Sau aziendale, coltivazioni e cerealicoltura sono i temi trattati nel nuovo report dell'Istat, con dati riferiti all'annata agraria 2019-2020 e alle previsioni 2020-2021. Fra i dati più significativi vi è il calo delle superfici cerealicole nel decennio fra il 2010 e il 2019, con la Sau destinata ai seminativi in diminuzione, rispetto al 2010, sia in Italia (-2,9%) che nell'Unione europea (-2,7%), a vantaggio di colture legnose, prati permanenti e pascoli.

Sembra esserci invece, almeno per il periodo 2020-2021, un incremento di superfici agricole previsto per la semina di cereali rispetto all'annata 2019-2020. Per quanto riguarda le colture, sul totale delle superfici coltivate a cereali, cresce il frumento duro, dal 36,9% al 40,3% e, più lievemente, il frumento tenero, passando dal 15,8% al 16,7% del totale delle superfici cerealicole. In diminuzione il mais, dal 26,7% al 20,1%.

Analizzando la situazione italiana nel contesto europeo, a ottobre 2019 la Sau italiana rappresentava l'8,1% della Sau complessiva dell'Ue a 27 paesi, per un totale di 162,7 milioni di ettari. La superficie agricola italiana si caratterizza in particolare per la forte incidenza sul totale Ue delle colture permanenti (20,1%), componendosi per il 52,8% di terreni e seminativi, il 28,8% di prati permanenti e pascoli e per il 18,4% di colture permanenti. Rispetto alla composizione media Ue, sia i seminativi che i prati e pascoli hanno un peso minore; in Italia, invece, sono le colture permanenti a incidere di più.

La Sau complessiva italiana è cresciuta del 4,1% nel confronto fra le annate agrarie 2009-2010 e 2019-2020. L'intera Unione europea è accomunata dalla flessione delle superfici destinate ai cereali: come riportato precedentemente, è scesa del 2,9% in Italia, contro una media del 2,7% in Ue. Interessanti poi le prospettive per la nuova annata agraria in corso e le opinioni in merito alla pandemia.

Nel 2020 si è intravisto un andamento relativamente positivo per il settore primario: dal campione di aziende agricole intervistate, il 31,4% delle imprese ha dichiarato di non aver subito alcun impatto dalla pandemia, mentre, tra gli altri effetti, il 17,8% ha riscontrato una riduzione dei prezzi di vendita del proprio prodotto (17,8%) e la riduzione della domanda (17,4%). Nel 2020 abbiamo riscontrato un surplus di offerta di beni primari cerealicoli rispetto alla domanda, animato da una forte riduzione dei prezzi di vendita.