La siccità sta colpendo duramente tutto il Mezzogiorno d'Italia, ma due regioni sono molto vicine ad una situazione di severa emergenza e per motivi diversi. In Calabria l’acqua manca, per altro non esistono dati pubblici sulla reale consistenza degli invasi della Sila e l’irrigazione d’emergenza - pure erogata dai Consorzi di bonifica proprio con quell'acqua - per ora non è stata sufficiente a salvare i raccolti. Diversamente, in Sicilia, dove gli invasi non sono in una situazione di sofferenza, a patire di più sono le aree della Sicilia interna, quelle dove si semina grano duro, che si ritrova in seria difficoltà.

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Sicilia, mai un inverno così asciutto da cent'anni

Anche il mese che si è appena concluso può essere archiviato come il febbraio più asciutto degli ultimi cento anni. Era già successo lo scorso gennaio, anch’esso il più secco nell’ultimo secolo. Un febbraio così, senza piogge, si era registrato solo a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. Mai però due mesi invernali consecutivi – e fondamentali in Sicilia per accumulare scorte d’acqua - erano stati così siccitosi.

Il dato registrato dall’Osservatorio delle acque della Regione Siciliana è ormai più di un campanello di allarme soprattutto nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento. Per due mesi consecutivi, in questa parte di Sicilia, non si è praticamente vista una goccia d’acqua e a risentirne principalmente è l’agricoltura, visto che gli invasi sono ancora in salute per rifornire le abitazioni. Una situazione che, in mancanza di mutamenti sostanziali del quadro meteo - climatico a breve termine, prefigura lo stato di calamità naturale.

“Siamo davanti a un quadro preoccupante, la siccità sta compromettendo le nostre colture in corso come il grano, foraggi e ortaggi. Ma ha anche bloccato il lavoro nelle vigne, dove in questo periodo si dovrebbe lavorare ai nuovi impianti. La terra è però dura, spaccata, non si può piantare nulla in questo momento, un problema che stanno vivendo anche i florovivaisti”, spiega Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale.

In provincia di Palermo la siccità ha colpito in maniera diverse le Basse e le Alte Madonie. Nelle prime è fortemente a rischio il raccolto del grano. Chi ha fatto in tempo a piantare, ha visto germogliare le piantine che però stentano a crescere.
"L’unica acqua che ricevono arriva dalla brina, vista l’escursione termica di questo febbraio che ha registrato un caldo anomalo di giorno alternato a notti fredde - spiegano ad AgroNotizie i tecnici di Cia Sicilia Occidentale - Nelle Alte Madonie, qualche gelata ha compromesso pascoli e colture foraggere. Si fatica a trovare aree di pascolo che non siano spelacchiate e gli allevatori sono costretti a comprare fieno fuori stagione".
Da queste parti, a preoccupare, è anche l’assenza di neve, una risorsa importante perché a rilascio ritardato: quando nei mesi primaverili diminuiscono le piogge e il sole la scioglie, l’acqua va a rifornire le sorgenti.

Gravi conseguenze, sul piano economico, si registrano nei territori tra Cerda e Sciara, per le colture di carciofi e broccoli. I laghetti - come chiamano in Sicilia le vasche di accumulo per le acque piovane - sono asciutti da settimane, le aziende nei pressi dei corsi d’acqua stanno a fatica portando a compimento le colture. Per tutti gli altri si parla di perdite fino al 70% del raccolto.

Tutto secco anche in altre zone interne della provincia, nel corleonese e partinicese. Anche qui terra arida e spaccata come in un deserto. Si salva chi ha accesso alle risorse idriche.

La siccità, in provincia di Trapani, sta causando problemi soprattutto al comparto vitivinicolo. I terreni aridi e duri non permettono l’impianto delle nuove vigne. Se la siccità persisterà è probabile che la naturale crescita della pianta subirà conseguenze condizionandone la produzione.
 

Calabria, dove anche l’irrigazione di soccorso è insufficiente

E' drammatica ed incalzante la sequenza di notizie che giunge dalla terra calabra. Lo scorso 26 febbraio Coldiretti Calabria a causa della situazione critica per la siccità che registra da lungo tempo l’assenza di precipitazioni significative e di alte ed anomale temperature ha scritto una lettera alla neo presidente della Regione, Jole Santelli ed al Dipartimento regionale Agricoltura per chiedere l’avvio delle procedure per il riconoscimento dello stato di calamità.
“Ormai - scrive il presidente di Coldiretti Calabra, Franco Aceto – la situazione è di emergenza in particolare nella fascia jonica che va da Sellia Marina a tutto il crotonese, in particolare l’altopiano di Isola di Capo Rizzuto, nell'area di circa 4mila ettari investita alla coltivazione di uno dei prodotti principe: il finocchio".

