La situazione provocata dal Covid-19 è paradossale. Da un lato aumentano nella società i disoccupati e le persone in mobilità. Dall'altro l'agricoltura rischia di perdere una parte dei propri raccolti per l'assenza di manodopera. Un'emergenza più o meno globalizzata, che colpisce a diverse latitudini l'Unione europea, così come gli Stati Uniti. Parliamo di una rete di 10 milioni di aziende agricole in Europa e di 2,2 milioni negli Usa, fortunatamente non tutte con problemi di personale.

Quello che manca sono innanzitutto braccianti. Secondo alcune stime l'emergenza riguarderebbe 370mila unità in Italia, 300mila in Germania, 270mila in Francia, 250mila negli Stati Uniti, 60mila nel Regno Unito. Chiaramente, dove l'agricoltura si caratterizza per alto valore aggiunto (vino, ortofrutta), minore estensione aziendale, che di fatto impedisce di avere un'agricoltura altamente meccanizzata (risolvibile per alcune colture col ricorso ai contoterzisti), catene alimentari complesse, il fabbisogno bracciantile è più elevato.
 
A impensierire il funzionamento delle filiere non è solamente la fase di raccolta in campo, che rischia comunque di compromettere parte delle produzioni e che ha portato alcuni produttori ad arare sotto il campo i raccolti, anziché collocarli sul mercato.
Nell'era della globalizzazione, delle banane e delle fragole tutto l'anno, quello che è entrato in crisi è stato un modello produttivo dipendente da filiere lunghissime, dipendenti da logistica, trasporti, container, dogane. È bastato chiudere alcune frontiere, richiedere maggiori controlli, far lievitare i costi di spostamento delle merci in un'architettura economica improntata a grandi volumi di import-export - soluzione che pure ha garantito per molte filiere produttive una soddisfacente marginalità fino ad ora - che il giocattolo si è rotto. Il re si è mostrato nudo, tanto che da più parti, dall'Italia alla Francia, i cittadini hanno riscoperto innanzitutto l'agricoltura come settore dell'economia e gli agricoltori nel ruolo sia di produttori che, talvolta, anche di trasformatori, prendendo in considerazione la vendita diretta, il chilometro zero e le soluzioni dettate dalla salubrità e dalla stagionalità dell'offerta.

Una situazione emergenziale, che l'Europa ha cercato di alleviare attraverso l'istituzione di "corridoi verdi", finalizzati appunto ad agevolare il trasporto delle derrate agricole.

E quanto ha affermato nei giorni scorsi Pekka Pesonen, segretario generale del Copa-Cogeca, invitando a "pensare a come organizzare la catena del valore e la catena alimentare in futuro per essere sicuri di essere più resistenti", ha trovato una sponda nel commissario Ue all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, il quale ha messo in discussione la pratica di trasportare ogni anno 3 miliardi di tonnellate di prodotti alimentari e agricoli in tutto il continente.
Se l'obiettivo sarà quello di ridurre la distanza dei beni agricoli dalla terra alla tavola, non soltanto in un'ottica di sostenibilità ambientale (la strategia "Farm to fork" della presidente Ursula von der Leyen), di sicuro sarà un tema che verrà sviluppato con la prossima Pac, la cui riforma è stata proprio ieri, 28 aprile 2020, ufficialmente rinviata dalla Commissione Agricoltura del Parlamento europeo al 31 dicembre 2022.
 
Tornando alla manodopera, a soffrire di meno, in questa fase di confinamento obbligato dalla pandemia Covid-19, sono state le realtà a più alta automazione, in cui la macchina ha da tempo sostituito l'intervento dell'uomo. Ma anche l'avanguardia agricola degli Stati Uniti, grandi maglie poderali e macchine agricole da vendere, è entrata in sofferenza. Vittima sacrificale numero uno è il settore ortofrutticolo, a causa del crollo dei consumi nell'Horeca, non compensata dall'aumento di consumo domestico. Gli ordini delle grandi catene di ristoranti, fast-food, mense, hotel si sono azzerate. E i prezzi di mercato hanno inevitabilmente messo la freccia verso il basso.

