Il “Progetto nocciola Italia” della multinazionale Ferrero trova la strada sbarrata in Calabria, dopo molti mesi di attenzione verso gli areali vocati all’ombra del Pollino, nei quali il gruppo di Alba ha intenzione di realizzare 500 ettari di noccioleti ad allevamento intensivo, al fine di ridurre l’import dalla Turchia. Il no secco alla proposta del gigante dei dolciumi confezionati è stato ribadito negli scorsi giorni dal Consorzio di tutela e valorizzazione della nocciola di Calabria, con un’articolata nota diffusa alla stampa. AgroNotizie ne ha chiesto conferma al presidente del Consorzio, Giuseppe Rotiroti.

Da giorni, sia sugli organi di stampa che sui social media, ha trovato largo spazio ed amplissima diffusione la notizia circa l'arrivo salvifico in Calabria della Ferrero che - questa la narrazione - determinerebbe la rinascita ed il rilancio della filiera corilicola calabrese" afferma Rotiroti.

Nell'entusiasmo con cui viene raccontata questa notizia c'è - evidentemente - una condivisibile speranza di riscatto alimentata però da una superficiale conoscenza dei luoghi, della produzione, della filiera, delle strategie di sviluppo già messe in atto e perseguite con determinazione e fatica" aggiunge il presidente del Consorzio.

In realtà, il Consorzio della nocciola Tonda calabrese era stato contattato già tre anni fa dalla Ferrero che si apprestava a lanciare il “Progetto nocciola Italia” ed era subito partita la risposta negativa del sodalizio. La scelta di Ferrero di fidelizzare corilicoltori in Calabria, con due stabilimenti vicini, uno in provincia di Potenza e l’altro in provincia di Avellino, era volta al completamento dell’operazione già avviata in Basilicata, con contratti di coltivazione su noccioleti da piantare ex novo.

“Abbiamo risposto no – spiega Rotiroti - In primo luogo per la qualità della pianta, i nostri alberi - che ci donano la Tonda calabrese - non hanno le caratteristiche per una produzione ben più intensiva; per gli obiettivi della Ferrero di fatto non basterebbe l'intero territorio vocato alla produzione e ricompreso tra i comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero e Simbario”.

La Tonda calabrese, secondo il Consorzio, ha una qualità riconosciuta ormai a livello nazionale ed internazionale” mentre invece “il progetto della multinazionale richiederebbe grandi distese, una qualità ridotta a fronte di una quantità che sarebbe invece enormemente superiore”.
A Rotiroti non sta bene che “Le nocciole sarebbero poi trasformate fuori, è un meccanismo che conosciamo, che non ha prodotto e non produrrà occupazione relegandoci ad essere non imprenditori, ma coloni di una logica che non condividiamo”.

Il Consorzio invece persegue una strategia alternativa, che punta sulla “qualità e una trasformazione del prodotto che deve avvenire qui, consentendo alle imprese di strutturarsi ed ai territori di mantenere la propria identità”.

“Noi - come Consorzio di tutela - abbiamo un sogno che, per fortuna, si sta lentamente trasformando in realtà – aggiunge il presidente Rotiroti - Abbiamo deciso di puntare sul piccolo imprenditore che intende diventare grande attraverso la qualità del proprio prodotto. Cosi come abbiamo scelto - in linea con quanto accade in molte altre regioni - di associare alla nocciola i territori, con la loro identità e la loro storia; oggi la logica che produce profitto per i territori ed occupazione per i calabresi è quella che guarda sì al consumatore, ma lo qualifica al tempo stesso come turista e ospite”.

Una strategia, quella del Consorzio, che lega il consumo della nocciola alla fruizione e al soggiorno nei borghi e nei territori rurali calabresi, all'offerta di prodotti, servizi, ristorazione, ospitalità, esperienze all'interno di sistemi più ricchi e complessi che valorizzino comunità e territori.

“Ecco perché chiediamo da tempo alla ministra Teresa Bellanova la convocazione del Tavolo corilicolo nazionale – concludere Rotiroti - e condividiamo per intero le valutazioni espresse del presidente nazionale “Città della nocciola” Rosario d’Accunto, che sottolinea come la corilicoltura italiana non possa e non debba essere abbandonata alle scelte delle multinazionali”.