Nelle ultime settimane si sta parlando con sempre maggiore insistenza della possibilità di regolarizzare la posizione di centinaia di migliaia di persone che oggi lavorano in nero in Italia in diversi comparti. Si tratta di persone prive del regolare permesso di soggiorno che sono impiegate in agricoltura, ma anche colf e badanti e persone che lavorano nell'edilizia e nel settore manifatturiero.

Ad essersi intestata la battaglia in difesa dei lavoratori irregolari è stata la ministra dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, che ha più volte ripetuto la necessità di regolarizzare queste persone per sottrarle al giogo del caporalato (e quindi della criminalità organizzata), ma anche per evitare che le baraccopoli in cui vivono diventino il focolaio di nuove epidemie di coronavirus.

Sulla stessa linea della ministra Teresa Bellanova si trova anche la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, che tuttavia ha posto alcuni paletti al provvedimento di regolarizzazione che potrebbe già essere approvato all'interno del 'decreto di Aprile', che tuttavia sarà votato a maggio dal Consiglio dei ministri.

Il tema dei lavoratori irregolari e dei migranti è estremamente divisivo nel nostro paese e alcuni partiti politici, come la Lega e Fratelli d'Italia, hanno denunciato il tentativo di sanare la posizione di 'clandestini' con la scusa dell'emergenza lavoro.

Alle critiche ha risposto la stessa ministra, che su Facebook ha affermato: "Quando parliamo di regolarizzare i migranti presenti nel nostro territorio parliamo di assicurare legalità e dignità a persone che già lavorano e hanno lavorato nelle nostre campagne, nelle nostre case, tutelando in tal modo anche gli imprenditori da lavoro nero e caporalato".


Tre cose vere e false sulla questione braccianti

Nella selva di dichiarazioni contrastanti è difficile orientarsi, vediamo dunque tre cose vere e tre false che riguardano il decreto al vaglio del Governo.

Verranno regolarizzati 600mila clandestini. Falso, i numeri presenti nella bozza in discussione parlano di 200mila lavoratori agricoli e altrettante lavoratrici che si prendono cura di bambini e anziani o che puliscono le nostre case (babysitter, colf e badanti). Restano esclusi i lavoratori dell'edilizia, del turismo, della logistica e del manifatturiero (altre 200mila persone circa).

La regolarizzazione farebbe bene al fisco. Vero, oggi chi lavora nei campi in nero non paga le tasse e se vive in un appartamento paga l'affitto in nero. Una regolarizzazione delle posizioni lavorative permetterebbe l'emersione di una fetta consistente dell'economia italiana.

La regolarizzazione riguarda tutti gli irregolari. Falso, soltanto chi è in Italia senza permesso di soggiorno, ma ha un lavoro può chiedere di essere messo in regola. La concessione del permesso di soggiorno sarà legata al fatto che ci sia un datore di lavoro che assuma il bracciante (la colf o la badante).

La regolarizzazione darebbe un colpo alla criminalità. Vero, oggi il lavoro degli irregolari viene gestito dai caporali che alimentano un sistema opaco, talvolta attiguo a quello della criminalità organizzata.

I migranti rubano il lavoro agli italiani. Falso, gli immigrati irregolari già oggi lavorano come braccianti agricoli e dunque una loro regolarizzazione non avrebbe alcun effetto su eventuali disoccupati italiani in cerca di lavoro in agricoltura. Ad oggi inoltre mancano circa 250mila braccianti (negli anni passati provenienti dall'Est Europa) per la raccolta di frutta e verdura. Posti di lavoro che solo in minima parte sono stati reclamati da italiani.

La regolarizzazione aumenterebbe i costi per le aziende agricole. Vero, le aziende agricole dovrebbero assumere i braccianti con regolare contratto di lavoro e dunque con tutte le tutele che questo comporta (retribuzione oraria, malattia, infortunio, etc.). Le aziende però lavorerebbero nella legalità e si spezzerebbe quel fenomeno perverso di dumping sociale, per cui alcuni lavoratori italiani sono ricattabili in quanto soffrono la concorrenza di lavoratori irregolari.