Dall'epoca pre-industriale ad oggi la temperatura media globale si è alzata di circa un grado centigrado. Quello che può sembrare un piccolo rialzo in realtà ha degli effetti pesanti sul clima, come sull'uomo la differenza di un grado divide una persona sana da una malata.

In Italia gli effetti del riscaldamento globale si sono fatti sentire sotto forma di un aumento dei fenomeni intensi come i nubifragi (le cosiddette bombe d'acqua), venti forti, gradinate anomale, ondate di calore e periodi prolungati di assenza di precipitazioni.

Tutta l'agricoltura deve fare i conti con condizioni ambientali mutevoli, ma la viticoltura è uno dei settori che potrebbe risentire di più dei cambiamenti climatici. L'aumento delle temperature e la carenza di precipitazioni hanno infatti pesanti ripercussioni sulla produttività e qualità delle uve raccolte.
 

Uve surriscaldate

Un aumento delle temperature medie durante il periodo vegetativo della vite porta ad una accelerazione della maturazione tecnologica delle uve che tuttavia non è seguita da una maturità fenologica e aromatica.

Il caldo intenso dell'estate, con picchi di calore superiori ai 35°, porta ad una abbondante formazione di zuccheri a discapito degli acidi e ad un mancato sviluppo dei fenoli e degli aromi che determinano il livello di qualità delle bacche.

Lo sanno bene in Franciacorta e in Trentino, aree famose per la produzione di spumanti, che negli ultimi tempi si trovano a dover anticipare costantemente la vendemmia per preservare i livelli di acidità nei grappoli. E che tuttavia stanno registrando una diminuzione dei livelli di fenoli e aromi.

Inoltre un aumento delle temperature, che spesso rimangono elevate anche di notte, porta ad una degradazione dei fenoli, come gli antociani, e dei composti aromatici, presenti nelle bucce.

Insomma, estati troppo calde determinano la produzione di uve ricche di zuccheri, ma povere di composti acidi, aromatici e fenolici. Che sono poi quelli che permettono di produrre vini di alta qualità.
 

Mettiamo la vite sotto stress

A complicare le cose c'è il fattore acqua. Ogni viticoltore sa che per produrre uve di qualità la vite deve essere in uno stato di stress controllato. In queste condizioni si accumulano, soprattutto nella buccia, composti aromatici, antociani, tannini e polifenoli che poi sono valorizzati in cantina.

Una mancanza troppo spinta di acqua porta tuttavia la pianta ad una produzione stentata e di bassa qualità, anche sotto il profilo della sanità dei grappoli. In questi casi si ricorre all'irrigazione di soccorso che tuttavia non è sempre praticabile.

Se non si inverte la rotta a livello di emissioni di gas ad effetto serra il global warming non potrà che peggiorare. E dunque quali sono gli accorgimenti che i viticoltori possono mettere in campo per mitigarne gli effetti?

Abbiamo chiesto consiglio ad Antonello Bonfante, ricercatore del Cnr che studia proprio questi fenomeni. Ecco allora nove consigli per chi deve impiantare un nuovo vigneto e per chi invece ha già un impianto in produzione.
 

Sei consigli per un nuovo vigneto

Gli agricoltori che si stanno apprestando a impiantare un nuovo vigneto devono prestare attenzione ad alcuni elementi per tutelarsi nei confronti degli effetti dei cambiamenti climatici.

L'area. "Le aree che fino a quindici anni fa erano ideali per la viticoltura oggi e soprattutto in futuro potrebbero non esserlo più", spiega ad AgroNotizie Bonfante. "Nella scelta della location di un nuovo impianto bisogna dunque studiare attentamente le condizioni pedoclimatiche e valutare diversi aspetti che condizionano l'adattamento di un vitigno. Tra i tanti quello forse più immediato è il regime termico utile ad identificare le possibili nuove zone vocate ad un vitigno specifico".

Meglio dunque evitare quelle aree in cui le centraline meteo hanno rilevato troppi giorni con temperature vicine ai 35°, considerata la soglia limite oltre la quale la vite entra in sofferenza.

