nella programmazione da mettere in campo in vista della ripartenza che attende il Paese grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
 
Dal rapporto emerge che con 10,5 milioni di tonnellate in più prodotte nel 2019, in linea con la crescita del Pil, la produzione di rifiuti speciali in Italia sfiora la cifra di 154 milioni di tonnellate. I rifiuti speciali non pericolosi sono il 93,4% del totale, per il 45,5% costituito dai rifiuti provenienti dal settore delle costruzioni e demolizioni (oltre 70 milioni di tonnellate, quelli prodotti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue il 27,5%, cui seguono i rifiuti prodotti dai processi termici che rappresentano il 6,1%, e i rifiuti non specificati il 4,1%). Il settore manifatturiero produce il 37% del totale dei rifiuti speciali pericolosi, corrispondente a circa 3,8 milioni di tonnellate. Il 32,6% è attribuibile alle attività di trattamento rifiuti e di risanamento ambientale, pari a 3,3 milioni di tonnellate; segue il settore dei servizi, del commercio e dei trasporti (20,5%) con quasi 2,1 milioni di tonnellate, di cui oltre 1,5 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso.

Secondo il report, gli impianti di gestione dei rifiuti speciali operativi sono 10.839; 4.619 (il 42,6% del totale) quelli dedicati al recupero di materia. A gestire e produrre la maggior parte dei rifiuti speciali in Italia sono le regioni del Nord dove il tessuto industriale è più sviluppato: 88,6 milioni di tonnellate (57,6% del dato complessivo nazionale) sono prodotti in quest'area del Paese e oltre la metà degli impianti di gestione operativi si trova al Nord. Soprattutto in Lombardia, dove sono localizzate 2.180 infrastrutture, il 20,1% del totale nazionale.

Dai rifiuti avviati a gestione si recupera il 69% di materia, solo il 7,3% è smaltito in discarica. Il recupero è molto efficiente soprattutto su quelli da demolizione e costruzione, per i quali l'Italia con un 78,1% si attesta sopra l'obiettivo europeo di recupero (70% entro il 2020).
Per i veicoli fuori uso, invece, siamo al di sotto di quanto richiesto dall'Europa in termini di recupero totale del veicolo (84,2% a fronte di un target Ue del 95%).

Nel nuovo Piano di azione per l'economia circolare la Commissione Ue ha annunciato iniziative in merito, tra cui la revisione della direttiva sull'ecoprogettazione (2009/125/CE) per garantire che le risorse utilizzate siano mantenute il più a lungo possibile nell'economia dell'Ue.

I rifiuti speciali esportati sono stati pari a oltre 3,9 milioni di tonnellate, a fronte di una importazione di oltre 7 milioni di tonnellate. Il 69,7% dei rifiuti esportati (oltre 2,7 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 30,3% (circa 1,2 milioni di tonnellate) da rifiuti pericolosi. Rispetto al 2018, il quantitativo totale esportato fa registrare un aumento del 13,4% che interessa esclusivamente i rifiuti speciali non pericolosi, il cui incremento è di circa 512mila tonnellate (più 22,9%); i rifiuti pericolosi, invece, diminuiscono di circa 45mila tonnellate (meno 3,6%).

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