Nella "Farm to fork strategy" pubblicata recentissimamente, la Commissione europea dà una netta sterzata verso un'agricoltura più sostenibile, con più biologico, meno chimica di sintesi, suoli con più sostanza organica; un'agricoltura cosidetta "smart", aperta alle innovazioni tecnologiche e soprattutto al digitale.

Gli obiettivi al 2030 sono a dir poco ambiziosi: ridurre del 50% l'uso di agrofarmaci e del 20% quello dei fertilizzanti; destinare almeno il 25% della superficie agricola al biologico. Già dal titolo della strategia si immagina un grande coinvolgimento del consumatore, che dovrà trovare filiere agroindustriali più trasparenti, maggiori informazioni sui prodotti che dovranno essere, a loro volta, più sostenibili anche per quanto riguarda il packaging e la distribuzione al dettaglio.

Pare, dico, pare che anche i consumatori siano ben disposti: gli ultimi dati del bio per esempio lo confermerebbero. I dati registrati da Ismea/Nielsen da marzo a maggio (per intenderci periodo lockdown) parlano di una crescita delle vendite bio dell’11% con punte durante la Pasqua del 20%. Dai dati di diversi osservatori dei consumi il bio si piazza assieme ai prodotti 100% italiani, locali e tradizionali in testa ai desiderata degli italiani per quanto riguarda il cibo.

Parafrasando il vecchio Humphrey Bogart: "E' il mercato, bellezza!".