E alla fine - ad una settimana esatta dalla scadenza per il deposito delle deleghe delle organizzazioni professionali agricole ed industriali per la partecipazione alla Commissione unica nazionale sperimentale per il prezzo del grano duro - è esplosa ieri mattina a Foggia la protesta dei cerealicoltori per i continui e vistosi cali del prezzo del grano duro fino nazionale su quella che fino ad oggi è stata la principale piazza italiana.

La piazza della Capitanata esprime più di un semplice prezzo indicativo: si tratta del valore al quale sono agganciati non solo tantissimi singoli contratti di cessione, ma anche tanti ed importanti contratti di filiera. Accordi che dovrebbero garantire reddito agli agricoltori, posti al riparo dalle fluttuazioni dei mercati, offrendo agli industriali due plus: la pasta 100% da grano italiano ed una minore dipendenza dai mercati internazionali per il grano di qualità. Ma che invece sempre più garantiscono solo un premio per la qualità, ma rispetto ad un valore che resta determinato dal mercato.
 

Attuato lo sciopero del prezzo, minacciato quello della semina

Ieri mattina è andato in scena un si-tin di protesta degli agricoltori, che minacciano lo sciopero della semina contro i continui ed ingiustificati ribassi delle quotazioni del grano. Davanti alla Camera di commercio di Foggia, si sono radunati per manifestare il proprio disappunto verso il prezzo del grano "Sempre più basso, tanto da arrivare ad un valore ben al di sotto dei costi di produzione sostenuti dalle aziende" è scritto in una nota di Cia Capitanata diramata ieri.

E sempre nella mattinata di ieri alla Camera di commercio di Foggia il mondo agricolo della Capitanata ha unitariamente mostrato di non volersi togliere il cappello innanzi alle richieste delle controparti: le delegazioni di Cia agricoltori italiani, Coldiretti e Confagricoltura hanno abbandonato la Commissione prezzi del grano della Borsa merci in segno di protesta per l'ulteriore richiesta formulata da commercianti ed industriali di abbassare il prezzo del grano duro della Capitanata di altri 2 euro alla tonnellata, dopo che nella seduta del 16 settembre scorso la quotazione era stata già tagliata di 12 euro e portata a 280 euro sui minimi e 285 sui massimi: valori mai più toccati dal pastificabile a Foggia dal 29 gennaio scorso. Tale atto di compatta e vibrata protesta ha determinato il venir meno della composizione e del numero legale per fissare la quotazione del giorno per il grano duro fino, per il grano duro buono mercantile e per il mercantile che a listino risultano così "non quotati".

"Fin dai giorni scorsi vi era stato preventivo ed unanime accordo tra le tre organizzazioni agricole di Foggia - ha rivelato ad AgroNotizie nel pomeriggio di ieri Michele Ferrandino, presidente di Cia Capitanata - per un abbandono della Commissione prezzi nel caso fossero pervenute ulteriori richieste per nuovi ribassi di prezzo, parimenti ne avremmo consentito la fissazione anche nel caso fosse stato riproposto quello pur basso della settimana scorsa".

"E' inaccettabile il continuo gioco al ribasso del prezzo del grano foggiano e pugliese, in una campagna che tra l'altro segna minori quantità e qualità apprezzata dal mercato - tuona Pietro Piccioni, delegato confederale di Coldiretti Foggia. "Sono settimane che va avanti un tira e molla insostenibile che mortifica il lavoro e gli investimenti dei nostri agricoltori e vanifica anche i tentativi di creare accordi di filiera che dal campo alla tavola garantiscano ai consumatori di acquistare pasta 100% made in Italy, senza che alcuno degli anelli della filiera ci rimetta" ha dichiarato ancora Piccioni.
 

Cia Capitanata, pronti ad azioni plateali

Cia-agricoltori italiani della Capitanata "dichiara battaglia e se la situazione non dovesse cambiare è pronta a dare corso a mobilitazioni plateali e nuove azioni di protesta" è scritto nella nota di ieri. "Se qualcosa non cambia rinunceremo a seminare": è lo sfogo degli agricoltori che hanno manifestato a Foggia a difesa del grano italiano.

"L'ottima qualità e la bassa produzione rendono incomprensibili i continui cali di listino delle diverse borse merci, dove le quotazioni non raggiungono i costi di produzione in campagna" sottolinea Cia. Per salvaguardare il made in Italy attuale e futuro e non penalizzare i produttori agricoli che, a fronte di importanti investimenti, si ritrovano ogni anno a fare i conti con i bilanci in rosso, è necessaria "un'operazione di chiarezza con gli attori della filiera ed il mondo istituzionale" sottolinea l'organizzazione.

"Occorre spiegare la grande differenza tra grano nazionale (italiano) rispetto a quello nazionalizzato che può creare molta confusione tra i consumatori, i quali vogliono sapere quello che comprano e mangiano - spiega la nota -. Quello nazionalizzato viene acquistato all'estero, ma venduto e spacciato per grano acquistato in Italia. Una pratica scorretta che denota scarsa trasparenza nei confronti dei consumatori e delle imprese molitorie. Il made in Italy non può essere un vessillo da sbandierare solo per favorire gli industriali".
 

