"Che ne sai tu di un campo di grano (?)" cantava Lucio Battisti. Noi, da saggi (?) sappiam di non sapere - e in epoca di big data per non prender granchi, agli albori della mietitura, ci siam rivolti per le previsioni agli amici di Aretè, società super specializzata in analisi del mercato agroalimentare.

Il capo analista Filippo Roda inizia dal frumento tenero. In Europa la situazione dei raccolti non è brillante: le differenti fonti pronosticano un calo fra l'8 e il 9%. In Italia, nonostante un lieve aumento rispetto allo scorso anno, la produzione dovrebbe rimanere al di sotto della media dell'ultimo quinquennio. In Francia, storico leader produttivo dell'Unione europea, le previsioni indicano un calo della produzione del 18%; le condizioni di raccolta sono indicate come buone solo nel 56% dei casi (l'anno scorso eravamo all'80%).
Anche gli altri grandi player sul mercato mondiale hanno qualche problema: dagli Usa, l'attuale viene data come la terza campagna consecutiva con calo degli stock, all'Ucraina, in cui vi sono problemi di siccità. I dati russi sono ancora incerti, come è sempre poco prevedibile la strategia di mercato posta in atto dalla nuova super potenza agricola.

A fronte di un'offerta flettente la domanda appare invece attiva particolarmente dalle grandi aree di importazione - come gli stati del Maghreb, dove i raccolti sembrano in genere magri. In definitiva e in soldoni: la stagione entrante dovrebbe porsi come una via di mezzo fra quella del 2018 e quella del 2019. Quotazioni in previsione abbastanza brillanti.

Roda passa poi al frumento duro: gli stock mondiali sono ai minimi anche nelle grandi aree più vocate per i frumenti proteici (North Dakota, Saskatchewan…). In Italia la produzione dovrebbe essere anche qui inferiore alla media degli scorsi 5 anni (e in effetti a Foggia le prime quotazioni sono le più elevate dal 2015). La maggiore incognita riguarda ancora la qualità, ovvero il contenuto proteico. Per avere una visione di mercato completa sarà però meglio aspettare le raccolte americane a fine agosto/settembre.

Domanda finale delle cento pistole: ma tutta quella pasta 100% grano italiano che troviamo sempre più spesso nei nostri supermercati allora da dove viene? Domanda spinosa: ci vuole il pezzo grosso. E allora interviene il presidente di Aretè, Mauro Bruni: "L'Italia per la semola continua a mantenere una autosufficienza pari a circa il 50% delle esigenze totali (6 milioni di tonnellate). Diciamo che, in generale, oggi il grano italiano rimane in Italia mentre la pasta fatta con il grano di importazione viene esportata".

Come dice il proverbio: chi non ha da mietere vada a spigolare