Oggi, 22 aprile, è la Giornata mondiale della Terra. L'Earth day chiama a raccolta oltre un miliardo di persone. Proteggerla oggi è la sfida principale per i governi mondiali. Anche l'emergenza sanitaria da Covid-19 si piazza seconda nella lista delle cose da fare, di fronte al dramma ambientale, economico, e sociale imposto dai cambiamenti climatici.

Quella di quest'anno è la 51esima edizione, la prima volta si svolse nel 1970. Ogni anno si concentra su alcuni temi. Ma quando nacque fu per un'idea del senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson. Era il 1969 e una fuoriuscita di greggio aveva messo in ginocchio la biodiversità marina ponendo in primo piano i rischi del petrolio. Allo stesso tempo il libro "Primavera silenziosa" di Rachel Carson, iniziò a parlare di malattie causate dall'inquinamento. Ci si convinse allora che non si poteva progredire ai danni della Terra (le prime basi di quello che oggi, più comunemente, chiamiamo sviluppo sostenibile). Fu così che l'anno dopo si celebrò la prima Giornata della Terra, a San Francisco.

Da lì si allargò diventando globale, e oggi - dopo un testimonial d'eccezione come Leonardo DiCaprio nelle vesti di paladino dell'ambiente - muove oltre un miliardo di persone. E da qualche anno c'è un alleato in più, di elevato rilievo: Papa Francesco ha infatti aperto la strada all'ecologia come dottrina sociale, da quando con la Laudato sì ha parlato della "cura della casa comune" per indicare la difesa del pianeta.

Il tema delle celebrazioni di quest'anno è il "ripristino" e la "rigenerazione" della Terra: "Restore our Earth". Una giornata quella di quest'anno che avrà di nuovo dal posto giusto della storia anche gli Stati Uniti, con il nuovo presidente Joe Biden che ha convocato un Summit mondiale sui cambiamenti climatici proprio per il 22 e il 23 aprile per mettere sul tavolo programmi più ambiziosi di lotta al riscaldamento globale e di taglio delle emissioni di CO2. Non solo questo, Biden è riuscito anche a cancellare il recente passato di epoca trumpiana, riportando gli States dentro l'accordo di Parigi (che chiede di mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi centigradi, puntando possibilmente a restare sotto quota 1,5).

Ma secondo l'ultimo rapporto delle Nazioni Unite - messo a punto dall'Organizzazione mondiale della meteorologia - i cambiamenti climatici continuano in modo "implacabile" e i suoi impatti sono peggiorati nel 2020. Gli impatti continueranno anche nei prossimi decenni. In evidenza ci sono le condizioni meteo estreme, con un aumento di perdite e di danni per l'economia e la società, e i sacrifici per via del Covid-19 che combinati hanno assunto le dimensioni di un "doppio colpo". Secondo lo studio il 2020 è stato uno dei tre anni più caldi mai registrati; questo, nonostante il raffreddamento della Niña. Inoltre, la temperatura media globale è stata di 1,2 gradi centigradi più alta della temperatura media globale dell'età preindustriale; e i sei anni che vanno dal 2015 in poi sono stati i più caldi mai registrati. Un record si registra anche per la decade, la più calda di sempre, compresa tra il 2011 e il 2020.

"Non c'è tempo da perdere - ha osservato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres - gli impatti del clima sono già troppo costosi per le persone e per il pianeta. Questo è l'anno dell'azione. I Paesi devono impegnarsi a ridurre le emissioni nette entro il 2050. Devono presentare, prima della Cop26 (la Conferenza delle parti che si riunisce nel vertice mondiale dell'Onu sui cambiamenti climatici) di quest'anno a Glasgow, ambiziosi piani nazionali sul clima".

Il rapporto offre indicazioni sullo stato del clima, i gas serra, l'aumento della temperatura sia terrestre che marina, l'innalzamento del livello del mari, lo scioglimento dei ghiacciai e sulle condizioni meteorologiche estreme. Tiene in considerazione anche gli impatti su sviluppo socioeconomico, migrazioni, sicurezza alimentare.

Il clima si intreccia sempre di più con l'economia, tanto che le stime sull'andamento delle emissioni di gas dell'Italia sono finite nel Def (Documento di economia e finanza). L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) quando ha presentato infatti l'inventario delle emissioni nazionali ha stimato che nel 2020 ci sarà un taglio del 9,8% rispetto al 2019 a fronte di una riduzione del Prodotto interno lordo dell'8,9%, spiegando che la riduzione è dovuta soprattutto al lockdown e alle restrizioni alla mobilità a causa delle misure anti Covid-19.

Ma guardando all'analisi certificata, in trenta anni, dal 1990 al 2019, le emissioni di gas serra sono scese del 19% (il 2,4% rispetto al 2018); con un taglio di 101 milioni di tonnellate CO2, passando da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Una diminuzione delle emissioni dovuta alla crescita delle rinnovabili, all'incremento dell'efficienza energetica e alla riduzione del carbone. Mentre energia e trasporti (che come settore aumenta del 3,2% rispetto al 1990) rappresentano la metà delle emissioni di gas serra. Le stime sul 2020 sono dovute alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (meno 12,6%), per la minore domanda di energia, e alla riduzione dei consumi energetici anche negli altri settori, industria (meno 9,9%), trasporti (meno 16,8%) a causa della riduzione del traffico privato in ambito urbano, e riscaldamento (meno 5,8%) per la chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e delle attività commerciali.

Questi risultati consentono alla Coldiretti di dire che allevamenti e agricoltura, anche loro responsabili di un pezzo di emissioni, sono "scagionati: mentre stalle e aziende agricole hanno continuato a lavorare per garantire i rifornimenti alimentari alle famiglie italiane, le restrizioni anti contagio hanno semi paralizzato fabbriche e spostamenti di camion e auto determinando un crollo dei livelli di smog. Gli ultimi dati dell'Ispra confermano il ruolo principale di industrie e trasporti. Le stalle al contrario sono alla base della nuova economia green con la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni in modo naturale e garantire all'Italia la leadership europea nel biologico e la produzione di energie rinnovabili come il biogas. Solo il 7% delle emissioni di gas serra in Italia arrivano dall'agricoltura sulla base dei dati Ispra dai quali si evidenzia che industria con il 44,7% e i trasporti con il 24,5% sono di gran lunga i maggiori responsabili".