Ieri, 4 novembre 2019, è stata una giornata densa di avvenimenti per l'economia e la politica agricola italiana e continentale, e che ha visto il concentrarsi di due eventi che appaiono nodali.

Da un lato c'è la certificazione definitiva - giunta durante la presentazione a Roma del Rapporto Svimez 2019, presenti il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano - che i Programmi di sviluppo rurale sono già oggi largamente insufficienti nel sostenere gli investimenti necessari al rilancio dell'agricoltura italiana in generale e nel Mezzogiorno in particolare. Perché pur con le attuali dotazioni finanziarie dei Psr, gli investimenti in agricoltura sono calati in Italia del 20% tra 2007 e 2017 e di oltre il 45% nelle regioni del Mezzogiorno nello stesso periodo.

E, d'altro canto, arriva l'ufficiale presa di posizione dell'Italia contro Bruxelles, dove la Commissione Ue ha formalizzato ieri la proposta di taglio al budget della Politica agricola comune. Secondo la Commissione l'agricoltura italiana perderà sulla Pac 2021-2027 ben 370 milioni di euro all'anno, che si distribuiranno con un taglio lineare del 15% sui fondi dello sviluppo rurale della prossima programmazione e per il 4% sui pagamenti diretti. Immediata la levata di scudi della ministra alle Politiche agricole, Teresa Bellanova e del relatore alla Commissione agricoltura del Parlamento europeo per la Pac, Paolo De Castro, che dicono no alla proposta della Commissione e minacciano di dare battaglia.

Sullo sfondo c'è l'amara conferma di Svimez: per il Sud – dove si gioca il futuro della ripresa dell'intero paese - il 2019 sarà anno di recessione (-0,2%), mentre la ripresa modestissima prevista per il 2020 (+0,2%) produrrà un periodo di stagnazione, che rischia di alimentare ulteriormente dinamiche negative per il Mezzogiorno, a partire dallo spopolamento delle aree interne rurali, cui si accompagna, tra l'altro, la diminuzione dei consumi di generi alimentari.
 

Svimez, al Sud investimenti in ritardo

Ieri mattina a Roma, nella sala dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati, prende la parola il direttore di Svimez, Luca Bianchi, per illustrare i contenuti del "Rapporto Svimez 2019 sull'economia e la società del Mezzogiorno" e tra l'altro afferma: "La politica ha disinvestito nel Mezzogiorno. Il peggioramento delle dinamiche economiche ha contribuito a peggiorare le dinamiche sociali, che a loro volta incidono negativamente sulle prime". Viene così rilanciato l'allarme sullo spopolamento del Sud, il saldo migratorio negativo di 192mila residenti al Sud tra 2015 e 2018, sottolineata la sostanziale stagnazione economica del Mezzogiorno. E poi un ultimo dato di analisi e una proposta: "Le politiche di risanamento della finanza pubblica hanno avuto un impatto negativo maggiore sull'economia e la società del Sud". "Competere sui costi? Modello economicamente e socialmente insostenibile, bisogna investire sulle competenze del Mezzogiorno".

Quindi bisogna spendere per investire in competenze, ma per farlo occorre "invertire la tendenza della caduta degli investimenti pubblici al Sud" e ancora "con il rispetto della clausola di investimenti annui nel Mezzogiorno pari ad almeno il 34%, si sarebbe realizzata una spesa di 9,6 miliardi di euro, e il Pil meridionale nel 2020 sarebbe cresciuto del +0,8%". Se da un lato l'Unione europea pone un freno alla spesa, non si riescono a spendere per il Sud i tanti soldi europei e nazionali che pure ci sono: "circa 110 miliardi di euro attualmente da destinare alle politiche nazionali di coesione nelle annualità dal 2019 al 2026" è scritto nel rapporto. Ma la spesa è drammaticamente in ritardo: un solo miliardo al 30 giugno 2019 è stato realmente pagato secondo Svimez, e, paradossalmente stando ai dati di giugno di Rete rurale nazionale, da inizio programmazione ha incassato di più il settore agricolo del Mezzogiorno sui Psr: oltre 2,8 miliardi di euro.

Svimez, i Psr non bastano a sostenere gli investimenti

L'agricoltura è dunque un'isola felice in questo mare di lacrime? Niente affatto. Nel 2018 il valore aggiunto dell'agricoltura nel Mezzogiorno cala del 2,7%, dopo la stagnazione dell'anno precedente (+0,2%), che a sua volta seguiva la flessione registrata nel 2016 (-3,3%). "Tale calo è imputabile non solo ai fattori climatici, ma anche alla difficile situazione dell'olivicoltura, specie in Puglia, e alla diminuzione della produzione di agrumi. Nel Centro-Nord la produzione agricola è invece aumentata (+3,3%) - segnala Svimez, che sottolinea come - nel 2018 in Italia gli occupati del settore agricolo erano pari a 917mila unità, di cui 528mila, il 57,5%, localizzati nel Mezzogiorno".

Ma la produttività media per addetto è crollata tra 2008 e 2018 del 10,4%. "La buona performance dell'industria alimentare è testimoniata dal trend delle esportazioni del settore che negli ultimi anni sono in costante aumento – sottolinea Svimez - questo elemento può rappresentare un fattore trainante per l'agricoltura meridionale, anche se nel 2018 le esportazioni di prodotti agroalimentari provenienti dal Mezzogiorno sono state pari a 7,1 miliardi, solo il 17% dell'export agroalimentare italiano".

