È crisi degli agrumi anche in Sicilia, dove si replica per le arance lo stesso copione già visto in Calabria e Puglia per le clementine: ci sono troppe arance di piccolo calibro a causa della siccità autunnale, che spuntano un prezzo troppo basso sul mercato del fresco - almeno il 13,7% in meno rispetto ad un anno fa, complice anche una riduzione della domanda a causa delle misure di contenimento del Covid-19, che incidono negativamente sull'Horeca. E c'è la richiesta di un incontro urgente - già firmata da Confagricoltura Catania, Cia Sicilia orientale e Fruitimprese Sicilia - indirizzata al presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e all'assessore all'Agricoltura Toni Scilla, per affrontare la drammatica campagna agrumicola ormai agli sgoccioli, che quest'anno è stata difficile: i cali dei prezzi hanno portato in Sicilia il Tarocco ad essere pagato anche meno di 30 centesimi al chilogrammo.

"Abbiamo necessità di smaltire tonnellate di arance ancora sugli alberi, ma non abbiamo la domanda. La Regione Siciliana intervenga per concordare con le industrie un ritiro straordinario. In alternativa si diano in beneficenza, ma non si lascino marcire". A lanciare l'appello sono stati i rappresentanti delle organizzazioni di categoria e delle imprese della filiera agrumicola, Giuseppe Di Silvestro (Cia Sicilia orientale) Giovanni Selvaggi (Confagricoltura Catania) e Placido Manganaro (Fruitimprese Sicilia) che alla fine della scorsa settimana hanno indetto una conferenza stampa nella sede del Consorzio arancia rossa, invitando anche i presidenti del Distretto agrumi di Sicilia, Federica Argentati ed Euroagrumi, Salvo Rapisarda.

Centinaia di produttori e di imprese di trasformazione del territorio etneo si sono ritrovati da un lato con una produzione di arance in esubero, di pezzatura piccola a causa delle poche piogge di settembre, e per questo destinate alle imprese di trasformazione, e dall'altra con una contrazione dei consumi determinata dalla chiusura di bar, ristoranti, mense scuola e alberghi, da un anno ormai, a causa della pandemia che ha inciso anche sul prezzo.

"Intervengano i governi, sia regionale che nazionale - chiede il presidente Cia Sicilia orientale Giuseppe Di Silvestro - per lavorare su prospettive future di tutela e sviluppo del comparto. "Un comparto - sottolinea anche Giovanni Selvaggi  di Confagricoltura Catania- che va avanti senza aiuti, che continua a fare investimenti e a garantire in controtendenza rispetto ad altri settori, la tenuta economica ed occupazionale del nostro territorio".

"Chiediamo regole, norme, programmazione e un nuovo modello organizzativo che continuano a mancare - aggiunge Selvaggi - un catasto agrumicolo, per esempio, e accordi con paesi terzi che tengano conto dei nostri costi di produzione superiori di oltre il 200% rispetto agli altri".

"Anche la filiera intermedia di trasformazione del prodotto è in emergenza - spiega Placido Manganaro di Fruitimprese Sicilia -. La Sicilia parte con un gap strutturale costituito dal costo del trasporto, al quale si aggiunge quello più generale, del costo del lavoro e dei contributi previdenziali, di molto superiori a quelli sostenuti dai nostri competitor europei".

"Al nuovo governo Draghi appena insediato - conclude Di Silvestro - chiediamo fatti concreti e la necessaria attenzione. Potrebbe cominciare con l'eliminare l'ingiustizia appena subita dai produttori di arance di vedersi riconosciuta da Agea solo 25mila euro di contributo nel "de minimis" a fronte di centinaia di migliaia di euro spesi per la riconversione degli agrumeti flagellati dal virus Tristeza. Sono stati riconosciuti complessivamente solo 8 milioni di euro, a fronte, per esempio degli 80 milioni di euro che il Governo nazionale precedente ha assegnato per l'emergenza cimice asiatica in altre regioni".