Il 15 luglio scorso il ministro dell'Interno ha diffuso i dati relativi al primo mese e mezzo di regolarizzazione dei lavoratori presenti in Italia illegalmente. Persone arrivate nel nostro paese con visti turistici, di studio, all'interno del decreto Flussi o attraversando illegalmente le frontiere e che sono rimaste in Italia, senza che nessuno ne avesse contezza.

Ebbene, il provvedimento del Governo, contenuto nel decreto Rilancio (articolo 103 del dl 34/2020) dava la possibilità ai lavoratori del settore primario, oltre a colf e badanti, di regolarizzare la propria posizione. Al 15 luglio sono state 123.429 le domande presentate, di cui però solo il 13% riguarda lavoratori agricoli. In numeri assoluti circa 16mila braccianti hanno fatto richiesta di essere messi in regola.
 
Se la maggior parte delle richieste arriva dalla Regione Campania (circa 4mila), le nazionalità dei lavoratori sono principalmente tre: Albania, Marocco e India. E proprio dall'India arriva la maggior parte dei lavoratori del settore zootecnico, mentre da Albania e Marocco i braccianti nelle aziende agricole.

Per la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova il provvedimento è stato un successo in quanto "con la norma per le regolarizzazioni 106mila persone non sono più invisibili, un dato che cresce di circa 2mila unità al giorno" scrive su Facebook la ministra. "Il che mi spinge ad affermare, una volta di più, la necessità e l'utilità della norma. Chi la valuta un flop evidentemente non trova scandalosi e intollerabili i ghetti né la riduzione in schiavitù né gli abusi sessuali che nella situazione di informalità e sfruttamento si consumano".

Se tuttavia si vanno a vedere i numeri, sono ben 150mila i lavoratori irregolari che il Mipaaf stima essere impiegati in agricoltura in Italia. Cittadini non europei che lavorano e vivono sul territorio italiano e di cui si sa poco e nulla. Di questi ad oggi solo 16mila hanno fatto domanda di regolarizzazione, circa il 10%.

Per presentare domanda c'è tempo fino a metà agosto e occorre ricordare che durante l'ultima procedura simile, risalente al 2012, ben il 47% delle pratiche venne trasmessa negli ultimi sette giorni. In attesa degli ultimi numeri resta da capire le motivazioni che hanno spinto così tanti imprenditori agricoli e lavoratori a non mettersi in regola.