Alla fine il Governo ha trovato l'accordo per regolarizzare la posizione di circa 200mila cittadini extracomunitari presenti sul territorio italiano illegalmente. Persone oggi impiegate in agricoltura e nelle nostre case come colf e badanti. Un provvedimento fortemente voluto dalla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, prima di tutto per una questione di "umanità", in secondo luogo per aiutare il settore agricolo oggi alle prese con una pesante carenza di manodopera.

E tuttavia proprio dal mondo agricolo arrivano le critiche delle Organizzazioni professionali. Secondo Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, solo una minoranza degli immigrati che vivono nei ghetti lavora in agricoltura. E quei pochi che lavorano nei campi vedranno regolarizzata la propria posizione a fine settembre, quando da raccogliere non ci sarà più niente.

E anche Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, è scettico: "La regolarizzazione dei lavoratori immigrati è un fatto di civiltà, ma temo che il numero di lavoratori che regolarizzeremo non sarà così significativo rispetto a quello che potremmo portare a casa dando effettiva attuazione ai corridoi verdi europei".

Tutti si trovano d'accordo nel dire che la regolarizzazione dei migranti irregolari non sarà la soluzione alla mancanza di manodopera in campo. Per quella, dicono tutte le organizzazioni, servirebbero due cose: il ritorno dei voucher e l'avvio di corridoi verdi.
 

Il nodo corridoi verdi

Ogni anno arriva in Italia un numero elevato di lavoratori provenienti da altri paesi europei. Si tratta di circa 300mila persone (dati Coldiretti) che ogni anno tornano, tendenzialmente nelle stesse aziende agricole, dove hanno stabilito un legame di fiducia con il titolare e sono autonomi nello svolgimento delle operazioni di campo.

I paesi da cui provengono sono principalmente la Romania, la Bulgaria e la Polonia. Oggi questi lavoratori, che vorrebbero venire in Italia come tutti gli anni, sono bloccati a casa a causa delle restrizioni agli spostamenti, dovute a Covid-19, imposte dai governi nazionali. Ed è qui che entrano in gioco i corridoi verdi. Percorsi privilegiati, stabiliti da accordi bilaterali, che permettono ai lavoratori agricoli (da qui l'aggettivo 'verdi') di venire in Italia per la stagione agricola.

Corridoi verdi sono già stati messi in pratica dal Governo della Germania, che si è accordato con la Romania e la Polonia per l'arrivo di braccianti. Oppure dalla Gran Bretagna, in ottimi rapporti con Varsavia. I paesi del Nord invece hanno fatto accordi con l'Ucraina e ora, chiedono le organizzazioni italiane, è bene che si muova anche l'Italia perché il tempo è ormai agli sgoccioli.

"All'agricoltura italiana serve manodopera qualificata, che conosce il settore e ci lavora da anni. Si tratta di persone che ogni primavera arrivano in Italia e hanno tutte un regolare contratto di lavoro. E io ad oggi non vedo nessun provvedimento del Governo che vada in questo senso", ha dichiarato Giansanti.
 

Il nodo voucher

I voucher sono una forma semplificata per remunerare il lavoro in agricoltura e permettono al datore di lavoro di pagare tasse e contributi in maniera semplice. Troppo semplice per i sindacati, che invece vorrebbero che i lavoratori fossero assunti con tutte le tutele (malattia, infortuni, ferie....) del contratto di lavoro nazionale.

Il risultato è uno stallo in cui dilaga il lavoro nero. Le aziende agricole non vogliono/non possono accollarsi l'onere dei contratti 'normali'. E i lavoratori, specialmente se irregolari, vengono pagati in nero, in barba a qualunque tipo di regola o tutela.

Ma il rischio di reintrodurre i voucher, dicono i sindacati, è che chi oggi ha un contratto di lavoro regolare non se lo veda rinnovato, ma venga 'assunto' coi voucher. Oppure che il datore di lavoro paghi solo la prima ora, in modo da essere 'in regola' in caso di controlli, e paghi il resto in nero.