Quali opportunità ci saranno per i costruttori di macchine agricole italiane, per il grande business dell'agrochimica, per tutte le branche che afferiscono al variegato mondo della zootecnia dalla nuova politica agricola del gigante indiano?

Domanda legittima, visto che l'India sta varando un nuovo corso in agricoltura e sta orientando i propri sforzi in più direzioni: migliorare la produttività interna per rispondere al fabbisogno agroalimentare, incrementare l'export per scalare le classifiche dei principali paesi produttori ed esportatori (in particolare nell'ortofrutta e nel grano), assicurare un tenore di vita più elevato alla popolazione e agli agricoltori, che spesso si ritrovano a produrre sotto la soglia di redditività e devono lottare contro le conseguenze dei cambiamenti climatici e carenze infrastrutturali assai limitanti (dalla scarsità di risorse idriche a vie di comunicazione disastrate a catene di conservazione del cibo interrotte, fino alla difficoltà di accesso ai mercati).

Della volontà di rilanciare l'economia agricola attraverso strumenti in grado di accompagnare una "Nuova rivoluzione verde", ambientalmente e socialmente sostenibile abbiamo già parlato su AgroNotizie. Ora, a testimoniare il percorso di crescita anche nella delicatissima fase della pandemia (l'India è uno dei paesi più colpiti al mondo, con oltre 2 milioni di casi e quasi 39mila decessi) ci ha pensato anche il quotidiano cinese Xinhua, organo di stampa della Repubblica popolare cinese, particolarmente attenta quando si tratta di politiche agricole a livello macro.

"Il settore agricolo indiano ha assistito a un boom anche durante la pandemia Covid-19 nel paese, dimostrato da una crescita di oltre il 35% nelle vendite di trattori e del 34% nelle vendite di fertilizzanti a luglio rispetto allo stesso mese scorso anno", ha riportato Xinhua.
Secondo il governo federale, "nonostante molte restrizioni al movimento dovute al blocco, con gli sforzi concertati del dipartimento dei fertilizzanti, delle ferrovie, dei governi statali e dei porti, la produzione e la fornitura di fertilizzanti procede senza ostacoli"
D'altronde, gli sforzi del paese devono rispondere a un fabbisogno crescente, in linea con il potenziamento dell'agricoltura, dalla quale dipende il sostentamento del 70% della popolazione indiana.

Lo testimoniano i dati della stagione del "Kharif", cioè della semina, che ha segnato un incremento delle superfici nell'ordine del 13,92% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Le sfide del subcontinente indiano sono legate all'abbandono della monocoltura, particolarmente diffusa, per un ritorno alla biodiversità, ma anche a una razionalizzazione delle filiere agroalimentari, grazie all'introduzione di nuove tecnologie e innovazioni, di strumentazioni satellitari e intelligenti, di input agricoli, così come - altrettanto strategica - è la formazione e la crescita culturale per un salto di qualità dall'agricoltura fai da te all'impresa, per quanto micro, magari in rete. Elementi determinanti per attuare una vera rivoluzione verde, sostenibile e all'insegna della biodiversità e delle rotazioni colturali, come detto, in grado di ridurre la dipendenza dai cosiddetti "cash crop" e recuperare in parte la sovranità sementiera.

Secondo il report "India Agrifood Startup Investment", pubblicato da AgFunder nei giorni scorsi, "le startup agroalimentari upstream hanno raccolto un totale di 312 milioni di dollari attraverso 56 contratti nell'anno finanziario 2020 (primo aprile 2019 - 31 marzo 2020), rispetto ai 145 milioni di dollari in 43 contratti nell'anno precedente". Anche la quota delle startup nella parte a monte della filiera e relative all'agricoltura, è cresciuta dal 34% dello scorso anno al 42%.

Accanto all'innovazione tecnologica, alla sensoristica, alle connessioni internet, l'India sta varando una strategia per sostenere le esportazioni, concentrandosi nelle nicchie promettenti legate agli alimenti per il benessere, la salute e i nutraceutici.
Una scommessa legata al "Brand India" in campo agricolo e agroalimentare, tale da assicurare maggiore valore aggiunto ai prodotti, un orientamento al mercato e maggiori chance di export. In tale ottica, i paesi del Golfo sono stati identificati come destinazione principale per aumentare la quota di mercato.

Secondo le statistiche commerciali del Wto, la quota delle esportazioni e importazioni agricole dell'India nel commercio agricolo mondiale nel 2017 era rispettivamente del 2,27% e dell'1,90%. Anche durante il lockdown, l'India ha continuato ad esportare, incrementando in valore del 23,2% le esportazioni nel periodo marzo-giugno 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.

L'India occupa il secondo posto nella produzione mondiale di grano, ma è al 34esimo posto nelle esportazioni. Analogamente, nonostante l'India sia al terzo posto nella produzione di verdure, a livello di export si colloca solo al 14esimo posto. Lo stesso - riconosce il governo - vale per la frutta, dove l'India è il secondo produttore mondiale, ma nella classifica delle esportazioni scivola al 23esimo posto.

Per incrementare l'export saranno creati dei forum tematici, commissioni cioè di esperti in grado di monitorare lo sviluppo dei principali segmenti agricoli e di tracciare la rotta delle esportazioni.

Intanto, forse, anche l'Italia può sostenere attraverso tecnologie e know how l'agricoltura indiana.