Il pomodoro che fa bene alla società. La migliora, combattendo l'illegalità. Come? Mettendoci dentro un pezzo di lotta al caporalato; che diventa un pezzo della vittoria più ampia contro lo sfruttamento dei braccianti.

E' questo il cuore del primo progetto di Goodland (la startup innovativa di Bologna che si occupa di iniziative sociali e sostenibili con al centro l'economia e il valore della terra, dei territori e delle comunità) messo a punto con la collaborazione della rete internazionale 'No cap', l’associazione che si batte contro il caporalato nelle campagne.

I pomodori, che poi diventano il nettare della passata anti-caporalato, sono coltivati nelle aziende agricole di Rignano Garganico; sono stati coinvolti gli agricoltori e i trasformatori, i lavoratori immigrati che vivono nella versione italiana delle favelas bordo-periferia, le istituzioni locali, quelle regionali, i gruppi della distribuzione. Ed è in questo modo che si è potuto accendere il meccanismo virtuoso - con ricadute dall'impatto sociale ed economico - nell'area del foggiano.

"Le conserve di questo pomodoro sono il frutto di equità, giustizia sociale, solidarietà e rispetto dei lavoratori - ha osservato la deputata di LeU Rossella Muroni, alla presentazione del progetto alla Camera - l'idea si è resa concreta tenendo insieme tutto il percorso della filiera, dal campo alla distribuzione; chiama in causa le energie migliori e dimostra che anche in Italia si può produrre in modo pulito, combattendo il caporalato, una delle piaghe che affliggono le nostre campagne, non solo dal punto di vista della repressione ma anche offrendo un prodotto che coinvolge i cittadini, facendoli diventare protagonisti del cambiamento. Perché dobbiamo ricordarci che tutti possiamo fare qualcosa per contrastare il caporalato: non comprare a prezzi troppo bassi, per esempio, ma acquistare soltanto prodotti che con il loro costo abbiano retribuito in modo corretto il lavoro".

Secondo il presidente di Goodland, Lucio Cavazzoni (ex presidente di Alce nero), "i diritti sono fondamentali. La terra, il cibo, il sostegno a una pratica di pluralità rappresentano una condizione indispensabile per la vita di ognuno di noi. Non dobbiamo temere di osare. L'azione diretta, aggregante e collettiva che mira a un progetto di cambiamento ambientale e sociale è l'unica via che abbiamo per conoscere, per incidere e operare".

Ma a raccontarla bene, questa storia fatta di pomodori che arrossiscono sotto il cielo assolato e si illuminano nella pelle liscia e tesa, bastano i numeri: "Questo progetto - ha spiegato Yvan Sagnet, presidente di 'No cap' - ha dato un lavoro a 138 immigrati, dando la possibilità di avere il permesso di soggiorno a trenta di loro. E prossimamente ne saranno coinvolti cinquecento".

L'azione politica può aiutare ancora di più a sconfiggere lo sfruttamento nei campi: "Ora c'è il tavolo attivato dal ministero delle Politiche agricole, il coinvolgimento del ministero del Sud, e l'attuazione del Piano contro il caporalato definito insieme con i ministri dell'Interno e del Lavoro - ha messo in evidenza Rossella Muroni - ma c'è anche da licenziare definitivamente, e il prima possibile, la legge sul biologico".

A battersi per la filiera del pomodoro, e contro il caporalato, c'è anche la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova che tempo fa ha ricordato - in occasione dell'adozione del 'Codice etico per la sostenibilità sociale e ambientale della filiera del pomodoro da industria del bacino del Centro-Sud Italia' - come non ci sia "una filiera sporca ma aziende che commettono reati, e come tali vanno punite. La sostenibilità economica, sociale e ambientale - aveva affermato la ministra Bellanova - è la strada giusta; sono i pilastri della strategia di salvaguardia di tutto il settore, della tutela dei lavoratori, e della reputazione delle imprese".