I consumatori italiani, ma soprattutto stranieri, amano i vini rosati. Se in Italia quattro bottiglie su cento sono rosè, in Francia si arriva al 30% mentre negli Stati Uniti o in Gran Bretagna al 10%. E proprio al di là della Manica questo prodotto sta sfondando, con ritmi di crescita del 100% anno su anno (2018 su 2019).

I consumi di questa categoria di prodotto sono costantemente in aumento e così il Consorzio di tutela del prosecco Doc ha deciso di cogliere la palla al balzo e di entrare nel nuovo settore con la produzione di prosecco rosè.

A dire il vero non c'è nulla di nuovo in cantina. Nella regione della denominazione si produce infatti da tempo un prosecco rosato ottenuto con un blend di glera e vitigni rossi autoctoni, come il raboso, oppure internazionali, come il pinot nero.

Adesso il consorzio ha deciso di metterci il cappello, inserendo il nuovo prodotto nel suo disciplinare di produzione, e dare così forza sul mercato al nuovo prodotto. E non solo, perché il disciplinare permette anche di avere il controllo su come questo vino rosato viene prodotto.

Di bottiglie sugli scaffali ancora non se ne vedono, anche perché ricorsi e tensioni tra i viticoltori hanno rallentato il processo di revisione, tuttavia a regime l'offerta di mercato si dovrebbe attestare intorno alle quaranta-cinquanta milioni di bottiglie. E anche di più, tanto che già si pensa ad un contingentamento delle produzioni. Mentre per quest'anno le stime dicono che i consumatori dovrebbero bersi circa venti milioni di bottiglie.

Da inizio ottobre dunque potrebbero arrivare sugli scaffali le bottiglie della scorsa annata, purché la produzione sia avvenuta seguendo il nuovo disciplinare. Mentre le nuove bottiglie, che si vendemmiano in questi giorni, dovrebbero essere disponibili a partire dall'inizio del prossimo anno.

E il prezzo? Dovrebbe essere leggermente superiore al prosecco Doc (si parla di un 20%), proprio per rimarcare la volontà di offrire un prodotto nuovo e relativamente di nicchia. Un prodotto che dovrebbe offrire margini di guadagno migliori rispetto al prosecco che a fronte di un boom delle esportazioni epocale (più di mezzo miliardo di bottiglie) non è mai riuscito a spuntare prezzi remunerativi, almeno non paragonabili ai concorrenti francesi.

Resta l'incognita del Covid-19 che avendo disseccato il canale dell'Horeca in Italia e all'estero potrebbe complicare il debutto del prosecco rosè. In Gran Bretagna, ad esempio, la chiusura dei pub e dei bar ha portato ad una contrazione delle esportazioni di bottiglie. Secondo i dati di Wine monitor di Nomisma il 32% degli inglesi ha bevuto meno vino italiano durante il lockdown.

Le giacenze nei magazzini sono elevate. E mentre si decide una strategia per smaltire l'invenduto senza saturare il mercato con prodotto a basso costo, il prosecco rosato potrebbe offrire una sana via di diversificazione. Anche perché, dicono le statistiche, le bottiglie di rosato in Italia non si comprano né in enoteca né al ristorante, ma soprattutto al supermercato. Canale di vendita che non ha risentito del lockdown e di future restrizioni.