La digitalizzazione potrà contribuire alla transizione ecologica? E come potrà contribuire alla trasformazione dei sistemi agricoli? Parte da queste due domande la riflessione di Gianluca Brunori, ordinario al dipartimento di Agraria dell'Università di Pisa, nel corso del webinar "Per una Pac al futuro: tra transizione e cambiamento", organizzato dall'Accademia dei Georgofili e da Gaia, il Centro di studio sull'organizzazione economica dell'agricoltura e sullo sviluppo rurale dell'Accademia dei Georgofili di Firenze.
 
Il professor Brunori non si lascia abbagliare dal mito assoluto della digitalizzazione come strumento esclusivamente positivo per l'agricoltura di domani. È consapevole delle opportunità offerte da quella che definisce "una digitalizzazione trasversale", ma mette in guardia allo stesso tempo dai rischi di scambiare il processo di innovazione con una mera sostituzione del parco macchine, senza affrontare gli inconvenienti di una digitalizzazione non guidata.

"Conosciamo molto bene - afferma Brunori - i vantaggi che un percorso corretto di digitalizzazione possono offrire. Essi vanno dalla riduzione dei costi di produzione a una migliore qualità del lavoro, dall'integrazione dei mercati a una più ampia socialità degli agricoltori, fino all'opportunità di avere accesso alle informazioni, aspetto quest'ultimo che permette di compiere decisioni strategiche per le imprese e le filiere".

Non sempre, avverte, si pensa alle "minacce" della digitalizzazione, "con il rischio di allargare le disuguaglianze, dal momento che per accedere alla digitalizzazione sono necessarie competenze di base ben definite e, sul tema, non dimentichiamo che l'Italia è agli ultimi posti per digitalizzazione".

Un altro rischio per gli agricoltori di casa nostra è quello di "adottare tecnologie pensate per sistemi agricoli estensivi e non adatti ai modelli agricoli italiani. Cosa potremmo fare con tali nuovi strumenti tecnologici? Quali risultati potrebbero offrire?", si chiede Brunori.

Servirebbe, dunque, una strategia condivisa e decisamente più ampia rispetto ai singoli indirizzi aziendali. "In caso contrario - avverte Gianluca Brunori - correremmo il rischio di avere, magari, una gestione virtuosa dell'acqua grazie alla digitalizzazione in una singola azienda, portando però uno squilibrio dell'utilizzo delle risorse idriche sul territorio. Oppure, altro esempio, pensiamo alla digitalizzazione applicata da grandi gruppi finanziari: acquistano vaste aree, percorrono la strada della concentrazione fondiaria, con la conseguenza che il tessuto agricolo viene stravolto. Ecco allora che una delle priorità, ragionando in tema di politiche agricole, è quella della digitalizzazione sostenibile, che non genera disuguaglianze o conseguenze inattese".
 
Resta il fatto che, "senza banda larga, non ci può essere digitalizzazione e la creazione di banche dati, piattaforme per l'accesso a dati e servizi, sistemi digitali integrati comporta la missione di ripensare agli ecosistemi, per trasformare gli agricoltori in agricoltori digitali. Serve, pertanto, un'assistenza tecnica in grado di incorporare i principi della circolarità e della agroecologia".