Tecnologia e innovazione, imprese e filiera sostenibile, tutela e valorizzazione del made in Italy. L'agricoltura sceglie i suoi capitoli per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), cioè quel programma che disegna l'Italia come sarà nei prossimi trenta anni.

Per realizzare il progetto le risorse arriveranno dall'Europa con il Recovery fund. E' per questo che il Pnrr si può anche chiamare Recovery plan. L'accesso ai 200 miliardi che spettano all'Italia dipende da quello che ci scriveremo. Da come lo realizzeremo. Sia per qualità che per efficacia.
 
L'intero pacchetto da quasi mille miliardi (compresi tutti gli aiuti messi a disposizione) che l'Europa ha confezionato per arginare la crisi, e superare di scatto l'emergenza sanitaria da Covid-19, si chiama Next generation EU. Vuol dire che per la prima volta, da quando c'è l'Unione europea, il debito diventa comune tra tutti i Paesi membri; e che, più precisamente, quei soldi che riceviamo ora li stiamo prendendo in prestito dai giovani di domani. E' anche per questo che le decisioni prese oggi dovrebbero essere il più possibile condivise; soprattutto che siano ben raccontate, nel dettaglio, e misurate lungo il percorso. Lo dobbiamo alle future generazioni che oggi, indebitandosi, ci stanno permettendo di curare le ferite inferte dal coronavirus.
 
Gli elementi che tagliano in modo trasversale tutto il Recovery, anche in base alle Linee guida dell'Ue, sono tre: transizione ecologica, digitalizzazione, politiche di inclusione sociale. Il Piano abbraccia una serie di progetti e di riforme. L'architettura del Pnrr si fonda su sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e sociale; salute. Le missioni raggruppano sedici componenti che racchiudono 48 linee di intervento. Ci sono poi tre priorità trasversali: parità di genere, giovani, riequilibrio territoriale.

Entrando nello specifico del Recovery dedicato ai camp, dopo il voto sulle osservazioni avanzate dal Parlamento al Pnrr, si trovano alcune indicazioni sul percorso che si intende portare avanti. Il presidente del Consiglio Mario Draghi riferirà formalmente il prossimo 27 aprile sul nuovo Piano che di corsa si è riscritto; ed entro il 30 aprile - data di scadenza dei termini fissati dall'Europa - lo invierà alla Commissione Ue.

Si chiede quindi di inserire "uno specifico piano di investimenti diretto per potenziare il Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), anche favorendone la sinergia con gli interventi previsti nell'ambito del Piano straordinario per la space economy". Inoltre si punta all'introduzione per le imprese agricole, "nell'ambito del 'Progetto Transizione 4.0', misure specifiche dirette a promuovere e a favorire l'innovazione tecnologica, il trasferimento di know how dai centri di ricerca alle aziende, l'ammodernamento di macchinari e impianti, anche attraverso piattaforme articolate idonee a mettere in relazione produttori e consumatori".

Attenzione va riservata poi al digitale, e soprattutto al "completamento del Piano per la banda larga nelle aree rurali e interne, con particolare riferimento alle zone bianche e grigie, in modo da garantire la possibilità alle imprese agricole, alle strutture ricettive e agli agriturismi di essere connessi in rete in modo globale". Quanto al Piano nazionale dei borghi bisognerebbe "promuovere il rilancio delle aree rurali e montane e contrastarne lo spopolamento, sia prevedendo il coinvolgimento delle strutture agrituristiche; sia incentivando il recupero del patrimonio edilizio e promuovendo la creazione di spazi di coworking e alberghi diffusi". Ed è ritenuto fondamentale che nel progetto dedicato alle 'Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione' sia previsto "uno specifico stanziamento" per "le imprese che operano nel settore agroalimentare".

Il settore agricolo, che fa parte integrante anche del processo di transizione ecologica dell'economia, ha a disposizione in tutto 50 miliardi di euro per i prossimi sette anni, tra fondi della Pac post 2020, cofinanziamento nazionale e risorse del Pnrr; il Piano prevede oltre 3 miliardi per progetti dedicati al settore agricolo e agroalimentare e la gestione delle risorse irrigue. La linea d'azione sull'agricoltura sostenibile prevede 2,5 miliardi.

Sembra quasi scontato dirlo ma per l'agricoltura - come del resto per tutto il processo - è per esempio di fondamentale importanza che il Pnrr dialoghi e sia coerente con la Pac, dal momento che i due strumenti dovranno poi operare insieme per assicurare finanziamenti e investimenti. Sul tavolo ci sono infatti alcune delle sfide che accomunano tutti i Paesi a livello globale: la lotta ai cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, la sostenibilità, il contrasto del dissesto idrogeologico, e la necessità degli investimenti da portare avanti con aiuti e sgravi e soprattutto con facilitazioni per l'accesso al credito per gli imprenditori agricoli.

Ci sono naturalmente anche delle aree che si intrecciano tra loro, e questo nelle politiche agricole moderne avviene spesso. In particolare quando si parla di agricoltura sostenibile. Per esempio con lo sviluppo del biometano agricolo, il rinnovo del parco mezzi e dei macchinari utili alle imprese del settore. Ma anche con interventi per promuovere l'applicazione di tecnologie innovative nei processi di produzione, nell'agricoltura di precisione e nella tracciabilità dei prodotti. Un'attenzione particolare dovrà essere riservata all'economia circolare, alle migliori pratiche agricole rispettose dell'ambiente e alla chimica "verde", e al recupero di aree incolte anche per potenziare l'agricoltura biologica. Ci dovranno poi essere delle campagne di educazione alimentare e ambientale dedicate, la valorizzazione del modello della dieta mediterranea, e la tracciabilità dei prodotti con informazioni chiare in etichetta.