Suolo e portainnesto. Oltre alle solite analisi del suolo bisogna andare più in dettaglio, attraverso una descrizione pedologica ed idrologica, fondamentale per valutare la capacità del terreno di gestire l'acqua e renderla disponibile per la coltura durante la stagione di crescita.

Di fatto a parità di clima e quindi di distribuzione delle piogge, suoli con caratteristiche idro-pedologiche diverse gestiscono l'acqua differentemente, producendo stress e risposte colturali differenti, come una diversa qualità delle uve. Se gli stress idrici aumentano in condizioni di gestione non irrigua, come nelle aree Doc e Docg, l'utilizzo di portainnesti più resistenti allo stress idrico potrebbe essere una soluzione per mitigare in parte gli effetti negativi del cambiamento climatico.

Alzarsi di quota. In Trentino proprio per contrastare l'innalzamento delle temperature i viticoltori stanno spostando i vigneti a quote superiori, dove l'aria è più fresca. "E' una tecnica che funziona, ma che tuttavia non mi sento di consigliare perché significa andare ad aggredire ambienti naturali, talvolta delicati, e favorire processi di degradazione dei suoli", puntualizza Bonfante.

Orientamento"Se oggi gli impianti sono realizzati con un orientamento Nord-Sud, in modo da esporre le piante al sole in maniera ottimale, potrebbe essere una buona idea abbandonare questo dogma in favore di un diverso orientamento dei filari che garantisca un minore irraggiamento solare delle foglie", suggerisce Bonfante.

Irrigazione. Nelle aree in cui le piogge scarseggiano, come spesso accade nel Sud Italia, meglio prevedere impianti di irrigazione a goccia per andare in soccorso delle viti quando la mancanza di precipitazioni è prolungata.

Un impianto di irrigazione tuttavia deve essere valutato sotto diversi profili. Prima di tutto economico, visto che non sempre i costi di realizzo sono affrontabili. Non è poi detto che nella zona siano disponibili risorse idriche (come pozzi o bacini artificiali) ed infine bisogna tenere in considerazione che molti disciplinari di produzione di Doc e Docg non consentono l'impiego dell'irrigazione.

Forma di allevamento"Nella scelta della forma di allevamento e nella potatura invernale è poi necessario prestare particolare cura nel rispettare i flussi dei vasi linfatici onde evitare la formazione di strozzature o costrizioni che ostacolando il libero flusso di linfa incrementino lo stress idrico", sottolinea Bonfante.

"Tale argomento è attualmente in fase di valutazione sperimentale in Regione Campania nel progetto Psr - Grease - Modelli sostenibili di coltivazione del vitigno Greco: efficienza di uso delle risorse ed applicazione di indicatori della Footprint family, presso l'azienda Feudi di San Gregorio".
 

Tre consigli per gestire i cambiamenti climatici in vigneti già esistenti

Per chi possiede vigneti già in produzione gli accorgimenti per limitare gli effetti del surriscaldamento globale sono di meno. Ma è comunque possibile mettere in atto alcune strategie e confidare sulla capacità di adattamento delle piante.

Reti. Si possono utilizzare delle reti filtranti, disponibili già oggi in diversi colori a seconda del grado di ombreggiamento, che vengono poste non in cima alla chioma ma solo a livello di grappolo per ridurre l'irraggiamento diretto, una delle cause della mancata sintesi degli antociani e della degradazione dei composti fenolici e aromatici.

Caolino. È anche possibile usare dei prodotti schermanti come il caolino, una argilla che grazie alla sua colorazione bianca è in grado di riflettere i raggi del sole limitandone l'assorbimento da parte delle foglie.

Sfogliatura. Uno schermo naturale dei grappoli è rappresentato dalle foglie della vite stessa. "Le foglie rappresentano un'ottima fonte di ombra per i grappoli. Ridurre la sfogliatura e lasciare che le bacche siano schermate dalle foglie permette di ridurre la temperatura dei grappoli e quindi il rischio della mancata sintesi o degenerazione dei polifenoli".