Fedele al motto "Prosperitati publicae augendae" (Per accrescere la prosperità pubblica, Ndr), l'Accademia dei Georgofili ha allungato lo sguardo per l'inaugurazione del 267° anno accademico (da remoto, causa Covid-19) sul tema della ricerca e del futuro di un'agricoltura meno dipendente dalla chimica, come peraltro impone la visione del Green deal della Commissione europea targata Ursula von der Leyen.

E così, il tema affidato dall'Accademia dei Georgofili a Claudia Sorlini, professore emerito di Microbiologia agraria all'Università di Milano, è "I microrganismi salveranno l'agricoltura?", prolusione particolarmente tecnica, che proietta verso un'agricoltura più sostenibile e rivolta a nuovi modelli, che non demonizzano certo il percorso della green revolution, ma che ne ammettono i limiti e che vogliono spingersi ancora più avanti.

La sfida è quella di abbandonare la forte dipendenza dai prodotti agrochimici (attenzione: senza alcuna abiura o condanna), ridurre l'uso di risorse idriche, contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, i quali rappresentano un'emergenza insieme all'attuale pandemia e all'invasione delle plastiche. In pratica, un "tridente" che "porta con sé siccità, desertificazione, nuovi patogeni di piante e animali, e parassiti diffusi dalla globalizzazione, che grazie al riscaldamento globale trovano nuove aree di colonizzazione".

Contrastare il cambiamento climatico è uno dei grandi obiettivi della futura Politica agricola comune, ha riconosciuto la professoressa Sorlini, insieme a nutrire il pianeta producendo in quantità e qualità, conservando le risorse. Temi noti anche alla società comune, ma ai quali la prolusione del 267° anno accademico dei Georgofili risponde appunto con un'attenzione scientifica a ciò che "l'infinitamente piccolo, quale è il mondo dei microrganismi, spesso trascurato perché invisibile all'occhio umano", ma che "muove il mondo molto di più di quanto non appaia".

Eppure, per dare un'idea del peso fisico dei microrganismi sul pianeta, "essi costituiscono nel loro complesso una biomassa in carbonio di 70 miliardi di tonnellate, contri i 60 milioni della popolazione umana, i 100 milioni degli animali in allevamento, i 7 milioni dei mammiferi selvatici e i 450 miliardi delle piante".

Naturalmente, anche se in questa fase pandemica è forse più difficile, andrebbe per la professoressa Sorlini superato il binomio che molto spesso - sbagliando - si fa e che è "microrganismi = malattia".
È bene sapere che i microrganismi "rispondono più velocemente ai cambiamenti climatici" e che "in ecosistemi acquatici e terrestri diversi microrganismi sono in grado di decontaminare i terreni da metalli pesanti", mentre altri ancora "vengono applicati con successo in aree inquinate per risanare siti contaminati da perdite di petrolio o altri composti organici". E solo in Italia "i siti contaminati di interesse nazionale nel loro insieme coprono una superficie di 170mila ettari".

In agricoltura, ha reso noto la relatrice, "anche la microflora concorre a costruire e delineare le caratteristiche dei terroir dei vigneti", tanto che si parla di "microbial terroir". E una monocoltura "protratta per anni sullo stesso terreno incide negativamente sulla biodiversità microbica".
Nel vasto mondo della microflora, vi sono microrganismi benefici, definiti Pgpm (Plant growth promoting microorganisms, Microrganismi promotori della crescita vegetale) in grado di "aumentare la fertilità dei suoli e promuovere la crescita delle piante, a favorire la ritenzione dell'umidità, a rendere biodisponibili macronutrienti e micronutrienti", tanto che "laddove le pratiche agronomiche poco virtuose e reiterate nel tempo hanno ridotto la ricchezza in diversità, anche la selezione operata dalla pianta ne sarà influenzata negativamente".

Qualora si riuscisse a potenziare la via biologica alla fissazione dell'azoto, poi, "si stima che un incremento dell'efficienza della fissazione simbiotica in grado di eliminare la fertilizzazione chimica estesa alle principali colture di leguminose possa comportare, solo negli Stati Uniti, un risparmio di 4,48 miliardi di dollari all'anno".


Il mercato dei bioprodotti per l'agricoltura

Il macroinsieme "comprende agrobiofarmaci, biostimolanti e bioinoculanti, con applicazioni che spaziano dai semi al terreno, dalle foglie al post-raccolta" ha precisato Sorlini. "Con la crescita globale delle superfici coltivate a biologico, la domanda di questi prodotti è notevolmente cresciuta". Anche perché sono prodotti che vengono "percepiti come ambientalmente più sicuri da una parte non irrilevante di agricoltori".

Il mercato internazionale dei prodotti biologici per l'agricoltura vede sempre il coinvolgimento delle grandi società dell'agrochimica. Sul versante degli agrobiofarmaci, "il mercato ha fatto registrare tra il 2002 e il 2012 un incremento annuo del 15-20% e in totale del 200% nel periodo. Le previsioni al 2025 sono di un volume di affari di 9,4 miliardi di dollari".

Quanto ai biostimolanti, "anche questo mercato è cresciuto rapidamente soprattutto in Europa, dove vengono trattati su circa 8,5 milioni di ettari" (dati 2016). Le vendite degli inoculanti, "stimate in 808 milioni di dollari nel 2019, sono cresciute negli ultimi anni ad un ritmo del 10% l'anno con previsioni di raggiungere 1,2 miliardi di dollari entro il 2025".

La ricerca scientifica in materia è fondamentale, tenendo presente però, ha avvertito la professoressa Sorlini, che "le ricerche sui microrganismi non potranno essere disgiunte da quelle sulle piante e sul loro miglioramento genetico".

Guai a sottovalutare il cambiamento climatico. "Se non si ponesse un freno alle emissioni climalteranti, la loro azione diventerebbe sempre più difficile nel contrastare patogeni e parassiti che stanno ampliando il loro areale di colonizzazione, ai quali potrebbero aggiungersi eventuali patogeni umani ora intrappolati nei ghiacciai in scioglimento del Polo Nord".

La ricerca microbiologica potrebbe avere un forte impulso anche per effetto degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, dalla nuova Pac e dal Green deal europeo, che traccia alcuni traguardi entro il 2030: la riduzione del 50% dei fitofarmaci più dannosi, il raggiungimento del 25% della superficie agraria a biologico, il contenimento dell'uso di fertilizzanti chimici e dell'uso di antibiotici negli allevamenti e in acquacoltura.

Le sfide, dunque, non mancano. E passano anche dai microrganismi.