Ortofrutta, manodopera, biologico e mercati esteri. Nella criticità generatasi dal coronavirus, è opportuno riscoprire la forza e la centralità dell'agricoltura. A fare il punto Paolo Bruni, presidente del Cso Italy.


Fragole e asparagi

La campagna dei prodotti invernali si sta concludendo e quella dei prodotti estivi non è ancora iniziata. Per questo motivo aprile è sempre stato considerato un periodo di passaggio dove i prodotti più caratterizzanti sono le fragole e l'asparago.

In Italia, quest'anno, il Cso ha stimato una superficie a fragole di circa 3.646 ettari, il 4% in meno sul 2019.
Attualmente in Basilicata, nell'areale del Metaponto, dove anche importanti aziende socie di Cso Italy hanno investito, le raccolte sono giunte a metà della campagna mentre nell'areale dell'Agro Aversano, in Campania, le raccolte sono iniziate dopo e ad oggi hanno raggiunto circa il 30% del potenziale.

Per quanto riguarda l'asparago, in questo 2020, le superfici subiscono un'inversione di tendenza dopo anni di espansione. L'estensione in Italia scende a circa 10.700 ettari complessivi (-2% sul 2019, stima Cso Italy). La flessione è dettata della Puglia mentre gli altri principali bacini produttivi appaiono grossomodo stabili.
Nella fase iniziale della stagione, il meteo gradevole aveva favorito un progressivo sviluppo della raccolta dell'asparago che, seppur ancora precocemente, stava aumentando il volume in tutti gli areali, mostrando un buon anticipo della fase fenologica.
Ma il ritorno di freddo negli ultimi giorni di marzo ha comportato un brusco arresto della raccolta in tutti i principali bacini produttivi. Le diffuse gelate hanno quindi penalizzato fortemente le coltivazioni in campo aperto. La gran parte dell'offerta proviene dalle serre che stanno fornendo prodotto da ormai oltre un mese.


Il settore agricolo continua a lavorare

Ancora una volta, di fronte all'emergenza tutto il settore agricolo, così come quello agroalimentare, sta compiendo un grande sforzo da parte di persone e lavoratori consapevoli di dover continuare a fornire i beni di prima necessità ai consumatori.
In agricoltura non esiste una produzione sospesa o ritardata. Inoltre "produzione agricola" non significa solo raccolta, ma significa imballaggi, conservazione, cicli industriali, quindi una produzione che per andare avanti oggi, in clima di coronavirus, necessita di una nuova organizzazione e tanti sforzi rispettando le norme dettate dai decreti ministeriali.
Ma proprio perché la produzione agricola non può essere fermata o ritardata si sono generate problematiche che non erano immaginabili.


La manodopera

Notoriamente, da molti anni, i lavoratori stagionali in agricoltura sono costituiti da una grossa fetta di stranieri. Infatti, in Italia, la quota di lavoratori stranieri impiegati in agricoltura è aumentata dal 15 al 20% del totale dei migranti nel periodo 2011-2017 (fonte Centro comune di ricerca - Commissione europea). In base ai dati Crea (2017) i lavoratori in agricoltura erano intorno a 1 milione, distribuiti nelle principali Regioni a vocazione agricola. Indicativamente, secondo ultime stime, quasi 1/3 degli operai agricoli è di provenienza straniera.

A causa della emergenza sanitaria Covid-19, la chiusura delle frontiere nei paesi Ue ed extra-Ue rischia di ostacolare fortemente l'arrivo di manodopera straniera in Italia: la carenza di lavoratori stagionali stranieri, dunque, sta già mettendo in allarme i produttori agricoli che si trovano a fronteggiare la mancanza di manodopera per raccogliere i prodotti che progressivamente maturano in campo.
Oltre al lavoro poi nei campi c'è tutta la parte delle lavorazioni di frutta e ortaggi presso gli stabilimenti che impiegano un ingente numero di maestranze provenienti principalmente da paesi come Romania, Albania e Polonia.