Confagricoltura Foggia, disinvestimento agricoltori rischio reale

"Se sul prezzo continuano queste tendenze al ribasso, favorite da importazioni speculative dall'estero, probabilmente bisognerà dar ragione a quegli agricoltori di Capitanata che stanno meditando di non seminare grano e riconvertire la propria produzione". Non usa giri di parole Filippo Schiavone, presidente di Confagricoltura Foggia subito dopo la riunione della Commissione prezzi alla Borsa merci.

"E' evidente che la costante flessione dei prezzi delle ultime settimane non lascia presagire nulla di buono per le imprese del settore. Ormai non si tratta più di una normale dialettica di mercato, la situazione non è più sostenibile - aggiunge Schiavone, che spiega - Solo per pareggiare i costi di produzione (stimabili in circa 750 euro per ettaro), in una campagna in cui le rese medie si sono attestate intorno alle 2 tonnellate per ettaro, il prezzo di vendita del grano duro dovrebbe essere di 350 euro alla tonnellata. Un prezzo lontanissimo da quello che viene pagato agli agricoltori foggiani. Così le nostre imprese non reggono, non si può pensare di proseguire con questa politica che scarica tutti i rischi della filiera sulla parte produttiva".
 

Coldiretti Puglia, vitale consolidare la filiera

Coldiretti Puglia, pur ferma nella condanna dell'atteggiamento tenuto da industriali e commercianti alla Borsa merci di Foggia, punta a sottolineare coi numeri la necessità di avere una filiera italiana del grano duro che sia forte e coesa. Coldiretti ricorda come la Puglia sia la principale regione produttrice in Italia di grano duro, con 346.500 ettari coltivati e quasi 10 milioni di quintali raccolti ed un valore della filiera della pasta in regione pari a 542 milioni di euro.

"La Puglia è, d'altro canto, la regione che paradossalmente che ne importa di più, tanto da rappresentare un quarto del totale del valore degli arrivi di prodotti agroalimentari nella regione" denuncia Coldiretti Puglia.

"In questo contesto - sottolinea la Coldiretti - un segnale positivo viene dal moltiplicarsi di marchi e linee che garantiscono l'origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni fa: da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Grano Armando a Fabianelli, da Alce Nero a Rummo, da Antonio Amato a Voiello, da Fdai- Firmato dagli agricoltori italiani fino a Barilla che proprio quest'anno ha annunciato di rinnovare la sua pasta classica con grani 100% italiani".

L'Italia - continua la Coldiretti - è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta con una stima dell'Istat di 1,23 milioni di ettari seminati nel 2020 in aumento dello 0,5%, con una produzione 2021 stimata attorno ai 4,1 milioni di tonnellate.
 

L'avvertimento di Confagricoltura del 17 settembre

Il prologo della protesta di ieri è già tutto in una nota stampa di Confagricoltura del 17 settembre, quando, all'indomani del crollo di ben 12 euro del cereale pastificabile l'organizzazione presieduta da Massimiliano Giansanti affermava: "La brusca caduta registrata sul mercato di Foggia delle quotazioni di grano duro lascia interdetti, anche perché quest'anno il raccolto ha visto mediamente una flessione intorno al 3% rispetto allo scorso anno". E ancora: "Con l'obiettivo di evitare un calo della fiducia delle imprese agricole che coltivano frumento duro, Confagricoltura invita ad una riflessione, per scongiurare il ripetersi di episodi come questi e con l'obiettivo di rafforzare le relazioni interne alla filiera e la costruzione di un solido rapporto di sana collaborazione".

Un vero e proprio avvertimento quello di Confagricoltura che ricordava come con il Covid-19 quella del grano-pasta è "una delle filiere chiave del made in Italy e ha dimostrato la sua tenuta. Secondo i dati Ismea, durante il lockdown la vendita di pasta è aumentata dell'8% e la pasta di grano 100 per cento made in Italy è sempre più in crescita con un aumento tendenziale dei consumi del 13% nel 2019 e del 20-30% nella prima metà del 2020".

"Abbiamo investito molto - concludeva Confagricoltura - nei rapporti interprofessionali di filiera stipulando con tutte le altre organizzazioni un accordo per valorizzare il grano duro nazionale di qualità, con mutuo vantaggio per gli operatori della filiera. Proseguiamo con fiducia su questa strada e invitiamo tutti a fare la loro parte, confidando che il mercato premi i comportamenti virtuosi di una filiera importante del nostro made in Italy".

Un invito rimasto ampiamente disatteso dalle controparti, determinando una caduta del dialogo che ha definitivamente innescato la protesta degli agricoltori in tutta la Capitanata, proprio alla vigilia del varo della Cun sperimentale per il grano duro.