L'amministrazione Trump ha cercato di correre ai ripari con una duplice soluzione. La prima grazie al sostegno economico al settore, attraverso un finanziamento complessivo di 19 miliardi di dollari (16 miliardi destinati ai pagamenti diretti agli agricoltori e altri 3 miliardi per acquisti di latte, carne e prodotti caseari, da distribuire attraverso i banchi alimentari). La seconda con sgravi fiscali e agevolazioni agli agricoltori che cercano di assumere manodopera, con l'abbassamento del salario minimo, allungando per alcune tipologie di immigrati (quelli con visti di lavoro h-2a) il periodo di permanenza e la possibilità di cambiare il datore di lavoro, aspetto in precedenza vietato.

Ovunque stanno nascendo piattaforme per la ricerca di manodopera, più o meno monitorate o gestite direttamente dai ministeri competenti. D'altronde, coprire - in particolar modo nel cuore dell'Europa - la richiesta di oltre 1 milione di occupati stagionali non è facile, con le prime colture che hanno già avuto qualche difficoltà di raccolta (asparagi e fragole, ma anche le particolari varietà di patate coltivate in Germania e Olanda per essere fritte, a conferma che alcuni prodotti sono stati condannati a morte dalle modifiche dei consumi alimentari).

La Germania, il cui fabbisogno ammonta a 300mila lavoratori stagionali, solo nel mese di maggio necessita di 100mila unità. Il ministero dell'Agricoltura continua a promuovere la piattaforma daslandhilft.de, che in poco tempo ha raccolto le richieste di circa 54mila volontari, dagli studenti agli operatori della ristorazione. "Si sono registrati anche pensionati, lavoratori a tempo ridotto e disoccupati. Lavorare in agricoltura è duro e impegnativo, per questo si calcola che per sostituire un lavoratore stagionale specializzato occorrano generalmente circa quattro o cinque lavoratori ausiliari, che non sono professionisti del settore", ha puntualizzato la ministra dell'Agricoltura tedesca, Julia Kloeckner.
Finora, come sostenuto da Bernhard Kruesken, segretario generale della Dbv, il principale sindacato agricolo tedesco, il bilancio dall'introduzione della procedura speciale ha dato risultati positivi.

Anche in Francia gli agricoltori francesi hanno lanciato un sito web (Agrojob) dove gli operai francesi, ma anche studenti, camerieri, cuochi, possono offrire la loro disponibilità a prestare il proprio aiuto in campo.

In Spagna il fabbisogno stimato per la raccolta in campo di prodotti essenzialmente ortofrutticoli oscilla fra i 100mila e i 150mila lavoratori e il ministro dell'Agricoltura Luis Planas sta dialogando con le organizzazioni agricole, le comunità autonome e il ministero del Lavoro per fronteggiare una prevedibile emergenza a partire dalla fine di maggio.

Il Regno Unito ha lanciato a campagna "Pick for Britain" per reclutare circa 70mila cittadini britannici, compresi studenti e persone che sono senza lavoro per il lockdown, potendo contare finora su poco più del 10% della forza lavoro necessaria per l'intera campagna.

Anche in Olanda la richiesta di manodopera si è accesa, in particolare per le serre e le difficoltà di reperire personale ci sono.
 
Gli operatori del settore sanno bene, infatti, che lavorare in campagna non è così semplice. Può sembrare facile, ma il concetto di "braccia rubate all'agricoltura" non è così scontato, perché serve perizia, professionalità, impegno. Non sono pochi, infatti, quelli che dopo qualche giorno (o nemmeno quello) hanno desistito. Troppa fatica, probabilmente. Ma l'agricoltura è soprattutto questo: impegno, tanto lavoro, passione.

Garantire il cibo per l'Europa non è una passeggiata. Ne tengano conto i cittadini comunitari e il legislatore, quando si dovrà assicurare una meritata assistenza alle aziende agricole dell'Ue con la riforma della Pac.