In attesa del primo appuntamento con AlgaeFarm, che si svolgerà all'interno di NovelFarm, in programma il 9 e 10 giugno prossimi, posticipata al 16 e 17 febbraio 2022, un assaggio delle tematiche che saranno discusse è stato dato durante la preview digitale della fiera: l'algocoltura suscita interesse e il settore sembra avere buone prospettive di crescita. Alla digital preview hanno partecipato due esperti del settore microalghe, il professore Alberto Bertucco, presidente di Aisam, l'Associazione italiana per lo studio e le applicazioni delle microalghe, e Liliana Rodolfi, docente dell'Università degli studi di Firenze.

Ecco un po' di dati che mostrano il potenziale del settore: l'Italia necessiterebbe di 200 tonnellate di peso secco annuo ma l'offerta da parte di produttori italiani è limitata, stiamo parlando di non più di 25 tonnellate. Le microalghe potenzialmente interessanti, delle migliaia esistenti, sono una decina, ma quelle che vengono prodotte sono per la maggior parte spirulina e chlorella. Il nostro Paese richiede un prodotto di qualità elevata e per sopperire alle necessità si rifornisce in Francia o in Spagna, molto prodotto arriva anche dall'Estremo Oriente, una concorrenza che è difficile da battere per via dei prezzi estremamente bassi. Secondo i dati forniti dal professor Bertucco, in Italia ci sono una decina di produttori di microalghe e altrettante aziende sono attive nel mercato della progettazione degli impianti.
 
Come vengono prodotte? Proprio il professor Bertucco ha offerto una panoramica delle possibilità, spiegando anche i possibili utilizzi delle microalghe. Le microalghe sono organismi unicellulari o pluricellulari che, grazie alla presenza di clorofilla, assorbono luce, assimilano la CO2 presente nell'aria e nutrienti per produrre ossigeno, lipidi, proteine e carboidrati. Gli utilizzi delle microalghe sono moltissimi: dalla farmaceutica alla mangimistica, dai biocarburanti ai cosmetici all'utilizzo per la depurazione delle acque reflue fino alla produzione di biostimolanti e fertilizzanti. La produzione avviene in sistemi aperti come vasche o in sistemi chiusi, detti fotobioreattori.

"Il design razionale del fotobioreattore è un punto chiave per l'efficienza del sistema, vanno evitate zone oscure o troppo luminose. Il profilo delle proteine prodotte dipende anche dall'intensità luminosa e dalla qualità della luce dipende anche la produttività dei fotobioreattori", ha detto il professor Bertucco. Gli impianti chiusi possono sfruttare la luce del sole oppure i Led, un po' come avviene in impianti di vertical farming per la produzione di insalate o altra verdura. "Con il Led - ha continuato il professore - è possibile aumentare l'efficienza fotosintetica al di sopra del limite naturale utilizzando lunghezze d'onda gradite alle microalghe". Come è facile intuire questo tipo di impianti è più costoso da realizzare.

La professoressa Rodolfi dell'Università di Firenze ha fatto il punto sul mercato mondiale delle microalghe anche se gli studi internazionali forniscono dati molto diversi, a seconda della fonte. Le stime di produzione variano dalle 25mila tonnellate annue alle 130mila tonnellate e, anche in questo caso, la produzione è concentrata su spirulina e chlorella. In Europa, secondo stime di Eaba, l'European algae biomass association, si producono circa 500 tonnellate annue. Nonostante le produzioni limitate il giro d'affari è interessante per via dell'alto valore di un chilogrammo di peso secco. Basti pensare che i pigmenti (fucoxantina in particolare) ricavati da alcune microalghe possono arrivare, a seconda della purezza, a un valore di 45mila dollari al chilogrammo. La fucoxantina è un potente antinfiammatorio estratto da alcune alghe multicellulari brune.

Il mercato delle microalghe è ancora piccolo ma molto promettente. Un'opportunità, anche in vista della necessità di sfruttare al massimo il suolo a disposizione, potrebbe essere la produzione con fotobioreattori, utilizzando invece della luce naturale, la luce Led. A parlarne, durante l'anticipazione digitale di AlgaeFarm, è stata proprio la professoressa Liliana Rodolfi. "Abbiamo ipotizzato - ha detto - di trasformare un container da 30 metri quadrati in un fotobioreattore illuminato a Led. La superficie illuminata risulta pari a 400 metri quadrati. In questo modo si produrrebbero 4,3 tonnellate di biomassa annue. Se si pensa di impilare dieci di questi container, sulla stessa superficie, ovvero 30 metri quadrati, arriveremmo a produrre ben 43 tonnellate annue di biomassa. Ipotizzando di avere un costo della luce elettrica di 0,2 euro Kwh, il costo in più per un chilogrammo di biomassa secca prodotta (cui andranno comunque sommati gli altri costi di produzione) è di 21 euro. Sicuramente a questo prezzo è uno svantaggio, ma i vantaggi sono molti: la possibilità di operare continuamente, l'essere indipendenti dalla stagionalità e l'avere una qualità di biomassa standard. C'è da considerare inoltre la possibilità di variare la qualità della luce fornita e quindi di coltivare più specie di microalghe. Se pensiamo che, nel tempo, il costo della luce elettrica potrebbe diminuire, se ipotizzo per esempio che da 0,2 euro per Kwh si scenda a 0,01 Kwh, il costo in più da affrontare per produrre con luce Led dentro un container passerebbe a solo 1 euro al chilogrammo".

Il mercato delle microalghe risulta in movimento, l'idea di iniziare a produrle, come per ogni nuovo progetto, richiede una valutazione attenta, con un business plan calibrato e realistico ed anche per capire a che punto sia arrivata la tecnologia e quali siano le prospettive. Anche di questo si parlerà alla prossima edizione di NovelFarm, la fiera infatti dedicherà alle alghe un'area specifica, AlgaeFarm.