Insomma, il settore appare fragile e non in grado di approfittare delle ingenti possibilità che pure ha e questo perché - secondo Svimez - il Mezzogiorno tra 2007 e 2017 ha ridotto del 45% gli investimenti in agricoltura, a fronte di un dato a livello Italia vicino a -20% e non certo lusinghiero. Ma chi ha incrementato maggiormente gli investimenti nel periodo è la Spagna +40%. Dati che confermano per altro quelli proposti dal "Rapporto Ismea sulla competitività dell'agroalimentare nel Mezzogiorno" e ripresi ieri da AgroNotizie.

Soluzione proposta da Svimez: "Bisogna agire su due fronti. Il primo è quello delle politiche settoriali. Negli ultimi anni le parole d'ordine associate al sostegno all'agricoltura sono state qualità e sostenibilità ambientale (spesso legate tra loro). Sicuramente la valorizzazione delle produzioni rappresenta un'importante strategia di sviluppo e l'agricoltura meridionale ha intrapreso da tempo questa strada. Ma, perché si traduca in crescita, questa strategia deve accompagnarsi anche all'aumento delle quantità prodotte e al pieno sfruttamento delle potenzialità produttive" è scritto nel rapporto.

"Gli investimenti sono parte essenziale di questo percorso - continua il Rapporto - I finanziamenti comunitari della politica di sviluppo rurale, sia per la loro entità, per la lentezza che caratterizza la loro erogazione, per la loro dispersione in mille rivoli, allo stato attuale non hanno grande capacità d'urto. Il secondo fronte riguarda il cambiamento del contesto socio-economico-istituzionale: infrastrutture e logistica, sistema del credito, capacità di governance, sicurezza sono tutti elementi che agiscono a livello orizzontale, modificando il quadro all'interno del quale gli operatori, agricoli e non, devono prendere le loro decisioni di investimento e produzione".
 

Provenzano, nella legge di bilancio la vera clausola del 34%

"Nella Legge di Bilancio che ha un corposo capitolo dedicato al Sud c'è la vera attuazione della clausola del 34% - risponde il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, fino a ieri vicedirettore di Svimez. Dalla legge di Bilancio trasmessa giusto ieri al Senato dovrebbe arrivare "l'accelerazione della spesa dei fondi nazionali di coesione, il sostegno all'industria che innova, il rafforzamento della dotazione di servizi nei Comuni del Sud" dice il ministro. Una risposta alla Ue, che minaccia tagli sul fronte dei fondi comunitari se non ripartono gli investimenti pubblici al Sud.

"È inutile nasconderlo, nel Piano per il Sud, che è un Piano per l'Italia, ci ispireremo molto alle indicazioni di Svimez. Istruzione, innovazione, ambiente, lavoro sono le priorità emerse in questo Rapporto. In particolare l'occupazione femminile, che ha bisogno non solo di un welfare capace di attivarla, ma anche di un provvedimento shock sui cui sono al lavoro e che condividerò con gli altri ministri". Dichiarazioni di grande apertura per il settore agricolo, vista la necessità di implementare - con le politiche di Green New Deal - una serie di interventi che possono aiutare obiettivamente il settore, anche con un ampliamento del Piano operativo agricoltura del Fondo sviluppo e coesione.
 

I tagli di Bruxelles alla Pac

Appena il tempo per prendere fiato e nel pomeriggio giunge dalla Commissione la notizia del taglio del Fondo europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale per l'Italia: 370 milioni di euro all'anno nel periodo di programmazione 2021-2027, pari a 2 miliardi e 590 milioni nel settennio, ottenuti sforbiciando di un 4% annuo i pagamenti diretti e decurtando di un altro 15% le politiche di sviluppo rurale, i soldi per Psr 2021-2027.

"No al taglio di 370 milioni di euro l'anno di fondi europei all'agricoltura italiana a partire dal 2021, come proposto dalla Commissione Ue in base alle bozze di regolamenti transitori messi oggi sul tavolo di Parlamento e Consiglio per traghettare la Pac oltre il 2020" tuona da Bruxelles Paolo De Castro, relatore della proposta di Pac dell'Europarlamento.

"Ora che l'ammontare dei possibili tagli alla Pac e all'Italia è stato definito - sottolinea l'eurodeputato - ricordo che il Parlamento europeo ha fin dall'inizio chiesto ai capi di Stato e di Governo di aprire i cordoni della borsa per garantire al bilancio comunitario l'1,3% del Pil dell'Europa, e non l'1,1% attualmente in discussione, e assolutamente insufficiente per affrontare le sfide che ci attendono".

"Per questo - prosegue De Castro - continueremo a batterci come Eurocamera affinché non ricada sugli agricoltori italiani e comunitari la miopia dei Governi europei. Ricordo - conclude il coordinatore S&D - che i nostri agricoltori sono da sempre in prima linea nella lotta al cambiamento climatico, e ambasciatori nel mondo del made in Italy agroalimentare, settore portante della nostra economia".

A fargli eco da Roma e a rincarare la dose è la ministra Teresa Bellanova: "L'Italia è contraria alla proposta di taglio dei fondi sulla Pac 2021. Lo ribadiremo al prossimo Consiglio dei ministri europei, perché non si deve danneggiare il settore agricolo. Insieme ai parlamentari europei, a partire da Paolo de Castro, porteremo avanti un lavoro serio a difesa degli interessi degli agricoltori". La battaglia è appena cominciata.