"Dalle segnalazioni che ci giungono nonché dai sopralluoghi effettuati dai nostri tecnici, la conta dei danni è già pesantissima e, fortemente esposta ad aggravamenti. I produttori di finocchi
- prosegue Aceto - stanno interrando tutti i campi poiché il caldo ha completamente compromesso la produzione in termini quantitativi e danneggiato la qualità del prodotto rendendolo non commerciabile nonostante le ripetute irrigazioni di soccorso che sono state possibili grazie all’encomiabile impegno del Consorzio di bonifica".

Ma non sono solo le ortive a soffrire e Aceto afferma: "I terreni seminati a coltivazioni erbacee - grano duro, cereali, leguminose, erbai per la produzione di foraggio per gli allevamenti e pascoli montani - risultano gravemente secche e danneggiate. Davanti a questo drammatico scenario con uno degli inverni più secchi e più caldi degli ultimi decenni, con una prospettiva, stando alle previsioni meteo aggiornate, affatto rassicurante – continua - si richiede l’adozione urgente di misure straordinarie”.

Il giorno dopo lo stesso appello è stato lanciato anche dal presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto Statti, secondo il quale “Dai dati del servizio Copernicus relativo ai cambiamenti climatici emerge come nel mese di gennaio si siano registrate le temperature più alte della media stagionale dal 1880 ad oggi. A questa anomalia termica si aggiunge la totale assenza di precipitazioni che ha ridotto la portata idrica dei corsi d’acqua e conseguentemente il livello degli invasi fondamentali per l’irrigazione di soccorso. Due concause, tra esse legate, che hanno già comportato effetti diretti sulle coltivazioni ortofrutticole primaverili e che rischiano di compromettere anche quelle future".

"Una situazione che – aggiunge il presidente di Confagricoltura Calabria – si aggrava di giorno in giorno e che, dalle segnalazioni pervenute dalle nostre imprese associate e dalle strutture territoriali, sta comportando danni alle colture orticole, ortofrutticole e arboree nonché agli allevamenti. Tanto da mettere seriamente a repentaglio la tenuta economica di numerose strutture produttive già colpite dalla crisi di mercato. Un quadro decisamente negativo già segnalato con una missiva al Dipartimento agricoltura della Regione Calabria”.

Ma sulla complessa vicenda della Calabria, che dipende in larga parte dagli approvvigionamenti idrici assicurati dai laghi della Sila e della Basilicata, interviene l’Anbi, Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue. “Comprendiamo e siamo vicini alla preoccupazione delle organizzazioni agricole di fronte alla crescente crisi idrica calabrese, che sta pregiudicando le colture in vaste aree della regione, ma ci corre l’obbligo di ricordare che era il 31 luglio 2017, quando Anbi presentò a Crotone la proposta di riforma regionale dei locali Consorzi di bonifica, indicandone la riduzione di numero per migliorarne l’efficienza gestionale e l’operatività nelle aree irrigue, di cui è peraltro evidente la necessità di ampliamento”. A ricordarlo è Francesco Vincenzi, presidente nazionale dell’Anbi, che prosegue: “Da allora, però, nulla si è mosso per il disinteresse della Regione Calabria verso i temi della gestione irrigua e della prevenzione idrogeologica”.

“Non solo – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - la Regione Calabria ha costretto i Consorzi di bonifica ad adire le vie legali per vedere onorati e riconosciuti 70 milioni di crediti vantati verso l’ente ed oggi addirittura soggetti a decreti ingiuntivi, a seguito di sentenze giudiziarie. Nonostante le comprensibili difficoltà economiche, i Consorzi di bonifica hanno proseguito il loro lavoro, continuando nella manutenzione ordinaria preventiva e nella gestione dell’acqua irrigua ed anche dimostrando una capacità progettuale, che ha loro consentito di ottenere alcuni finanziamenti nell’ambito del Piano nazionale di sviluppo rurale e del Fondo sviluppo e coesione”.

“Per questo - insiste Vincenzi - Anbi torna a chiedere l’immediato avvio di un confronto istituzionale, teso ad avviare politiche virtuose per il settore agricolo, rigettando al contempo qualsiasi strumentalizzazione degli enti consorziali per interessi, che nulla hanno a che fare con quelli dei cittadini e del territorio calabrese”.
Parole che andranno consegnate al prossimo assessore all’agricoltura della Regione Calabria, casella ancora da riempire nella giunta della neo presidente Jole Santelli.