Se la pandemia ha buttato nello sconforto tanti settori economici la stesso non si può dire della finanza oppure - Deo gratia – dei mercati agricoli mondiali. L’ultimo periodo è stato formidabile per le Borse. L’indice Dow Jones è passato da 26mila a 32mila, il Dax di Francoforte da 9mila a 14.578, il Cac40 di Parigi da 4mila a 6.022, il Nikkei da 16mila a 29.211, l’indice milanese Ftse-Mib da 16mila a 24.150.
I finanzieri toccano ferro e sperano che vada avanti così: buoni affari in vista per i venditori di yacht.

Dall'economia di carta al settore primario: il Fao food price index (Ffpi), che tiene in considerazione le principali commodity agricole, a febbraio di quest’anno ha segnato quota 116. 16 punti in più rispetto all’inizio del 2020 dopo nove mesi di rialzi consecutivi (2,4% in più rispetto a gennaio). Ottima la tendenza per gli oli vegetali che, da maggio 2020, hanno in pratica raddoppiato le loro quotazioni e da gennaio a febbraio di quest’anno sono cresciuti del 6,2%.
Molto bene anche i cereali che in un anno hanno guadagnato il 26,5%. Benino il latte, stagnante la carne, nettissima ripresa per lo zucchero, che aveva toccato i minimi storici lo scorso mese di aprile ma è poi cresciuto alla grandissima. Analisti prestigiosi come la olandese Rabobank prevedono per i mercati delle commodity mondiali un 2021 di grande soddisfazione. Mentre i soliti eletti contano i quattrini gli equilibri agricoli mondiali stanno cambiando.

La Russia dalle sanzioni del 2014 si è organizzata e complice il cambiamento climatico per la prima volta dai tempi degli zar è divenuta netta esportatrice di prodotti agricoli. I cinesi hanno smesso di litigare con gli americani per i bastimenti di grano e di soia. Il Brasile di Bolsonaro nega ogni responsabilità ambientale e si prepara all’accordo fra Unione europea e Mercosur, che dovrà essere ratificato dai parlamenti nazionali europei – i francesi digrignano i denti, gli italiani? Non ne hanno mai sentito parlare.