"Gli italiani - diceva il grande Ennio Flaiano - corrono sempre in soccorso del vincitore".

Mica solo gli italiani, aggiungerei io.
La cosa mi viene in mente tutte le volte che mi trovo con alcuni che una volta erano manifestamente e radicalmente avversi a ogni forma di sostenibilità e che, oggi, si sono trasformati in ecologisti della prima ora.

Allo scorso World Agri-Tech Summit a San Francisco, un paio di settimane fa, tutti i grandi player mondiali (multinazionali in testa) hanno parlato di rinascimento agricolo nel segno della sostenibilità, della carbon neutrality, del digital farming, dei prodotti agrochimici bio-based e delle nuove tecnologie di evoluzione assistita (tea) per il miglioramento genetico.

Il governo americano con la nuova amministrazione Biden ha confermato come obbiettivo una politica agricola green in parallelo a quelle dettate da Ursula Von Der Layen nell'Unione europea. Nelle stesse giornate dell'incontro di San Francisco, in Germania si svolgeva il Biofach (in digitale) dove sono stati annunciati i nuovi record del settore biologico.

Secondo gli ultimi dati diramati dalla Fibl e da Ifoam, la superficie coltivata a biologico nel mondo ha toccato 72,3 milioni di ettari in 187 nazioni. Rispetto all'anno precedente vi è stato un incremento di 1,1 milioni di ettari ovvero dell'1,6%. In Europa sono in coltivazione 16,5 milioni di ettari. Il dato più interessante riguarda però le vendite totali globali di prodotti bio che hanno toccato i 106 miliardi di euro.

Il primo mercato mondiale è gli Usa (44,7 miliardi euro) seguito della Germania (12 miliardi di euro). Il dato più incredibile in Europa riguarda la Francia, in cui si è registrata negli ultimi dieci anni una vera e propria esplosione e si è raggiunta la formidabile cifra di affari di 11,3 miliardi di euro anno.

In Italia si vendono oggi 4,3 miliardi di prodotti all'anno e si è quindi oltrepassato il 4% della spesa totale alimentare.
Il biologico è oggi per l'Italia un comparto strategico da curare e far ulteriormente crescere. Per una volta siamo in testa alle classifiche con circa il 16% della Sau impiegata (contro l'8% della media europea) con esportazioni importanti e sempre in crescita.

La concorrenza è però molto agguerrita. Bisogna non soccorrere ma comunque correre.