Quando gli ebrei fuggirono dall'Egitto vagarono per il deserto per quarant'anni. Senza cibo, chiesero a Mosè cosa avrebbero mangiato ed egli fece piovere dal cielo la manna, una sostanza bianca la cui identificazione non ha ancora messo d'accordo gli studiosi. Ma il termine manna è ormai entrato nel gergo comune: una manna dal cielo.

Tra la Sicilia e la Calabria quando si parla di manna ci si riferisce a quella sostanza zuccherina e dal gusto delicato formata dalla linfa rappresa del frassino che colando da ferite appositamente incise dagli agricoltori si rapprende sotto forma di lunghe candele.

Una sostanza dall'origine antichissima, entrata nella tradizione gastronomica locale grazie ai mori, i conquistatori arabi che dominarono queste regioni a cavallo dell'anno mille. Un prodotto tipico del territorio che oggi sta entrando nell'oblio poiché sono solo una manciata gli agricoltori capaci di produrla e poiché sono pochi i consumatori che conoscono e apprezzano questo prodotto. Una leccornia che tuttavia raggiunge quotazioni di mercato interessanti, di circa 300 euro al chilogrammo.
 


Come si produce la manna

Quella di produrre la manna è un'arte che si tramanda da padre in figlio da secoli ormai e che solo ultimamente è stata codificata in un disciplinare di produzione, dopo che il prodotto è stato scelto come presidio Slow food.

Prima di tutto bisogna avere gli alberi giusti. Non tutti i frassini sono adatti alla produzione di manna. La specie migliore è Fraxinus ornus, un albero alto fino a 10-15 metri che cresce tra la Calabria e la Sicilia, preferibilmente su suoli calcarei o argillosi ad una altitudine tra i 200 e gli 800 metri sul livello del mare.

È una specie che si è adattata perfettamente al clima caldo-secco del Sud Italia e che può essere impiegata per la produzione di manna a partire dal quinto anno di vita in poi, anche se sono gli esemplari in età più avanzata a produrre maggiori quantità di prodotto e di migliore qualità. Meno pregiata è invece la manna prodotta da Fraxinus excelsior, un'altra specie di frassino tipica di questi areali.
 
Manna
(Fonte foto: Ottavio Canale - Facebook)

La manna viene prodotta nei mesi di luglio e agosto quando le ridotte precipitazioni che caratterizzano il clima mediterraneo mandano la pianta in un leggero stress idrico. Sta all'esperienza dell'agricoltore valutare se la pianta è nelle condizioni ideali di produzione. È necessario controllare lo stato della chioma e alcuni agricoltori asportano il primo strato di terreno in modo da liberare le radici e favorire lo stress idrico della pianta.

La manna è infatti costituita dalla linfa rappresa del frassino e occorre che sia densa perché si solidifichi e accumuli gli zuccheri e gli aromi che in una pianta abbondantemente idratata invece andrebbero dispersi in una più abbondante linfa.

Con un coltello speciale, simile ad una roncola, chiamato 'mannarola', l'agricoltore scorteccia una piccola parte del tronco a circa 50 centimetri di altezza dal suolo. Poi effettua una incisione leggera, come un taglio di rasoio, da cui immediatamente prende a gocciolare la linfa. A questo punto nella ferita viene inserita una speciale lamina d'acciaio che raccoglie il prodotto e lo convoglia verso un filo di nylon che penzola dal ciglio dello strumento. La linfa scivola lungo il filo e a contatto con l'aria si solidifica diventando manna.

Il prodotto viene raccolto ogni due o tre giorni, praticando nuovi tagli in direzione ascendente, e fatto essiccare finché non raggiunge una percentuale di umidità non superiore al 9%. Viene poi sezionato in tronchetti e venduto sia da consumare allo stato naturale, come snack, sia come ingrediente per la preparazione di dolci e gelati. Alla manna sono riconosciute le più svariate proprietà medicamentose e nutraceutiche, quel che è certo è che si tratta di un prodotto della tradizione, buono e interessante in una strategia di diversificazione del reddito dell'agricoltore.