Nella criticità generatasi dal coronavirus, l'agricoltura potrebbe rappresentare di per sé il più grande ammortizzatore sociale in un periodo in cui molte persone sono costrette a perdere il lavoro in altri settori o ad accedere alla cassa integrazione o al reddito di emergenza.


Il biologico

Sul fronte dei consumi ci sono prodotti che sono in crisi per calo degli acquisti. In questo periodo con una frequenza alla spesa inferiore, la preferenza dei consumatori va verso prodotti a lunga conservabilità e le fragole ad esempio stanno risentendo enormemente di questo problema.

A registrare incrementi di vendite importanti è invece il biologico. Probabilmente perché questa tipologia di prodotto rassicura maggiormente il consumatore, nonostante ci siano garanzie certe di salubrità su tutta l'ortofrutta italiana.

In questo periodo le arance hanno visto un vero e proprio boom di richieste per le loro caratteristiche organolettiche che possono rafforzare le difese immunitarie, con l'alta presenza di vitamina C. Il prodotto, già alla fine della campagna di commercializzazione, è richiesto anche dai paesi asiatici che sono stati colpiti dal coronavirus, come Cina e Giappone che richiedono particolarmente le arance rosse. Nella situazione globale negativa, questo elemento sarà da sfruttare in positivo per l'avvenire ed iniziare fin da ora a coltivare e consolidare rapporti commerciali concreti per il prossimo futuro.


La circolazione delle merci

Purtroppo il coronavirus ha avuto effetti repentini e negativi sulla circolazione delle merci sia in ambito comunitario che extracomunitario. Infatti, appena annunciata la situazione, le merci sono state bloccate ingiustificatamente alle frontiere, strumentalizzando anche il fatto che le merci italiane potessero essere veicolo del virus.

Ad oggi la situazione è andata migliorando anche grazie alle linee guida emanate dalla Commissione europea lo scorso 23 marzo, su pressione delle diverse organizzazioni ed associazioni, che hanno contribuito a creare dei "corridoi preferenziali" per i prodotti ed i servizi essenziali - tra i quali anche i prodotti deperibili come l'ortofrutta e ad indicare modalità per i trasportatori che ne garantiscano al contempo la salute dei lavoratori e tempi accettabili per i controlli per le merci deperibili e i beni essenziali.

Diverso è invece il discorso verso paesi extracomunitari, in particolare in oltremare. dove abbiamo avuto di riflesso l'onda negativa dell'arresto delle attività e di conseguenza anche nei porti in quei Paesi che sono stati colpiti prima dal coronavirus per cui non c'era ad esempio disponibilità di container.

Tuttavia, l'emergenza si è scatenata praticamente alla fine della campagna commerciale di alcuni dei prodotti maggiormente esportati verso destinazioni così lontane come ad esempio il kiwi, mentre possono soffrire maggiormente questa situazione prodotti come le mele: si pensi all'India, che attualmente è in lockdown e ci sono diverse decine di container verso questo paese.


Il clima

In tempi di coronavirus anche il clima non sta aiutando. Le coltivazioni sono state colpite da importanti gelate, in gran parte del paese.

Particolarmente rilevante sembra essere l'impatto del gelo sulle drupacee, in primis Emilia Romagna e nelle altre aree del Nord, con danni evidenti su albicocco, susino e probabilmente in misura minore su pesco e ciliegio; segnalati problemi anche per il kiwi. Emerge inoltre una forte preoccupazione anche per pere e mele.
Al momento è però difficile quantificare l'effettivo danno.

A fronte del grosso sforzo e del ruolo che l'agricoltura ha e può avere in questo contesto di difficoltà, l'appello è di intervenire per aiutare il consumo anche rassicurando il consumatore sulla qualità e sulla salubrità delle produzioni nazionali e anche con interventi forti a favore della manodopera che già su diversi tavoli si stanno sollecitando.