Prevenzione, vigilanza, contrasto, protezione, assistenza e attenzione al reinserimento sociale oltre che sul lavoro. Questa la filiera che si dovrà seguire per la lotta al caporalato. E' stato infatti approvato il primo Piano nazionale, con un programma triennale (da quest'anno fino al 2022), per il contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato.

Arrivano così in concreto, con 88 milioni di euro di risorse, una serie di azioni da seguire; dieci quelle ritenute di priorità assoluta dai tre ministeri coinvolti; il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il ministero dell'Interno e il ministero delle Politiche agricole. Il Piano è il frutto di una collaborazione più ampia da parte di tutte le istituzioni impegnate a livello centrale, regionale e locale contro lo sfruttamento e il caporalato che si sono riunite nell'ambito del tavolo, aperto anche ad associazioni di categoria, sindacati e terzo settore; ha avuto anche il supporto dell'International labour organization con un programma di sostegno per le riforme strutturali (Srsp) finanziato dalla Commissione europea.

"Le parole d'ordine su cui il Piano si articola sono coordinamento e integrazione - dice la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova - sono necessarie azioni coordinate, soprattutto in alcune aree di emergenza, alloggi, trasporti, intermediazione legale del lavoro, controlli. Se si interviene solo su uno di questi aspetti, si rischia di fallire l'obiettivo, perché la rete criminale continua ad offrire i servizi mancanti".

Vale circa 5 miliardi di euro l'economia sommersa legata al caporalato. "Un dato rilevante - aveva ricordato di recente la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, a un convegno della Coldiretti dedicato al caporalato - se si pensa che soltanto nel 2018 a fronte di 7mila ispezioni sono stati trovati 5mila lavoratori irregolari. Nel 2019 tra gennaio e novembre sono state deferite 290 persone". Secondo un'analisi proprio della Coldiretti più di un quarto del made in Italy a tavola arriva da lavoratori stranieri, circa 370mila provenienti da 155 paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore.

"Per la prima volta - rileva Teresa Bellanova - lo Stato si dà un metodo preciso per la prevenzione e il contrasto del fenomeno. Il Piano, sul quale abbiamo lavorato con le ministre Catalfo e Lamorgese, segna un fondamentale punto di svolta e consente la piena attuazione della legge 199/2016: repressione e prevenzione. Se finora la legge ha funzionato in modo importante sul piano della repressione adesso la priorità è intervenire dando protezione alle persone, ai lavoratori italiani e stranieri a cui vengono negati diritti elementari, come le numerose e importanti operazioni della magistratura e delle forze dell'ordine ci dicono".

E da un'altra analisi della Coldiretti emerge che "quando si acquista una passata al supermercato si paga più per la bottiglia che per il pomodoro contenuto"; in una bottiglia di passata di pomodoro da 0,700 litri in vendita mediamente a un euro, quasi la metà del valore (45%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 20% sono i costi di produzione industriali (energia, manodopera, investimenti), il 20% è il costo della bottiglia con gli imballaggi, il 10% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 5% ai trasporti. Per l'associazione questo mette in evidenza "uno squilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera favorito anche da pratiche commerciali sleali che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione. Una realtà che impone la necessità di spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera. L'esperienza dimostra che la necessaria repressione da sola non basta ma serve agire anche sulle leve economiche che spingono o tollerano lo sfruttamento; e quindi dalla lotta alle pratiche commerciali sleali fino alle importazioni low cost da paesi a rischio".

"Non dobbiamo più consentire - prosegue Tresa Bellanova - che chi lavora nei campi divenga poi invisibile nel resto del tempo o sia confinato in ghetti squallidi e vergognosi dove si continua ad essere alla mercé dei caporali. Contemporaneamente, ed è obiettivo strategico del Piano, dobbiamo dare risposte alle legittime aspettative di migliaia di aziende agricole oneste, che chiedono forme più efficienti per reperire manodopera legale".

Per la Cia "il caporalato va contrastato con mezzi e risorse adeguati, soprattutto sul fronte dei controlli sostanziali da parte delle autorità competenti che conoscono il fenomeno sul territorio. Mentre il ruolo delle organizzazioni di impresa deve essere non tanto quello di promuovere iniziative propagandistiche ma di continuare nel loro impegno quotidiano a sostenere e tutelare le aziende agricole che contribuiscono alla tenuta economica e sociale del nostro paese".

Il Piano approvato di battaglia allo sfruttamento lavorativo ha origine con una mappatura dei territori e dei fabbisogni di manodopera agricola, e affianca interventi emergenziali e interventi di sistema o di lungo periodo; segue quattro assi strategici: prevenzione; vigilanza e contrasto; protezione e assistenza; reintegrazione socio-lavorativa. Alla base c'è una piattaforma di servizi che incrocia domanda e offerta, ed è qui che l'imprenditore potrà trovare le persone di cui ha bisogno, con le necessarie qualifiche. In questo potrà togliere forza allo sfruttamento.

"Non è un caso - conclude la ministra Bellanova - che il Piano abbia come prima azione prioritaria la redazione di un calendario dei fabbisogni della manodopera agricola. Dobbiamo conoscere di più quando, dove e quanti lavoratori servono nelle nostre campagne. Ritengo sia venuto il momento anche per un aggiornamento dei fabbisogni".