Sono tempi difficili. Ma anche interessanti. La pandemia ha messo in luce aspetti drammatici della nostra struttura sociale ed economica ma ci rivela anche tante opportunità. Ovvero la possibilità di passare a modelli economici e sociali più virtuosi e convenienti - per il genere umano e per tutto l'ambiente.

In queste settimane abbiamo scritto spesso in merito della crisi pandemica e abbiamo poi ricevuto diverse opinioni e tante altre ne abbiamo lette - tante da amici stimati. Ne vorrei citare - rilevanti - un paio.

La prima da Guglielmo Garagnani, vicepresidente del Consorzio del Parmigiano reggiano, in risposta al mio articolo qui su AgroNotizie sulle mega-farm cinesi. Guglielmo, vista l'aria che tira con informazioni deliranti, fake news eccetera eccetera, pare giustamente preoccupato che qualcuno pensi che gli allevamenti possano essere fonte dello spillover, ovvero del passaggio all'uomo di virus esiziali. Io dico che paragonare una mega farm cinese a un (anche grande) allevamento italiano è come paragonare un ridente borgo italiano a una mefitica periferia cinese o, dal punto di vista del prodotto, un cachemire quattro fili di Brunello Cucinelli a una poliammide colorata con nichel. Punto.

Questa è la forza della nostra agricoltura. Gli italiani e tutto il mondo devono sapere che facciamo roba pregiata - perché è effettivamente pregiata. Da tutti i punti di vista. E si può anche migliorare.

E qui vado (e faccio concludere) ad un altro amico, Andrea Sisti, presidente della Associazione mondiale degli agronomi. Andrea scrive: "L'Italia ha scelto la via più dura del lockdown ora deve scegliere la via più importante per ripartire, scegliamo il futuro del capitale naturale, i nostri nipoti ci ringrazieranno".  Ecco: proseguiamo e andiamo avanti su di una strada che, tutto sommato, abbiamo insegnato al mondo nei secoli. Perché l'Italia ha ancora qualcosa da dire.